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FAMILY DAY CONTRO LA FAMILY GAY - 400MILA PERSONE AFFOLLANO ROMA PER DIRE "NO" AI DIRITTI DEGLI ALTRI. E SENZA L'APPOGGIO DEI VESCOVI E DI BERLUSCONI, LA MANIFESTAZIONE HA ANCORA PIÙ SUCCESSO! - RENZI HA IL TERRORE DI FARE LA FINE DI PRODI CON I DICO, E SPINGE PER IL DDL IN SENATO

1. IL FAMILY DAY SORPRENDE ROMA - IN 400MILA CONTRO LE NOZZE GAY

Giacomo Galeazzi per "La Stampa"

 

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Quattrocentomila no alle unioni civili e al gender nelle scuole. Il Family day «fai da te» ha centrato l’obiettivo. Poca ribalta mediatica, molta partecipazione. Due passi nell’impensabile e cioè sfidare un iter parlamentare avviatissimo e imporre all’agenda dei Palazzi la protesta di chi non è abituato a scendere in piazza. Cattolici «anonimi» senza bandiere, comitati spontanei creati nelle parrocchie o nei quartieri: un popolo in marcia, sprovvisto sia di avalli ufficiali delle gerarchie ecclesiastiche sia di un quartier generale alle spalle, ma capace di fare squadra e di autoconvocarsi con il passaparola sui social network. Mobilitazione vera, non appuntamento virtuale.

 

COMITATI SPONTANEI

Evento boom malgrado stavolta non ci fossero «truppe cammellate» di diocesi, movimenti,partiti e sindacati. «Avevamo chiesto almeno un piccolo sconto sui biglietti del treno, non abbiamo avuto neppure quello», spiega il neurochirurgo Massimo Gandolfini, portavoce della protesta contro il ddl Cirinnà. Otto anni fa i «Dico» furono stoppati proprio dal Family day, stavolta le unioni civili dovranno almeno tenerne conto.

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A sorpresa e malgrado i dubbi della vigilia. Tutto è nato dall’idea di alcune personalità che si battono contro la diffusione della teoria del gender nelle scuole e contro il disegno di legge Cirinnà che equipara il matrimonio costituzionale, così come lo conosciamo oggi, ad altre forme di unioni, comprese quelle tra persone dello stesso sesso. «Difendiamo i nostri figli», ripetono. Non sarà stato il milione di manifestanti entusiasticamente proclamato in serata dagli organizzatori, ma comunque ieri pomeriggio il colpo d’occhio era davvero impressionante, oltre ogni aspettativa. Un successo capace di fare a meno delle adesioni formali della Cei e delle principali sigle del laicato.

 

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Per un giorno la maggioranza silenziosa del cattolicesimo italiano ha conquistato il centro della scena. «Abbiamo fatto 16 ore di viaggio ma ne valeva la pena», concordano tre vivacissime famiglie siciliane alle prese con un improvvisato armamentario di cerate antipioggia, passeggini, zaini e pranzi al sacco. Gente comune, impacciata davanti alle telecamere e ai taccuini dei cronisti, per nulla a proprio agio nei cortei. Volti sorridenti, nessuno slogan gridato, una base impermeabile a ideologismi e da sempre radicata nel terzo settore.

 

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Insomma l’opposto dell’identikit integralista. «Difendiamo la famiglia, non siamo contro nessuno», sintetizza Giovanna Allevi, artigiana emiliana alla testa di un gruppo di mamme con figli alle elementari. Non li ha fermati neppure il diluvio tropicale che un’ora prima della manifestazione si è abbattuto su Roma. San Giovanni strapiena di papà e mamme con bandiere, arrivati con mezzi propri da tutta Italia senza avalli ufficiali della Cei né mobilitazioni delle associazioni. Una svolta.

 

«IL PAPA STA CON NOI»

L’organizzazione è stata più una «improvvisazione» che una vera e propria mobilitazione istituzionale. Non dunque proprio il Family Day che aveva visto nel passato la Chiesa schierarsi compatta. Cauta la Cei con il segretario generale, monsignor Nunzio Galantino, che più volte ha fatto sapere di condividerne i contenuti ma non le modalità. Non ha aderito il Forum delle Famiglie che però ha garantito la presenza in piazza dei propri dirigenti, seppure a titolo personale. Il Vicariato, che poi è la diocesi del Papa, nei giorni scorsi ha fatto circolare una lettera in cui invitava a sostenere la manifestazione. Lettera che è stata veicolata in molte parrocchie di Roma. Una palla di neve che ieri è diventata valanga.

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Il Pontificio Consiglio della Famiglia ha inviato ai promotori un messaggio in cui sottolinea che «i nostri figli hanno il diritto di essere sostenuti da una famiglia fondata seriamente sul matrimonio». Per la Santa Sede arriva da San Giovanni «un contributo prezioso alla vita della Chiesa e di tutte le persone che hanno a cuore il bene dell’intera umanità».

