EUROPA A TUTTI I COSTI - LA STORIA DI HASAN, FUGGITO DALL'IRAQ: 'HANNO UCCISO MIO FRATELLO, MI HANNO PRESO E TORTURATO. I MURI NON MI FERMERANNO' - IL VIAGGIO DALLA TURCHIA FINO, CHISSÀ, A HELSINKI
Niccolò Zancan per “la Stampa”
Ai piedi ha delle ciabatte verdi comprate in Turchia, sulla caviglia sinistra la cicatrice di un proiettile che gli ha trapassato la carne. Ma Hasan Ibraim non ha alcun dubbio sul fatto che riuscirà a percorrere quattromila chilometri nel giro di dieci giorni. «Arriverò ad Helsinki ai primi di settembre», dice tranquillo. Helsinki? Sei sicuro? «Sì. Ho letto che molti iracheni vivono bene in Finlandia.
il lungo cammino di hasan la stazione di gevgelija al confine macedone
Il governo è sensibile ai problemi del nostro popolo, più che in Svezia, più che in Germania. Io sono scappato da Al Qaeda. Hanno ucciso mio fratello Akil, faceva il giudice. Mi hanno preso e torturato perché non sono come loro. Guarda i segni sulla mia schiena, guarda qui… ». In attesa al binario 1 della stazione Larissa, una delle più importanti di Atene, Hasan Ibraim, 26 anni, dal governatorato di Al Anbar, Baghdad, incarna il futuro senza saperlo. Quello che nessuno vuole vedere.
Lui non è ancora un' emergenza. Non adesso. Non qui. E se lo è stato, è successo altrove. Venti giorni fa era un iracheno che ci provava dalle coste delle Turchia: «Cinque tentativi, il motore della barca si rompeva sempre. Chiamavamo i soccorsi. Sull' ultimo gommone, eravamo in 55.
Non ti potevi muovere. Ho avuto paura perché non ho mai nuotato nella mia vita, non so neppure stare a galla. Ma è andata bene».
il lungo cammino di hasan hasan ibraim
Infatti, è diventato un ragazzo profugo in ciabatte sull' isola di Kos, quasi uguale ad altri ragazzi in vacanza, fra i turisti in motorino e il profumo di una vita normale: «Era bello stare lì. Vedere tutti gli arrivi al porto». Ma adesso è sbarcato a sua volta da un gigantesco traghetto carico di profughi, il Venizelos, una specie di casa galleggiante per richiedenti asilo politico. Va avanti e indietro dalle isole del Dodecaneso, le più vicine alla Turchia, per raccogliere i nuovi arrivati.
Ecco quindi Hasan Ibraim nell' ultima versione: un ragazzo alla stazione. È qui assieme ad altri 2500 passeggeri, tutti in attesa del treno per Salonicco. Tutti con la stessa speranza, identica determinazione. Guardare questa storia - la grande migrazione - in parti scollegate è il problema peggiore. Ad ogni tappa, sei costretto a ricominciare tutto da capo. Allora, questo è il pezzo della Grecia che non aiuta i migranti ma non li maltratta, che non distingue le ragioni di chi arriva, che ha centri di accoglienza sporchi e del tutto inadeguati.
La Grecia che li lascia passare, alla fine. Spesso senza alcuna identificazione, però con certi accorgimenti. Il traghetto Venizelos avrebbe dovuto attraccare a Salonicco, più a nord, per facilitare il transito dei profughi verso la frontiera macedone. Ma le tensioni di questi giorni con il governo di Skopje, i militari schierati lungo il confine, gli scontri con i migranti, hanno consigliato di rendere più lunga la strada. Un modo per prendere tempo e magari diluire il problema. Atene, quindi. Una casella indietro.
il lungo cammino di hasan la barriera innalza da orban in ungheria
Pronti al lungo cammino
Il primo treno per Salonicco parte alle 12, il secondo alle 16.
Hasan Ibraim ha pagato il suo biglietto: 45 euro e 40 centesimi. Il viaggio dura sei ore. Lui e i suoi amici cercheranno di dormire, perché poi dovranno camminare tantissimo. Sono l' inizio di un' altra onda umana che si sta formando, in direzione Europa. Magari la vedremo alla stazione Centrale di Milano, magari andrà a sbattere contro il muro in costruzione in Ungheria.
Hasan Ibraim sa tutto. Sa molte più cose di noi rispetto a quante ne sappiamo di lui. E quando non sa, domanda: «Mi hanno detto che al confine con la Macedonia i militari hanno bloccato il passaggio. Ma ora è stato riaperto, proprio questa mattina. Cercheremo di arrivarci il prima possibile. Appena scendiamo dal treno, ci mettiamo in marcia. Secondo te, domani ci lasceranno passare?».
