degrado roma

LA GIUNTA DI MARINO PERDE L’OTTAVO ASSESSORE E IL “NEW YORK TIMES” SI DIVERTE A CHIEDERE AI PROPRI LETTORI DI RACCONTARE TUTTO IL DEGRADO DI ROMA. MA CHE ALTRO DEVE SUCCEDERE PERCHÈ IL SINDACO DELLA CAPITALE VENGA FATTO FUORI DAL SUO PD? – BELPIETRO: “IL CAPO DEL GOVERNO NON PUÒ GIRARE LA TESTA DALL’ALTRA PARTE LASCIANDO CHE LA CAPITALE AFFONDI NEL DEGRADO E NELLA SPORCIZIA”

1.L’AMERICA LICENZA MARINO

Maurizio Belpietro per “Libero Quotidiano

 

ignazio marino  alla festa di selignazio marino alla festa di sel

Qualche giorno fa, rispondendo a Matteo Renzi che invitava lui e Ignazio Marino a governare o a lasciare il posto ad altri più capaci, Rosario Crocetta si chiedeva perché un presidente del Consiglio si debba occupare di chi guida la Sicilia o la capitale. «Ve lo immaginate Obama», diceva rivolto ad ospiti e conduttori della trasmissione In onda, «che dice al governatore della California di fare il proprio mestiere o dimettersi? ». È vero, il presidente degli Stati Uniti probabilmente non interverrebbemai a gamba tesa nelle scelte di uno Stato o di una città e - a meno di gravissimi motivi - se lo facesse la sua sarebbe considerata un'indebita ingerenza.

 

RENZI MARINORENZI MARINO

Ma l'Italia non è l'America e Matteo Renzi non è Barack Obama. Soprattutto l'inquilino della Casa Bianca non è il segretario di un partito, mentre al contrario l'inquilino di Palazzo Chigi è il capo del Pd, ossia della forza politica che sostiene sia Marino che Crocetta. Dunque, il premier ha titolo per dire la sua circa il governo di Roma e della Sicilia. Anzi. Ha il dovere di dire ciò che pensa e l'obbligo di dettare la linea alle due amministrazioni locali.

 

Perché è vero che ha tanti grattacapi e non sente certo la mancanza di nuovi guai, ma quello che accade nella Capitale e nella principale regione a statuto speciale è un affare che lo riguarda da vicino. Talmente vicino che il capo del governo non se la può cavare con frasi generiche o inutili inviti a proseguire o a farsi da parte. Quelle sono chiacchiere buone per riempire i telegiornali della sera. Ma il leader della forza politica maggioritaria delle due amministrazioni deve dire chiaro come intende risolvere i problemi di una Regione sull'orlo della bancarotta e di una città che alla bancarotta ci è già arrivata.

 

IGNAZIO MARINOIGNAZIO MARINO

Ogni minuto che passa, Sicilia e Roma costano al contribuente italiano una montagna di quattrini ( Renzi ha appena staccato a Crocetta un assegno di 500 milioni, mentre di quelli staccati per il Campidoglio abbiamo perso il conto) e ciò che accade da quelle parti dunque non è solo affare di chi ci abita o di chi le governa. In particolare il capo del governo non può più girare la testa dall'altra parte lasciando che la capitale affondi nel degrado e nella sporcizia.

 

Il caso Roma, la conclamata incapacità del suo sindaco, non sono più una questione politica locale o nazionale,ma un caso internazionale. Nei giorni scorsi il principale quotidiano americano aveva sbattuto in prima pagina una foto simbolo, con un cumulo di immondizia in una delle principali vie del centro. Ieri il NewYork Times è tornato a occuparsi dell'abbandono in cui versa la città eterna invitando i lettori a segnalare disagi e incuria. Sul sito in poco tempo sono comparsi giudizi impietosi, sui mezzi pubblici, sui servizi, sulla sporcizia che invade luoghi storici.

ROMA DEGRADO 2ROMA DEGRADO 2

 

Certo, il disastro di Roma così come il suo debito non si possono addebitare interamente all'attuale sindaco. Marino governa da un paio di anni ed errori e malcostume affondano le radici in molte precedenti gestioni. E però non si può non notare che pur non avendo diretta responsabilità, il primo cittadino non ha fatto nulla per risolvere i problemi che ha trovato. Anzi, semmai ha fatto parecchio per peggiorarli.