 

A differenza del 2007 sono i fedeli a trascinare i vescovi e non il contrario. Segno dei tempi. «Il segretario della Cei ha detto altro ma Papa sta con noi», ha gridato il leader neocatecumenale Kiko Arguello. Tanti i politici (tra i quali Buttiglione, Giovanardi,Formigoni), nessuno però prende la parola dal palco, «Parliamo a titolo personale».

 

 

2. RENZI, LE NOZZE GAY E IL FANTASMA DICO “IO NON FINIRÒ COSÌ”

Carmelo Lopapa per "la Repubblica"

 

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L’incubo dei Dico. Correre per non finire come Prodi, per non restare impantanati e infine risucchiati nelle sabbie mobili parlamentari che trascinano dritto a una crisi. «Il massimo rispetto per la manifestazione » ribadito ieri da Palazzo Chigi e dal “cattolico” Matteo Renzi non incideranno sul ruolino di marcia che il governo comunque si è imposto. Su questo, anche su questo, il premier non concede ripensamenti.

 

«Io non voglio fare quella fine lì, il disegno di legge è in linea con la legislazione di altri paesi europei e rispettoso di tutte le sensibilità », è il ragionamento che sul tema ha più volte fatto proprio il presidente del Consiglio coi suoi, ripercorrendo la Grande Trappola della quale alla fine fu vittima proprio Romano Prodi nel 2006-2007, quando risultò inutile trasformare i Pacs in Dico e alla fine ritirare perfino quelli.

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Ieri il giro di telefonate serali, seguito alle immagini di una Piazza San Giovanni gremita, ha confermato la linea. Per dirla col vicesegretario Deborah Serracchiani — che da presidente del Friuli ha già dato una spinta al riconoscimento dei diritti in regione — «il percorso deve e andrà avanti: c’è un impegno sul quale non si può tornare indietro». Tradotto, vuol dire che già nei prossimi giorni il disegno di legge Cirinnà dovrà essere approvato in commissione Giustizia al Senato per essere poi incastrato, non senza difficoltà, tra la riforma della scuola e quella costituzionale.

 

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Obiettivo: ottenere il primo via libera alle unioni civili prima della pausa estiva d’agosto. Una mezza impresa, nonostante i 4.320 emendamenti ostruzionistici depositati soprattutto da Ncd ( partito di governo) e Forza Italia siano stati ridotti dal presidente (forzista) Nitto Palma a 1.800. La relatrice pd che dà nome al testo, Monica Cirinnà, si dice convinta che già martedì ci saranno i primi voti in commissione. «Sarà fondamentale far uscire dal Senato un testo blindato che sia approvato poi dalla Camera senza modifiche », dice in uno slancio di ottimismo che minimizza la portata della piazza di ieri.

 

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Sulla carta i numeri ci sarebbero pure. Perché i 113 senatori Pd potranno contare sul sostegno dei 36 grillini, sugli ex M5s e Sel. Ma siamo sul filo dei 160 necessari. Alla Camera, in autunno, tutto sarebbe più facile. Il problema sarà arrivarci. «Anche perché noi sui quasi duemila emendamenti, già in commissione daremo battaglia », anticipa Maurizio Gasparri. Convinto che «il tema della famiglia può essere il punto di riaggregazione del centrodestra ».

 

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Anche se non tutti a destra sono pronti a scommetterci. Ieri, sui cento parlamentari firmatari dell’appello pro Family day, a San Giovanni si sono presentati solo una ventina. Per lo più uomini di Alfano (Ncd) al seguito di Maurizio Sacconi e del promotore Alessandro Pagano. Tra i berlusconiani si contavano, oltre a Gasparri, i soli Lucio Malan, Elisabetta Gardini e Antonio Palmieri. Non c’era l’ombra di un leghista (tutti a Pontida con Matteo Salvini che del resto pochi giorni fa aveva «scomunicato» Papa Bergoglio).

 

Silvio Berlusconi, com’è noto, sul tema piuttosto condizionato dalla compagna Francesca Pascale, ha mutato il suo indirizzo e il partito almeno su questo è in gran parte con lui. «Berlusconi è a favore del riconoscimento dei diritti, ma nettamente contrario all’equiparazione delle unioni con i matrimoni», si fa scudo Gasparri. Certo, ci sono i Fratelli d’Italia e, appunto, gli agguerritissimi parlamentari del ministro Alfano, che invocano non già modifiche ma il ritiro del ddl Cirinnà.

 

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Il tentativo a destra sarà quello di convergere sul ddl manifesto di Sacconi, che riconosce sì alcuni diritti, ma esclude qualsiasi equiparazione. Rispetto all’era del primo Family day, manca la copertura della Cei. E non è cosa da poco. L’Ncd segna comunque il punto di rottura in maggioranza.

 

Il sottosegretario Scalfarotto definisce «inammissibile» la piazza di ieri? L’Ncd Pagano chiede le sue dimissioni, mentre il capo del Viminale non va a San Giovanni ma benedice via Twitter l’iniziativa definendola «uno spettacolo», al grido «difendiamo i nostri figli». Alfano non ne fa mistero: quando il testo approderà in aula, per l’Ncd «non ci sarà vincolo di maggioranza ». Come per lui, per tutta l’Area popolare centrista.

