IL GENIO DI FRANCESCHINI - I SOLDI DEI PRIVATI SONO BENEVENUTI MA SOLO NEI PICCOLI MUSEI (CIAO CORE) – AL MIBAC MENO DIRIGENTI MA AUMENTANO LE DIREZIONI GENERALI – PARERI SPRINT PER LE GRANDI OPERE
1. FRANCESCHINI: “NIENTE PRIVATI NEI GRANDI MUSEI” - È POLEMICA SULLA RIFORMA
Francesco Erbani per “La Repubblica”
«I privati nella gestione dei musei? Non certo in quelli grandi, ma laddove lo Stato non riesce a garantire l’apertura, la possibilità di visita e la custodia». Quindi nessuno dei venti siti d’arte, come gli Uffizi, Brera o Capodimonte, che avranno una spiccata autonomia e direttori scelti con concorso? «Nessuno di quelli. Fra i modelli possibili ci sono anche le fondazioni, come l’Egizio di Torino, dove pubblico e privato collaborano. Ma anche il Porto di Traiano, vicino a Fiumicino». Dario Franceschini prova ad attenuare la portata dell’ingresso di privati nella conduzione dei musei. E alla richiesta esplicita di fare un esempio di un luogo da affidare a un soggetto non pubblico si tira indietro.
La riforma del ministero per i Beni culturali, sebbene approvata venerdì dal governo, ancora non c’è nella versione definitiva. Ma, specifica il ministro, «nessun contrasto con Palazzo Chigi». Da dove sono partite le sollecitazioni affinché l’ipotesi di interventi privati fosse in bella evidenza.
«Questa riforma, insieme alla legge sull’Art bonus, è una base di partenza per tornare a investire su cultura e turismo», assicura Franceschini, che sei mesi fa ha ereditato un ministero ridotto allo stremo, sia per i tagli che dal 2001 hanno ridotto i finanziamenti di oltre il 40 per cento, sia per l’emorragia di personale, che nei prossimi anni continuerà a causa di pensionamenti cui non corrispondono adeguatamente i nuovi ingressi. Ma cultura e turismo, insiste il ministro, sono settori vitali.
«Puntiamo alla qualità, non alla massa di turisti che in mezza giornata pretende di vedere Venezia, scendendo da una nave, arrivando a piazza san Marco e tornando indietro».
Gestione di musei non più affidata alle soprintendenze. Abolizione delle soprintendenze
storico- artistiche. Porte aperte ai privati (ma tutto da vedere dove e come). Sono i punti cardine della riforma. E anche quelli sui quali si concentrano le critiche. Le sintetizza Vezio De Lucia, presidente dell’associazione Bianchi Bandinelli: «Il ministro doveva potenziare le strutture periferiche che fanno la tutela sul campo e alleggerire la burocrazia centrale.
LA STATUA DEL SATIRO UBRIACO ALLA PINACOTECA DI BRERA
È successo l’opposto: nascono nuove direzioni generali. Siamo poi contrari a sopprimere le soprintendenze storico-artistiche: è un appiattimento di competenze grave. Come grave è la rottura del legame fra soprintendenze e musei, un punto di forza del nostro patrimonio, che rimanda al rapporto fra storia e paesaggio. In fondo si rende la struttura del ministero sempre meno rispondente alle sue finalità scientifiche e più influenzabile dal potere politico».
Alla riforma del ministero De Lucia affianca alcuni aspetti del decreto Sblocca Italia. Anche in questo caso non c’è un testo definitivo, ma alcuni passaggi preoccupano: «Per le Grandi Opere sono nettamente abbassati i poteri di controllo e di tutela paesaggistica: si stabilisce che un soprintendente ha tempo 30 giorni, in un caso addirittura 15, per dare il suo parere. Se non ce la fa, vale l’assenso. Con le soprintendenze ridotte come sono ridotte, questo è mostruoso: il ministro Lupi realizza la filosofia berlusconiana».
2. MUSEI, PIÙ SPAZIO AI PRIVATI?E MAGGIORE AUTONOMIA FINANZIARIA
Giacomo Galeazzi per “La Stampa”
Cultura: porte aperte ai privati. Colosseo, Pompei, Polo Reale e altri 17 musei e siti archeologici di interesse nazionale avranno piena autonomia gestionale e finanziaria con direttori altamente specializzati e selezionati con procedure pubbliche. ?Via libera anche al taglio dei funzionari del ministero (37 dirigenti in meno) e alla divisione tra i compiti di tutela-valorizzazione e la creazione di due settori del ministero che si occuperanno di educazione alla cultura e di arte e architettura contemporanea. Sì all’incremento delle forme di gestione diretta da parte di privati di musei e luoghi di cultura «con tutto il buon senso del caso».
Stanza del Cristo Morto Pinacoteca di Brera
La riforma del dicastero di Collegio romano, presentata ieri da Dario Franceschini, entrerà in vigore dal 1 gennaio 2015. In Italia, spiega il ministro, «ci sono più di 400 musei dello Stato e più di 4.000 musei tra comuni, Stato, privati, Chiesa: un patrimonio che nessuno ha e che va tutelato e valorizzato per diventare uno dei fattori trainanti della crescita». Una svolta auspicata da anni.
?Ora i musei andranno tutti «verso una forma di maggiore responsabilizzazione, autonomia, investimento di modernizzazione». Diversi i modelli: 20 saranno guidati da un dirigente, con autonomia anche contabile. A salvaguardia della grande bellezza. I criteri di scelta dei «gioielli»? «Non solo il numero di visitatori ma le potenzialità, perciò c’è pure il Museo Archeologico di Reggio Calabria».
Esce dalla lista, invece, Il Museo Nazionale Romano e al suo posto entra il Palazzo Ducale di Mantova. In base al decreto legge, potranno essere guidati o da un interno o da un esterno chiamato alla direzione attraverso una procedura aperta, fuori dalle ordinarie regole della pubblica amministrazione.
«Chiameremo persone che vengono da esperienze di gestione di altri musei all’estero o con una professionalità specifica», garantisce. «Altri musei avranno per statuto una loro autonomia», garantisce.?Finora «non era chiaro quale fosse il bilancio di un museo, era tutto confuso». Si cambia anche nelle fondazioni miste, come il Museo Egizio di Torino, attraverso «forme di gestione diretta da parte dei privati»: «Non è che privatizzo gli Uffizi, si tratta di siti che lo Stato non è in grado di gestire o valorizzare perché non ha risorse», chiarisce Franceschini.
Inoltre il parere dei soprintendenti non sarà più inappellabile. ?«Potrà essere riesaminato da una commissione regionale, un organo composto dal direttore regionale, dai soprintendenti e da un direttore del Polo Gran Musei su richiesta di enti territoriali interessati». L’investimento nella cultura comprende anche il turismo «di eccellenza, sostenibile, di qualità».
E «non “mordi e fuggi”, che non spende». Vengono accorpate le soprintendenze Belle arti e Architettoniche, inserite nella filiera della direzione generale. «Dove sta scritto che alla guida debba esserci un architetto? Si guarderanno i curricula», puntualizza il ministro. «Una riforma che non tiene conto dei cognomi» e che non è stata quasi toccata nel passaggio a Palazzo Chigi. L’unica variazione è sulla gestione dei musei (autonomia tecnico-scientifica e statuto).