 

L'Atac non è mai stato un esempio nel settore dei trasporti pubblici, ma negli ultimi due anni le cose sono precipitate, con scioperi, incidenti, disagi. Il consiglio di amministrazione che l'altro giorno Marino ha rimosso, addossando ai vertici dell'azienda e all'assessore ai trasporti ogni responsabilità dei ritardi, non è stato nominato dallo spirito santo o dal suo predecessore, ma da Marino stesso, il quale, presentando il nuovo consiglio parlò di persone capaci scelte in base al merito.

 

ROMA DEGRADO 1ROMA DEGRADO 1

 Cos'è successo? I capaci sono improvvisamente diventati incapaci o lo erano fin dall'inizio? In realtà ogni giorno che passa dimostra che il vero incapace è lo stesso sindaco. Si può infatti essere un bravo chirurgo ma saper stare in sala operatoria, saper fare un trapianto, non vuol dire saper guidare una città complessa come Roma. Christian Barnard, l'uomo che per primo negli anni sessanta effettuò un trapianto di cuore, era un genio della chirurgia,ma nessuno gli affidò una città da amministrare e lo stesso si può dire di Lucio Parenzan, uno dei più famosi cardiochirurghi italiani.

 

Nonostante sappia usare il bisturi, Marino non ha inciso nessuna delle metastasi della città eterna, ma anzi, come ha dimostrato Mafia Capitale, le ha lasciate proliferare. Non bastano le risate infantili, le dita mostrate in segno di vittoria o le frasi demagogiche contro i fascisti per fare un buon amministratore. Né si può pensare che governare significhi solo organizzare carnevalate tipo le nozze gay in Campidoglio. Marino sarà anche onesto, ma non è sufficiente essere onesti per far funzionare una città di 4 milioni di abitanti.

 

ROMA DEGRADOROMA DEGRADO

Roma è la capitale d'Italia e forse la città più conosciuta e amata al mondo. Ciò che accade qui è destinato a fare notizia nel mondo e da troppo tempo le notizie sono pessime. Che vuole fare dunque Renzi? Pensa di continuare a far finta di niente, invitando il sindaco ad andare avanti o a farsi da parte, oppure intende fare qualcosa? O forse dobbiamo concludere che non solo non sa farsi ascoltare dal sindaco di Roma,ma neppure è in grado di farsi sentire dai consiglieri comunali di Roma iscritti al Pd?

Dopo ciò che è accaduto in queste settimane, non è più tempo di annunci, ma tempo di tirare le somme. E quelle che riguardano Ignaro Marino sono già da molto sotto il livello di tolleranza. Il suo licenziamento non può attendere. Il Pd gli tolga la fiducia e la faccia finita con l'uomo che imbarazza il Paese.

 

2.SE QUESTO È IL VOLTO DI UNA CAPITALE

degrado Romadegrado Roma

Melania G. Mazzucco per “la Repubblica

 

COSA ho fatto di male (per meritare questo)? Me lo sono chiesta io, se lo è chiesto ogni passeggero della metropolitana di Roma in questi cocenti venticinque giorni di luglio, mentre aspettavamo un treno fantasma pigiati sulla banchina, o assaltavamo una carrozza bestiame, maleodorante e già satura di corpi, sgomitando senza misericordia, ciascuno impegnato nella propria solitaria battaglia.

 

ROMA  FA SCHIFO ROMA FA SCHIFO

La frustrazione privata ha lasciato il posto alla rabbia collettiva: non stupisca che solo la comune sventura abbia fatto riaffiorare il sentimento perduto della comunità. Abbiamo cessato da tempo di esserlo — e a parte la moneta, la lingua e i vizi nazionali non condividiamo quasi più niente. Non i progetti, i sogni, un’idea di futuro. Abbiamo dimenticato il concetto di bene comune, e ignoriamo i doveri verso la collettività.

 

Eppure Cicerone, nel De officiis — breviario per chiunque voglia fare politica — invitava quanti si dispongono a governare a tener sempre presenti questi due precetti: «Uno, salvaguardare il bene dei cittadini, avendo sempre quello come scopo e dimenticandosi del loro utile; secondo, prendersi cura di tutto il corpo della cosa pubblica. Infatti, l’amministrazione dello stato deve avere come compito l’utilità di quelli che le sono stati affidati, non di quelli ai quali è stata affidata». Così è un sollievo cercare i colpevoli. La responsabilità è un fardello da accollare agli altri, tanto l’impunità italiana rinvergina tutti.