 

 

3. «STRADA GIUSTA». «NO AL MORALISMO» I DUE SENTIMENTI DEL MONDO CATTOLICO

Paolo Conti per il "Corriere della Sera"

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Il colpo d’occhio su San Giovanni ricorda i tempi in cui il sindacato e la sinistra riempivano l’immensa piazza. Oggi colori e slogan sono altri. «Sì alla famiglia naturale come culla d’amore dei nostri tempi» su tante magliette bianche.

Bambini innalzati sulle braccia come simboli, «Difendiamo nostri figli/stop gender nelle scuole». Una folla immensa.

 

Che genera reazioni diverse contrastanti nel vasto mare del cattolicesimo italiano. Certezze si alternano a dubbi. Pippo Corigliano, scrittore e saggista, per quarant’anni portavoce dell’Opus Dei in Italia: «Non ho mai partecipato a manifestazioni di piazza ma stavolta sono andato. “Giù le mani dai nostri figli” era il pensiero dominante. Penso che politici ne prenderanno atto perché gli conviene…. Far ingoiare agli italiani le sperimentazioni sessuali sui propri figli è un’operazione che non passerà, anche se i mezzi di comunicazione tentano di imbambolare le coscienze. Ora tocca costruire giorno per giorno, senza far rumore ma con chiarezza, una civiltà più consapevole».

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Ma basta modificare appena la rotta del gran veliero cattolico per trovare ben altra brezza.

Brunetto Salvarani, teologo e saggista, insegna Teologia della missione e del dialogo alla facoltà teologica dell’Emilia Romagna: «Ora sembra che l’ideologia gender stia diventando il problema dei problemi. E così una certa porzione della chiesa cattolica rischia di trovare alleati scomodi in una comune necessità di individuare un nemico.

 

Ma questa porzione è spiazzata dall’effetto papa Francesco nella sua sintesi, al di là delle singole prese di posizione. Il Pontefice ha citato l’ideologia gender come ‘un’ problema. La sensazione è che si stia enfatizzando una questione dagli ambiti molto delicati, che richiede riflessione e discussione in un quadro indubbiamente confuso dal punto di vista valoriale».

 

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In sintesi, Salvarani? «Sarebbe meglio evitare criminalizzazioni, demonizzazioni, esprimendo posizioni che non sono percepite come proprie dalla grande generalità della chiesa cattolica » . La teologa Serena Noceti, che ha studiato la questione gender anche negli Usa, non commenta la manifestazione ma si limita a un’osservazione: «Esistono diversi modi di ricorrere al concetto di ‘genere’, anche in differenti filoni teologici, che non escludono la differenza psicologica, biologica e genetica tra uomini e donne ma che vogliono leggerla, con i processi di differenziazione, anche sul piano sociale culturale, senza per questo aderire ai modelli di pensieri di Judith Butler».

Renzi senatoRenzi senato

 

Ovvero la teoria «estrema» secondo la quale ogni singolo soggetto può «auto-costruire» il proprio genere. Altro vento, altre idee. C’è la grande soddisfazione di Francesco D’Agostino, filosofo del diritto e presidente dell’Unione giuristi cattolici italiani: «Questo straordinario successo mostra una scollatura tra il sentire di grandi masse popolari e il ceto politico e intellettuale dominante l’Italia . Non ci sono parlamentari nella giusta misura per dare voce a questo milione di persone. Un importante fatto politico di cui si deve tenere conto».

 

Monica Cirinna e Donatella Visconti Monica Cirinna e Donatella Visconti

C’è un ma, secondo D’Agostino: «La difesa della famiglia, per me cattolico sacrosanta, non può essere portata avanti con manifestazioni di piazza anche se allegre, pacifiche, colorate. Urge una riflessione politico-culturale capace di coinvolgere il sentire comune della gente sul perché la famiglia stia vivendo una crisi così plateale che produce anche il declino demografico che conosciamo. Insomma sono felice dei messaggi chiari e forti che arrivano da San Giovanni ma guai pensare che possano bastare per arginare la crisi della famiglia».

 

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E invece c’è chi, come Gianni Gennari (ex sacerdote, teologo, scrittore e saggista) sostiene una tesi contraria: «Resto dell’idea che sostenni nel 1974, e che mi costò la cattedra di Teologia morale all’Università Lateranense. Eravamo sotto referendum sul divorzio e semplicemente dissi, in un confronto al quale partecipò anche Aldo Moro: la legge sul divorzio c’è dal 1970, che cosa deve fare la Chiesa? Deve spiegare, a livello ecclesiastico, cos’è il vero amore, la vera famiglia, che il divorzio è una sconfitta.

 

vladimir luxuria selfie berlusconi pascale twittervladimir luxuria selfie berlusconi pascale twitter

Ma deve lasciare alla politica le scelte sulle leggi. Non si separazione deve immischiare… La frase di dei beni e i papa Francesco: “chi sono io doveri previsti per poter giudicare….”. Meravigliosa. La morale è una gran sposate cosa. Il moralismo è qualcosa di tragico buttato addosso all’altro per sottolineare la sua inferiorità».

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