Alberto D’Argenio per “la Repubblica”
«La politica degli investimenti, della crescita e delle riforme è la nostra priorità sin da inizio mandato». Gli uomini che lavorano a stretto contatto con Jean-Claude Juncker, il presidente della Commissione europea, rispondono così a Matteo Renzi. Se il premier nella lettera inviata ieri a Repubblica affermava che Bruxelles «ha sbagliato strada», che l’austerity deve finire perché non funziona e a questo punto rasenta «l’accanimento terapeutico», nel quartier generale dell’esecutivo comunitario ritengono di avere già fatto il necessario.
Con l’arrivo di Juncker, spiegano infatti dai piani alti del Berlaymont, «la Commissione ha puntato tutto su crescita, investimenti e flessibilità, della quale l’Italia è stato il Paese che ne ha beneficiato più di tutti». E i collaboratori dell’ex premier lussemburghese ricordano anche come Juncker abbia dato un’impostazione più politica alla Commissione rispetto agli anni del portoghese Josè Manuel Barroso.
Dunque nel breve periodo Bruxelles non intende cambiare rotta, almeno non con nuove regole che esplicitamente rivoluzionino l’approccio della politica economica europea. Ma dietro le quinte, come sempre, si tratta.
pier carlo padoan, pierre moscovici e michel sapin 4193e149
Renzi e Juncker dopo le polemiche di inizio anno si sono sentiti al telefono e si sono scambiati diversi sms, concordando di abbassare i toni in attesa della bilaterale fissata per fine mese a Roma. Così come da settimane il ministro Pier Carlo Padoan sta negoziando con il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici la formula per ottenere il via libera alla manovra 2016, sub iudice fino a maggio, e un po’ di flessibilità anche per il 2017, sebbene l’interpretazione attualmente in voga la escluda per un Paese che ne ha già beneficiato.
Tuttavia è poco rassicurante la frase pronunciata ieri dal presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem: «Con mercati volatili occorre mano ferma sui conti pubblici». Ma Renzi prosegue a tessere la tela, e oggi incontra il presidente dell’Euorparlamento Martin Schulz e il Cancelliere austriaco Werner Faymann.
Su una cosa invece Renzi e Juncker sono perfettamente d’accordo: le primarie per scegliere i prossimi candidati alla guida della Commissione europea (quella attuale scade nel 2019). La proposta che circolava in ambienti socialisti è stata raccolta e lanciata, per primo tra i leader, da Renzi. E Juncker, che proviene dai popolari, la appoggia da tempo perché, spiegano i suoi, ritiene che aumenti «la legittimazione democratica» della Commissione.
Ieri intanto anche il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, da New York ha chiesto come Renzi una svolta nelle politiche europee: «Certamente - ha affermato - c’è stato bisogno di un periodo di austerity ma la nostra opinione, non condivisa da tutti, è che ora serva un momento di espansione. L’Unione europea deve mirare a politiche espansive che creino investimenti e occupazione».
Mattarella ha anche ricordato che le riforme varate dal governo «stanno consentendo un significativo recupero di efficienza e di competitività per il nostro Paese, la cui economia, non a caso, è tornata a crescere nel 2015 e consoliderà questa dinamica positiva nel 2016».
Quindi parlando di migrazione, l’altra crisi che sta facendo vacillare l’Unione, il presidente ha sottolineato la necessità di «governarla, non combatterla», e ha chiesto all’Europa di non reagire in modo miope: «Le risposte basate su non lungimiranti considerazioni di mera politica interna, i muri e i fili spinati eretti per proteggersi e “deviare il traffico”, non ci metteranno in condizione di gestire un fatto di dimensioni epocali, non destinato ad esaurirsi nel breve volgere di qualche anno».