EUROPEI COL CULO DEGLI ALTRI - SUI PARAMETRI UE SFORANO TUTTI, MA PAGHIAMO SOLO NOI (O QUASI)

Francesco De Dominicis per "Libero"

La vulgata racconta che dietro la lavagna, a Bruxelles, c'è sempre l'Italia. Non c'è dubbio: sui conti pubblici non siamo i primi della classe. E infatti abbiamo pagato caro, e a più riprese, tutti gli sforamenti e le violazioni dei parametri imposti dall'Unione europea.

Tra interventi sulle pensioni (basta ricordare la riforma Fornero di fine 2011 che ha portato a 67 anni il limite minimo per smettere di lavorare) e svariate stangate fiscali (l'Imu e la patrimoniale sui conti correnti mascherata da imposta di bollo: ancora roba del Governo di Mario Monti) il salasso si è sentito, eccome. Tuttavia, il nostro Paese non è proprio l'unico a sgarrare. Anzi. Da una parte o dall'altra sforano praticamente tutti. Diciamo che siamo in buona compagnia sul carro dei somari.

I documenti della Commissione europea consentono di realizzare una sorta di pagella. Un po' inedita, per certi versi. Dalla quale emerge, appunto, che spesso anche membri illustri dell'Ue «barano» clamorosamente sui paletti europei, ma poi, a conti fatti, non subiscono alcuna punizione, o quasi. Germania e Francia, tanto per fare nomi pesanti, se ne fregano. Perché possono farlo? La ragione è politica: per violare le regole sui conti pubblici si contrattano deroghe e si pianificano le percentuali. Berlino e Parigi (ma non solo) riescono a battere i pugni meglio di Roma al tavolo di Bruxelles.

Ecco alcuni esempi per capire meglio di cosa stiamo parlando. Il caso più eclatante è rappresentato dal rapporto tra deficit e prodotto interno lordo. Il tetto fissato coi parametri di Maastricht è il 3%. L'Italia è andata fuori strada e nel 2012, impiccandosi al rigore sui conti pubblici, si è rimessa in carreggiata.

Un salasso per tutti, famiglie e imprese. Abbiamo fatto «i compiti a casa», come diceva spesso Monti. E così quella odiosa percentuale si fermerà al 3% a fine anno, scenderà al 2,7% l'anno prossimo e ancora al 2,5% nel 2015 secondo le previsioni della Commissione Ue.

Su questo terreno la Germania ci fa un «cappotto»: 0,0%, 0,1% e 0,2%. Tuttavia, il nostro dato è migliore della media dell'area euro che prevede la terna 3,1%, 2,5% e 2,4% per il triennio 2013-2015. Ci sono, in effetti, ben dieci paesi che stanno peggio. A cominciare dalla Francia che a fine anno avrà il rapporto tra deficit e pil al 4,1% e che continuerà a essere «fuori legge» pure nel 2014, pur riuscendo a migliorare la performance del disavanzo portandolo al 3,8% e poi al 3,7% nel 2015.

Come la Francia, risultano «fuori legge» anche Grecia, Irlanda, Spagna, Cipro, Malta, Olanda, Portogallo, Slovenia e Slovacchia. Fin qui per rimanere tra i paesi dove circola l'euro. Fuori del recinto della moneta unica, i fuori legge fioccano: Croazia, Lituania, Ungheria, Polonia e, udite udite, Regno Unito (le previsioni indicano il deficit a 6,4%, 5,3% e 4,3%). Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha avuto il coraggio di dire la verità: l'assurdo obiettivo del 3% congela la crescita economica. «Lascia perplessi - ha detto mercoledì - che solo Italia e Germania ci stiano dentro».

Andiamo avanti e scorriamo i dati fino in fondo. La tabella per certi versi più gustosa - perché è quella che frega (per modo di dire) i tedeschi - è relativa alla bilancia commerciale, dove si pesano esportazioni e importazioni. Il surplus, dice l'Ue, non deve essere superiore al 6% del pil: chi esporta una quota maggiore è «fuori legge».

E a dare il «buon esempio», in questo senso, c'è proprio la Germania. Previsioni Ue alla mano, Berlino ignora i vincoli (per la verità, su questo versante lo fa da tempo) e quest'anno chiuderà il conto al 7% (solo sei mesi fa era previsto al 6,3%) e andrà avanti anche nei prossimi due anni con indicatori superiori ai paletti europei: il surplus sarà al 6,6% nel 2014 e al 6,4% l'anno successivo.

Di fatto una violazione continua e programmata, con tanto di certificazione Ue. Una sorta di «bollino blu» che Bruxelles, con le previsioni pubblicate pochi giorni fa dal commissario Olli Rehn, ha assegnato anche al Lussemburgo (6,7%, 6,8% e 5,8%) e all'Olanda (9,6%, 10% e 11%). Insomma, sulle esportazioni Germania, Lussemburgo e Olanda hanno ottenuto un sostanziale «semaforo verde» Ue: mani libere e chi s'è visto, s'è visto.

