FACCIA DI ITALICUL - BIANCONI HARD: "BRANCO DI MAIALI INFAMI" - BRUNETTA DARK: "FASCISMO RENZIANO" - SANTADECHE' FUSION: "COSA DSAREBBE ACCADUTO SE UNA FIDUCIA COSI' ASSURDA L'AVESSE MESSA BERLUSCONI?"
Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera”
«A che piano andate?», chiede il ministro Maria Elena Boschi voltandosi e aprendo un sorriso dei suoi, rilassato e rilassante, contagioso e senza ombre, senza stanchezza, senza un filo di fastidio per quell’impazzimento dell’aula, poco fa, tra urla e sghignazzi osceni, braccia che mulinavano e minacciosi pugni chiusi, con i deputati di Sel che le lanciavano crisantemi bianchi e l’onorevole Maurizio Bianconi di Forza Italia, un avvocato toscano dai modi spicci e facile all’ira, che le gridava furioso frasi in gran parte irriferibili (selezionando quelle pubblicabili: «Vergognati, Boschi! Dovete vergognarvi te e i tuoi amichetti a mettere la fiducia su una legge così importante! Branco di maiali infami... dovete finire tutti in...»).
Si spalancano le porte dell’ascensore.
I tre cronisti cedono il passo al ministro (che entra leggera, un saltino sul tacco dodici delle sue scarpe rosso lacca).
«Allora: a che piano andate?».
Al piano terra.
«Okay, tutti al piano terra...».
Soddisfatta per la giornata?
«Beh...».
Soddisfatta o no? Porre la fiducia è stato un colpo duro.
«Bisogna avere pazienza... io dico che bisogna fare un passettino alla volta» (può sembrarvi una frase banale, ma avreste dovuto ascoltare il tono della sua voce, dentro c’era un miscuglio di determinazione e sicurezza abbastanza impressionante).
Dieci secondi, le porte dell’ascensore si riaprono.
Lei, il ministro, che si ferma a scherzare con un paio di funzionari, e noi verso il Transatlantico, a cercare di capire cosa resta di quella bolgia (sugli appunti è scritto: nella baraonda di proteste, decine di deputati Pd a capo chino, come mortificati; certi scuotono la testa, altri hanno lo sguardo fisso, immobile, incredulo).
Laggiù, adesso, c’è Pier Luigi Bersani.
È pallido, ha occhiaie profonde, appare turbato.
«Non avevo dubbi che avrebbero messo la fiducia: ma qui, ragazzi, il governo non c’entra niente. Qui è in gioco una cosuccia chiamata democrazia». Annuncia che non parteciperà al voto. E come lui anche Enrico Letta e l’ex capogruppo Roberto Speranza.
Quelli della minoranza Pd li riconoscerebbe anche un esperto di cricket pakistano. Nico Stumpo suda, si morde il labbro inferiore, si appoggia a una colonna. È uno che quando gli parli della «ditta» ha un lampo negli occhi: il Pci, il partito, un’idea di partito che poi può chiamarsi anche Pd. Adesso lo vedi che soffre a spiegare, a dire cosa farà.
«La possibilità di porre la fiducia su una legge tanto delicata ci era sempre sembrata così remota e...».
Stumpo, lei la voterà o no la fiducia a questo governo?
«Non lo so... non lo so... sto male qui, vede?» (e si mette il dito indice sulla pancia).
Sta male, capito, e mi scusi se però insisto...
«Guardi, le dico: noi di Area riformista, che saremo un’ottantina, tra un po’ ci riuniremo, cercheremo di capire quale sia la cosa migliore da fare...».
E gli altri?
«Giuro, non ho idea: ci sono i 25 di Cuperlo e poi quelli sciolti... la Bindi, Boccia...».
Qualcuno, intanto, ha stampato il cinguettìo — chiamiamolo così — che il premier ha pubblicato su Twitter. «La Camera ha il diritto di mandarmi a casa, se vuole: la fiducia serve a questo. Finché sto qui, provo a cambiare l’Italia #lavoltabuona @MatteoRenzi».
Stefano Fassina legge e commenta freddo: «A casa sarà difficile mandarlo. Ma può darsi che, per una volta, a metterci di traverso al nostro caro premier saremo un po’ più della solita dozzina». Gentilmente, un gruppetto di grillini prova a fare calcoli: i dissidenti del Pd potrebbero arrivare ad essere una trentina, compresi — ovviamente — anche Alfredo D’Attorre e Pippo Civati.
Su un divanetto, Daniela Santanché, ex pasionaria berlusconiana: «Vi appassionano davvero questi calcoli?»
A lei no?
«A me piace immaginare...».
Cosa?
«No, dico: lei ha idea di cosa sarebbe accaduto se una simile violenza, una fiducia così assurda l’avesse messa Berlusconi?» (guarda fuori, i finestroni sono rigati dalla pioggia, decide di restare: ha un tailleur sul verde pistacchio, «tra l’altro se esco e c’è un po’ di folla inferocita, sono capacissimi di prendersela con me...»).
Rocco Palese, fittiano, grande esperto di tecnica parlamentare: «La verità è che la cosiddetta minoranza Pd ha capi che non comandano. Bersani quanti voti sposta realmente? E Cuperlo?». Palese è uno dei pochi, tra gli scranni di Forza Italia, a non essersi buttato nella bolgia (assai composte anche la Carfagna e la Calabria).
Adesso, alla buvette, è possibile ricostruirne con calma alcuni momenti (diciamo dal lancio dei crisantemi in poi).
rocco palese al seggio elezioni regionali
Renato Brunetta (FI): «Fascismo renziano!» — boato . Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia) ha evocato l’obelisco del Foro Italico con la scritta «Dux» — risate . Massimiliano Fedriga (Lega): «A noi non ce ne frega niente di questa fiducia!» — grida di evviva, ip ip urrà ! Bruno Tabacci (Centro democratico): «Io sono ancora qui!» — grandi risate . Dai banchi grillini, il coro: «E\le\zio\ni!» — applausi .
A quel punto la presidente Laura Boldrini ha ceduto la parola a Rocco Buttiglione (Area popolare) — risate di scherno .
E un grillino: «Buttiglioneee! Prrrrrrrr!».