Fabrizio d’Esposito per il “Fatto Quotidiano”
In camera da letto, sopra l’armadio, i poliziotti trovarono (e sequestrarono) un fucile Breda calibro 12, una canna per fucile Beretta calibro 12, trenta cartucce uso caccia calibro 12 a piombo spezzato e una cartuccia calibro 12 a piombo intero. Era l’ultima decade del gennaio scorso e gli agenti notificarono ad Attilio Malafronte un’ordinanza d’arresto per un’orribile storia al cimitero di Pompei: esumazioni prima del tempo (la legge prevede dieci anni) per favorire la sepoltura di defunti cari ai politici locali.
Nel macabro mercimonio, secondo l’accusa della procura di Torre Annunziata, anche la vendita di loculi, con falsi contratti di concessione, per somme dai due ai tremila euro ciascuno. Cadaveri disseppelliti senza il consenso dei familiari e abbandonati in una stanza degli orrori.
Questo un dettaglio rivelato dagli investigatori nella conferenza stampa dell’operazione Terra Santa: “All’interno della stanza ci siamo trovati di fronte a circa 30 resti mortali, alcuni contenuti all’interno di casse di plastica, solitamente utilizzate per la raccolta del pomodoro. Alcuni resti mortali non erano ancora mineralizzati e non tutti erano identificabili. C’erano anche i resti di un bambino, avvolti in piccolo lenzuolo, dentro una scatola di latta per biscotti”.
PACCHETTI DI VOTI
Da un decennio, Attilio Malafronte è uno dei consiglieri comunali più votati di Pompei, laddove qualche settimana fa il premier Matteo Renzi ha benedetto e abbracciato per la prima volta in questa campagna elettorale il condannato Vincenzo De Luca, candidato governatore del Pd per la Campania. Malafronte ha un pacchetto di 400 voti personali ed è un altro dei nomi imbarazzanti del nuovo Partito della Nazione renziano.
Alle regionali di fine maggio è candidato nella lista di Napoli e provincia di Campania in rete, il movimento che ha reclutato Enricomaria Natale a Casal di Principe, figlio di un presunto affiliato agli Schiavone. Campania in rete è una delle dieci sigle che sostengono De Luca ed è quella che ha la fama di lista cosentiniana, nel senso dell’ex berlusconiano Nicola Cosentino oggi in galera.
Il Riesame ha annullato gli arresti domiciliari di Malafronte, ma lui resta indagato per induzione indebita a dare utilità nell’inchiesta Terra Santa. Quanto alle armi, dice il suo avvocato Giuseppe Petrosino: “Il mio assistito le detiene regolarmente, ma la polizia le ha sequestrate perché ha ritenuto che non fossero custodite adeguatamente”. Le armi erano sull’armadio, appunto. Gli Scavi del Partito della Nazione A Pompei, il Partito della Nazione che non distingue più tra destra e sinistra, tra questione morale e camorra e malaffare, ha emesso i primi vagiti da un anno, in linea con la svolta renziana del Pd.
È stato nel maggio del 2014, quando nella città degli Scavi e della Madonna del Rosario si è andati a votare per il nuovo sindaco. A sorpresa, comparvero degli incredibili manifesti 6x3 con i simboli del Pd e di Forza Italia affiancati. Franco Gallo, questo il nome del candidato dell’inciucio alle falde del Vesuvio. Poi da Napoli non se la sentirono di andare sino in fondo e ritirarono il simbolo. Malafronte doveva essere candidato proprio con il Pd, ma alla fine confluì nella lista di Impegno democratico.
Consigliere uscente di una maggioranza di centrosinistra aveva gestito la delega al cimitero, di qui il coinvolgimento nell’operazione “Terra Santa”. Ma la coalizione di Gallo perse le elezioni e Malafronte si è ritrovato all’opposizione insieme con il centrodestra. Nel frattempo il sindaco eletto, un civico che si chiama Nando Uliano, si è iscritto al Pd. Insomma, un vero garbuglio trasformista, degno del renzismo che avanza.
Politicamente, Malafronte è legato a vecchio clan postcomunista pompeiano, quello di Ciro Serrapica, anch’egli indagato nell’inchiesta sul cimitero. In lista con Tabacci, poi coi cosentiniani Nella Prima Repubblica era impensabile candidarsi come alleato di un partito alle Regionali di cui invece si è all’opposizione nel comune. In Campania è diventata la prassi. Come dimostra anche il caso di Enricomaria Natale. All’opposizione della giunta di sinistra di Renato Natale a Casal di Principe, Natale è un altro portatore di voti di Campania in rete per De Luca.
Lo stesso Malafronte smaniava da più di due mesi per avere un posto in lista per le Regionali. Fece persino stampare manifesti con la sua silhouette vicino al simbolo del Centro democratico di Bruno Tabacci. Alla fine però la candidatura è saltata e il pompeiano scalpitante è stato ospitato da Campania in rete.
Questo movimento è coordinato da Arturo Iannaccone, già Responsabile ai tempi dell’ultimo governo Berlusconi, e ha tre simboletti nel suo logo schierato con De Luca: l’Api di rutelliana memoria, il nuovo Cdu di Mario Tassone e Autonomia Sud. La moltiplicazione delle sigle e dei trasformismi testimonia l’ansia di vecchi e nuovi democristiani, prima berlusconiani, di riuscire a salire sul carro del nuovo vincitore. Poi ci sono i voti in libera uscita dell’antico impero forzista di Nicola Cosentino, almeno 150mila.
Il cosentinismo è trasversale in tutto il centrosinistra, non solo dentro Campania in rete. C’è per esempio la candidatura di Maddalena Di Muccio, sindaco di un paesino del Casertano, in origine cosentiniana, in seguito fittiana, adesso nella lista del Pd per la provincia di Caserta alle Regionali. L’ammucchiata degli ex Responsabili La contaminazione tra dc e postcomunisti nel Pd in Campania sta finendo con una progressiva democristianizzazione della peggiore specie, quella dorotea, che non teme sconfinamenti nelle pericolose zone grigie della politica.
Nel curriculum di decine di candidati nella coalizione di De Luca compaiono tutte le sigle centriste della Seconda Repubblica, dall’Udeur all’Udc. In Campania libera c’è pure Tommaso Barbato, il mastelliano che sputò in faccia al suo collega di partito che non volle tradire Prodi. E a sinistra è tornato un altro ex Responsabile come Bruno Cesario. Lui, Scilipoti e Calearo fondarono il movimento che aiutò Berlusconi. Ma era secoli fa, ormai. Adesso c’è il Partito della Nazione.