Un altro fronte dove l'Italia risulta fanalino di coda (ma poi spieghiamo perché) è quello relativo al debito pubblico. Anche in questo caso, l'Europa lo misura in rapporto al prodotto interno lordo. Non ci giriamo intorno senza motivo: il nostro dato è il peggiore dopo quello della Grecia. La media dell'area euro è ampiamente sotto quota 100% e galleggia attorno al 95% per tutto il triennio 2013-2015.

Il buco nei conti pubblici italiani si fermerà al 133% del pil quest'anno, l'anno prossimo salirà un po' fino al 134% e poi calerà al 133,1% nel 2015. Atene deve fare i conti con una zavorra che supera sempre il 170% del prodotto interno lordo. Sopra quota 100 ci sono anche Belgio, Irlanda, Cipro e Portogallo. Dieci e lode, in questo caso, alla Germania (dato inferiore all'80%) e pure alla Francia (che balla sul 95%).

Ci sono, come accennato, precise spiegazioni. In sintesi: il problema italiano è lo stock del debito accumulato nel tempo e mai abbattuto. Un fardello che si autoalimenta con gli interessi da pagare ogni anno a banche d'affari e bot people. A guardare l'avanzo primario di bilancio (la differenza tra entrate e uscite, al netto della spesa per interessi), l'Italia non ha nulla da invidiare alla concorrenza. Le previsioni Ue ci mettono di fatto alla pari dei tedeschi: per l'Italia 2,3%, 2,8% e 3,1% sul pil, rispetto al 2,3% fisso della Germania. Contro una media Ue bassissima (al massimo 0,7% nel 2015).

Alla fine della giostra, non sfiguriamo affatto. Il punto, come ha spiegato Squinzi, è che «la richiesta di maggiore flessibilità sul tetto del deficit è decisione politica». Come dire tocca al Governo di Enrico Letta alzare la voce. Il 15 novembre la Commissione Ue si riunisce per emettere i giudizi sulle manovre dei paesi membri. Di fatto faranno le pagelle dei buoni e dei cattivi. Qui abbiamo giocato d'anticipo.

 

MERKEL HOLLANDE CAMERON ETCfotohome ANGELA MERKEL E FRANCOIS HOLLANDE ENRICO LETTA E ANGELA MERKELFRANCOIS HOLLANDE E MARIO MONTI jpegOlli Rehn LOLANDESE DE JAGER IL GRECO VENIZELOS MARIO DRAGHI IL COMMISSARIO UE OLLI REHN

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni nordio mantovano almasri francesco franco lo voi

DAGOREPORT - QUANDO LA MELONI DICE "NON SONO RICATTABILE", DICE UNA CAZZATA: LA SCARCERAZIONE DEL TORTURATOR ALMASRI È LA PROVA CHE LA LIBIA USA I MIGRANTI A MO' DI PISTOLA PUNTATA SULL'ITALIA - CHE POI PALAZZO CHIGI NON SAPPIA GESTIRE LE SITUAZIONI DI CRISI E' LAMPANTE: SAREBBE BASTATO METTERE IL SEGRETO DI STATO, INVECE CHE MANDARE PIANTEDOSI A CIANCIARE DI " ALMASRI, PERICOLO PER LA SICUREZZA", E NESSUNO SI SAREBBE FATTO MALE - L'ATTO GIUDIZIARIO DELLA PROCURA DI ROMA NON C'ENTRA NIENTE CON IL CASO SANTANCHÈ - LO STRETTO RAPPORTO DI LI GOTTI CON I MAGISTRATI - LE VOCI DI VOTO ANTICIPATO PER CAPITALIZZARE ''GIORGIA MARTIRE DELLA MAGISTRATURA''. CHE NON È SUL TAVOLO: SOLO MATTARELLA DECIDE QUANDO SCIOGLIERE LE CAMERE (E SERVIREBBE CHE O LEGA O FORZA ITALIA STACCASSERO LA SPINA AL GOVERNO...)

friedrich merz donald tusk giorgia meloni trump emmanuel macron olaf scholz mario draghi

DAGOREPORT - AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO SARANNO DOLORI PER LA MELONI INEBRIATA DAL TRUMPISMO - IL PRIMO NODO DA SCIOGLIERE SARÀ LA RATIFICA, UNICA MANCANTE DEI 27 PAESI, ALLA RIFORMA DEL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ (MES), A GARANZIA DI UNA CRISI BANCARIA SISTEMICA. LA DUCETTA AVEVA GIA' PROMESSO DI RATIFICARLO DOPO LA FIRMA DEL PATTO DI STABILITÀ. MA ORA NON POTRÀ INVENTARSI SUPERCAZZOLE DAVANTI A MACRON, SCHOLZ, TUSK, SANCHEZ, LEADER CHE NON NASCONDONO DIFFIDENZA E OSTILITÀ NEI CONFRONTI DELL'UNDERDOG CHE SI È MESSA IN TESTA DI ESSERE IL CAVALLO DI TROIA DELLA TECNODESTRA AMERICANA IN EUROPA - MA IL ROSPO PIÙ GROSSO DA INGOIARE ARRIVERÀ DALL’ESTABLISHMENT DI BRUXELLES CHE LE FARÀ PRESENTE: CARA GIORGIA, QUANDO VAI A BACIARE LA PANTOFOLA DI TRUMP NON RAPPRESENTI LE ISTANZE EUROPEE. ANZI, PER DIRLA TUTTA, NON RAPPRESENTI NEMMENO L’ITALIA, MEMBRO DELLA UE QUINDI SOGGETTA ALLE REGOLE COMUNITARIE (CHE HANNO TENUTO A GALLA IL PIL ITALIANO CON I 209 MILIARDI DI PNRR), MA RAPPRESENTI UNICAMENTE TE STESSA…