Incognita macedone
L' idea è percorrere cento chilometri di notte, in un modo o nell' altro, presentarsi al confine il prima possibile, ora che i militari macedoni hanno smesso di usare i manganelli. Ma non c' è alcuna certezza su cosa faranno nei prossimi giorni, perché il pezzo macedone è variabile: ti possono bloccare, ti possono offrire un tozzo di pane, ti possono lasciare andare o spaccarti la testa.
il lungo cammino di hasan il traghetto venizelos centro profuhi galleggiante
La frontiera è stata riaperta dopo tre giorni spaventosi. Le cinquemila persone che si erano accalcate a Idomeni, l' ultimo villaggio greco, stanno per essere sostituite dai nuovi arrivi. Da Hasan Ibraim in persona. «Ho studiato informatica. Mio padre era un professore, è morto l' anno scorso dopo una lunga malattia. Ho 3 sorelle e una mamma. Io sono l' unico maschio della famiglia, l' unico in viaggio». Ha già perso i suoi vestiti tre volte. Nulla di grave.
Nello zainetto nero ha due magliette, una felpa e tre bottiglie d' acqua. Ha anche un vecchio iPhone comprato in Turchia, di seconda mano. Su quel telefono usa Viber, Facebook, Skype, parla alla fidanzata, chiama la madre, sente la musica di Kadum al Saher, il suo cantante preferito. E di notte, qualche volta, quando ha tempo e può tenere il cellulare acceso, scrive i suoi pensieri: «Non voglio vivere in un Paese dove uccidono mio fratello e mi torturano senza motivo».
immigrati a gevgeilja in macedonia al confine con la grecia
Ma più spesso, Hasan Ibraim controlla la rotta del suo viaggio. «Quando finiranno di costruire il muro in Ungheria?», domanda. Entro settembre, i lavori sono in fase avanzata. «Sì - dice - ho visto le fotografie. Sembra un muro metallico, pieno di filo spinato. Non so come faremo a passare». Non è paura, la sua. Non è incertezza. È che ancora non sa. Ma la saprà certamente. Troverà il modo. E infatti, Hasan Ibraim sorride: «Mi sai dire se sul muro dell' Ungheria ci sono le telecamere?».
«Segui la ferrovia»
Mentre il nostro è uno sguardo frammentario, a pezzi scollegati, lui conosce tutta la strada. Conosce le sue ragioni perché conosce i rischi e le alternative, le ha calcolate: «All' inizio pensavo di passare dalla Libia per arrivare a Lampedusa, in Italia, e poi proseguire verso Nord. Ma il mare non è buono per me. Ho scelto il viaggio con meno mare possibile».
immigrati in macedonia al confine con la grecia
Ecco cos' è quest' altra strada verso l' Europa, questa rotta che tiene insieme siriani, iracheni, pachistani, cingalesi: è la strada di chi sa camminare 100 chilometri a piedi di notte. «Mi hanno detto che ti massacri i piedi, sanguinano, ti vengono le bolle, ma non muori come nel Mare Mediterraneo. Mi hanno detto che devo comprarmi delle scarpe comode e resistenti. Mi hanno detto che 80 chilometri al giorno si possono percorrere, è dura ma si fa. E mi hanno detto anche così: se perdi la direzione, segui la ferrovia come una bussola».
Non è proprio vero quello che dice Hasan Ibraim, non su questo punto. La notte fra il 23 e il 24 aprile, un gruppo di migranti è stato investito da un treno all' altezza della città di Veles, in Macedonia. Il macchinista li ha visti all' ultimo, dietro un curva: ha azionato il freno. Sono morti quattordici ragazzi afghani. Non c' è niente di veramente nuovo in quello che sta succedendo. Da sei mesi passano da qui. Da sempre partono, trovano la via e continuano a partire, sapendo di poter morire. Noi mettiamo ostacoli in mezzo. Hasan Ibrahim sostituirà le ciabatte con delle scarpe da ginnastica.
immigrati a gevgeilja in macedonia al confine con la grecia
Adesso sta guardando le foto degli scontri alla frontiera. «Quanta gente come me», dice. «Ora si passa, vero?». È partito da Baghdad il 26 luglio 2015. Era ad Atene domenica 23 agosto. Questa notte seguirà i binari e comminerà nel buio attraverso la Macedonia. Non teme il freddo, la solitudine, la stanchezza: «Vado per stare in pace. Non cerco altro. Pace. Hai capito? Appena arrivo a Helsinki, ti mando una foto».