Ilario Lombardo per la Stampa
«Angelino, noi a settembre ripresentiamo lo ius soli, anche con la fiducia se necessario». Paolo Gentiloni a questo punto cerca qualcosa in meno della lealtà: cerca chiarezza. Il premier ha convocato a Palazzo Chigi il ministro degli Esteri e alleato di maggioranza Angelino Alfano dopo aver letto nell' intervista rilasciata a La Stampa che il piano di sopravvivenza politica del leader di Alternativa popolare prevede lo strappo con il Pd e battaglie identitarie da qui al voto. Con un passaggio cruciale su cui Alfano e i centristi si giocano il proprio ruolo di partito cattolico di governo: lo ius soli.
Ufficialmente all' incontro di ieri si sarebbe dovuto parlare di immigrazione e Libia, ma si è virato subito su cittadinanza ai figli degli immigrati e legge di Bilancio. I due appuntamenti clou dell' autunno. La ricostruzione di chi ha sentito il premier e il ministro è precisa. Gentiloni ha ribadito ad Alfano che dopo l' estate la legge sullo ius soli «va approvata», se necessario «con la fiducia» e su questo chiede conforto all' alleato, senza il quale il testo in Senato non può passare.
Di fatto è andata così: Gentiloni ha rinviato il provvedimento sulla cittadinanza perché Ap è spaccata e Alfano deve fare i conti con due fronti interni e con una voglia di centrodestra che è tornata a molti dei suoi. Il ministro degli Affari Regionali Enrico Costa lascerà il governo per emigrare verso Silvio Berlusconi. Altri lo seguiranno. Alfano si muove nell' incertezza del domani. Puntare i piedi sullo ius soli e chiedere in cambio un' accelerazione sulla legittima difesa serve anche a questo. A tornare a parlare un linguaggio di destra, a esercitare muscoli che ci si era dimenticati di avere.
Alfano chiede «modifiche» sulla cittadinanza agli stranieri e lo ribadisce nel faccia a faccia a palazzo Chigi: «Altrimenti è difficile che verrà approvata. Se anche nella regione più accogliente di tutte, la Sicilia, i sindaci non ne possono più, vuole dire che la situazione è insostenibile». E in Sicilia Alfano ha il grosso dei suoi voti.
Gentiloni cerca rassicurazioni ma prova anche a darne al suo interlocutore, convinto che da qui a settembre, complice pure la pressione sull' Ue, la situazione migliorerà e le ansie dei sindaci si placheranno. Anche la Chiesa avrà il suo ruolo, sostiene il premier. In questi giorni si è andato persuadendo che mondo cattolico, vescovi e Vaticano «favoriranno» un clima più disteso per l' approvazione della legge.
Gentiloni preme sulla coscienza cattolica di Alfano perché non vuole concedergli le modifiche richieste e perché deve dimostrare alla sinistra della maggioranza, a Mdp, di non essere sotto ricatto del leader centrista.
Qualche concessione, invece, potrebbe arrivare sulla manovra. Che è il vero incubo che agita le notti del presidente del Consiglio. Anche su questo ha dato garanzie ad Alfano per averne in cambio: le previsioni di Bankitalia sul Pil danno sollievo e speranza al premier, sicuro che ci saranno «più introiti» e «tutto sarà più semplice».
Gentiloni chiede «responsabilità» fino alla Stabilità, poi liberi tutti. Diverso sarebbe arrivare con la maggioranza frammentata sullo ius soli: non aiuterebbe un sereno confronto sul Bilancio e sarebbe il caos. Anche perché Mdp sulle materie economiche sta scavando una trincea ed evoca un giorno sì l' altro pure l' addio al governo.
I numeri in Senato sono quelli che sono e l' esercizio provvisorio è uno spettro che nei corridoi del governo viene evocato apertamente. Uno scenario che sarebbe infausto. Ecco perché qualcuno dentro Ap che ha ripreso a dialogare con Forza Italia non esclude un possibile intervento salvifico di Berlusconi anche sulla manovra, se le cose dovessero mettersi male.