donald trump elon musk

DAGOREPORT – SIC TRANSIT GLORIA MUSK: A TRUMP SONO BASTATI MENO DI DIECI GIORNI DA PRESIDENTE PER SCAZZARE CON IL MILIARDARIO KETAMINICO – LA VENDITA DI TIKTOK A MICROSOFT È UN CAZZOTTO IN UN OCCHIO PER MR. TESLA (BILL GATES È UN SUO ACERRIMO NEMICO). POI C’È LA DIVERSITÀ DI VEDUTE SUL REGNO UNITO: MUSK VUOLE ABBATTERE IL GOVERNO DI STARMER, CHE VUOLE REGOLAMENTARE “X”. E TRUMPONE CHE FA? DICE CHE IL LABURISTA STA FACENDO UN “GOOD JOB” – L’INSOFFERENZA DEL VECCHIO MONDO “MAGA”, L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE E I DAZI ALL’EUROPA: IL TYCOON ASPETTA PERCHÉ VUOLE DISCUTERE CON LONDRA…

stefano boeri cino zucchi beppe sala

DAGOREPORT! LA "POLITECNICO CONNECTION" MILANESE, CHE HA PORTATO AI DOMICILIARI STEFANO BOERI E CINO ZUCCHI ERA STATA RACCONTATA SUL “FATTO” DA EMILIO BATTISTI NELL’AGOSTO DEL 2022 – L’ARCHITETTO SQUADERNAVA LA RETE DI RELAZIONI PROFESSIONALI TRA I VINCITORI DEL CONCORSO E I COMMISSARI BOERI E ZUCCHI LA “RIGENERAZIONE URBANA” A COLPI DI GRATTACIELI, SULLA QUALE IL SINDACO SALA TRABALLA, NASCE SEMPRE NELLA SCUOLA DI ARCHITETTURA DEL POLITECNICO, DOVE IMPAZZA DA DECENNI UNA LOTTA INTESTINA TRA DOCENTI, QUASI TUTTI DI SINISTRA - L’INUTILITÀ DEI CONCORSI, OBBLIGATORI, PERÒ, PER LEGGE, QUANDO SAREBBE PIÙ ONESTO CHE...

nicola gratteri giorgia meloni magistrati magistratura toghe

DAGOREPORT – IN POLITICA IL VUOTO NON ESISTE E QUANDO SI APPALESA, ZAC!, VIENE SUBITO OCCUPATO. E ORA CHE IL CENTROSINISTRA È FRAMMENTATO, INCONCLUDENTE E LITIGIOSO, CHI SI PRENDE LA BRIGA DI FARE OPPOSIZIONE AL GOVERNO NEO-TRUMPIANO DI MELONI? MA È OVVIO: LA MAGISTRATURA! - LA CLAMOROSA PROTESTA DELLE TOGHE CONTRO NORDIO ALL’INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO, LE INDAGINI SU SANTANCHE' E LA RUSSA, I DOCUMENTI DEI SERVIZI SEGRETI SU GAETANO CAPUTI, PASSATI “ACCIDENTALMENTE” DALLA PROCURA DI ROMA AL “DOMANI”: TUTTI “INDIZI” CHE LA GUERRA È COMINCIATA – VIDEO: GRATTERI CONTRO NORDIO A “OTTO E MEZZO”

giorgia meloni ignazio la russa daniela santanche

QUESTA VOLTA LA “PITONESSA” L’HA FATTA FUORI DAL VASO: IL “CHISSENEFREGA” LANCIATO A GIORNALI UNIFICATI POTREBBE ESSERE LA GOCCIA CHE FA TRABOCCARE IL VASO DELLE SUE DIMISSIONI - LA MINISTRA DEL TURISMO, CON ARROGANZA MAI VISTA, DICHIARA URBI ET ORBI CHE SE NE FOTTE DEL PARTITO E DELLA MELONI (“L’IMPATTO SUL MIO LAVORO LO VALUTO IO”). INFINE LANCIA UN AVVERTIMENTO ALL’AMICO-GARANTE LA RUSSA (“NON MI ABBANDONERÀ MAI”) – ALT! LA "SANTADECHÈ" SMENTISCE TUTTO: "SE GIORGIA MELONI MI CHIEDESSE DI DIMETTERMI NON AVREI DUBBI. NON HO MAI DETTO 'CHISSENEFREGA". QUINDI NON UNO, MA QUATTRO GIORNALISTI HANNO CAPITO MALE E HANNO FATTO "RICOSTRUZIONI FANTASIOSE"?