FISCO INFERNO SOTTO LE DUE TORRI - TASSATI MENÙ IN VETRINA E ZERBINI: A BOLOGNA COMMERCIANTI IN RIVOLTA CONTRO LA ''DELIRIUM TAX'' - PD SOTTO ACCUSA
Valerio Varesi per “la Repubblica”
Sotto le Due Torri c’è una tassa che avrebbe imbarazzato persino lo sceriffo di Nottingham, l’implacabile esattore nemico di Robin Hood. Nemmeno lui si sarebbe mai azzardato a tassare gli zerbini col marchio della ditta, i menù o gli orari d’apertura, gli avvisi di offerte speciali o le liste di nozze. A Bologna tutto ciò che è esposto in vetrina, secondo un concetto estremamente esteso di pubblicità, è passibile di vedersi applicare un balzello.
I commercianti sono in rivolta e già hanno ribattezzato il tutto “Delirium tax”, ma la questione è ricorrente e già l’esosità della riscossione si era manifestata durante il mandato di Sergio Cofferati quando, appunto, un gioielliere del centro si era visto applicare l’imposta per uno zerbino che riportava il nome della ditta. Di fronte alla rabbia degli esercenti, la vicesindaco Silvia Giannini, lunedì scorso, ha ventilato l’ipotesi di revocare l’incarico della riscossione alla società concessionaria “Aipa”, oppure di indurla ad applicare le regole in modo meno rigido e schematico.
Il problema è proprio questo: una norma che lascia tanta, forse troppa, discrezionalità a chi si incarica di farla valere, frutto di un decreto legislativo del ’93 e della successiva traduzione in regolamento comunale. Tale norma dovrebbe disciplinare quei messaggi che non sono soggetti alla legislazione sulle pubbliche affissioni. Tuttavia la formulazione molto generica autorizza interpretazioni come quella bolognese particolarmente vessatoria.
I casi snocciolati nelle denunce, sconfinano nel grottesco. Vengono tassati i menù esposti fuori dai ristoranti, benché l’esposizione sia obbligatoria. A un negozio di dischi è stato contestato l’aver messo in vetrina le copertine dei cd e dei 33 giri in vinile, mentre a un esercente di foto-ottica è arrivato un conto di 2800 euro a causa dei cartoncini con i prezzi e le offerte del mese. Tutto ciò che è in vista è potenziale pubblicità per gli inflessibili esattori. «Ma come si fa a vendere se la merce non è esposta?» replicano sbigottiti i negozianti. Persino l’orario applicato sulla porta d’ingresso e le insegne delle carte di credito sono state assimilate a pubblicità.
«Siamo pronti a migliorare la norma che risale al 2009» ribadisce la vice sindaco bersagliata dalle proteste. Nel frattempo, tuttavia, le contravvenzioni continuano a fioccare a ritmo serrato e in un anno abbondante sono arrivate a 1620. Una farmacista ha esposto in vetrina il verbale con una sanzione di 1500 euro. «E adesso multate anche questo!» ha scritto sfidando gli esattori.
A Bologna, dove la pressione fiscale è già alta collocando il capoluogo emiliano al secondo posto in Italia, proprio non hanno digerito questi nuovi prelievi. Cinque consiglieri comunali dell’opposizione hanno fatto notare la contraddittorietà della legge che regola la pubblicità alla luce di un articolo del decreto legislativo del ’93 che esenterebbe le insegne inferiori ai 5 metri quadrati poste sulla sede dell’attività. E la vetrina lo è per antonomasia.
Sulla base di tutto ciò invitano l’amministrazione comunale a un confronto con le categorie del commercio affinché si individuino criteri più chiari e oggettivi per non gravare ulteriormente le aziende in un periodo di crisi. Insomma, tutto si gioca sull’esegesi di una norma talmente sibillina da poter essere interpretata sia da Robin Hood che dallo sceriffo di Nottingham.