 

scopata a trastevere da roma fa schifo  3scopata a trastevere da roma fa schifo 3

Ma la domanda è sbagliata. Dovremmo chiederci invece come è stato possibile accettare di vivere in una “huge bin” (gigantesca pattumiera), come scrivono in questi giorni, divertiti, i turisti americani nei loro “ricordi sul degrado di Roma”: un genere giornalistico-letterario che periodicamente torna alla ribalta. Siccome Roma ( e l’Italia) sembrano avviluppate in una ciclicità immutabile di leggendarie età dell’oro e rovinose decadenze, il contrasto fra la memoria e i resti di una capitale inimitabile, di un paese favorito dalla natura e della cultura, e la realtà squallida e sciatta del presente (fosse il 1300, il 1844, il 1866 o ieri) ha suscitato sempre malinconia, indulgenza, tristezza.

 

Della “decadenza” di Roma (Venezia, Firenze, Napoli, eccetera) hanno scritto i pellegrini degli anni santi del Medioevo e i viaggiatori del Grand Tour, fino a Dickens e Mark Twain. Ma noi che ci siamo nati abbiamo collaborato in qualche modo a questo sfacelo immane? E come? Abbiamo delegato? Taciuto? Sopportato? O, semplicemente, ci siamo rassegnati? E quando è ri-cominciato? Non questo mese, non lo scorso anno, nemmeno due anni fa.

 

Il fatto è che la parola degrado implica la gradualità. Ed è questa la ragione che ci accusa. La degradazione è istantanea: è una “dignitatis spoliatio”, la privazione di un titolo, una carica, un onore. Il degrado invece è un progresso, un passaggio. Si nutre di tempo. Cresce come una pianta infestante: mette radici inavvertita, poi deborda, e se non sradicata prospera, e soffoca tutto il resto. Allora mi rispondo che forse è cominciato quando ho trovato normale il sistema di raccolta differenziata che a Roma è partito ben prima di quello ufficiale.

LA GRANDE BELLEZZA LA GRANDE MONNEZZA DAL SITO ROMA FA SCHIFO LA GRANDE BELLEZZA LA GRANDE MONNEZZA DAL SITO ROMA FA SCHIFO

 

Funziona così. Il bravo cittadino indigeno deve disfarsi di un divano, un televisore vecchio, una sedia. Gli fa fatica portarli al punto di raccolta (è lontano, c’è traffico, non ha tempo). Lo depone in strada, accanto al cassonetto di un condominio (non il suo). Tempo un’ora, passa il pescatore. Cioè un disperato che vaga a piedi con una lenza e un carrello, e raccoglie tutto ciò che trova nel cassonetto o fuori — scomparendo senza neppure pretendere la tassa sui rifiuti.

 

Scena di umana miseria (di entrambi gli attori, per ragioni opposte) che all’inizio offendeva e indignava, poi è diventata abituale, e alla fine invisibile. Così abbiamo smesso di vedere gli sfregi che scempiano i muri antichi e moderni e le saracinesche dei negozi; le carcasse, i rottami, i mozziconi e gli escrementi dei cani e degli umani sui marciapiedi; i turisti che si lavano i piedi nelle fontane, passeggiano a torso nudo o sgocciolano sugo di pizza sui sagrati delle chiese; i vetri rotti dei finestrini delle macchine forestiere dalle quali istantaneamente viene rubato tutto ciò che ha valore.

 

LA GRANDE BELLEZZA O LA GRANDE MONNEZZA DAL SITO ROMA FA SCHIFO LA GRANDE BELLEZZA O LA GRANDE MONNEZZA DAL SITO ROMA FA SCHIFO

A prezzo di questa cecità selettiva abbiamo potuto continuare a vivere nelle nostre città violate. La cui storia, e bellezza (la storia genera bellezza), si è separata da noi, non ci riguarda più, è diventata lo sfondo delle vite altrui. Le bellezze che furono costruite per tutti (imperatori e plebei, cardinali e pellegrini) oggi non sono di nessuno. Ormai le città d’arte — e l’Italia è un’unica città d’arte diffusa — sono zone di saccheggio per i predoni che sanno tesaurizzare la fame, la sete e l’ingenuità dei viaggiatori. Zone semplicemente fastidiose per gli indigeni, che le aggirano se possono.

 

Appartengono a gente transitoria — turisti mordi e fuggi, ospiti involontari recapitati dalle migrazioni epocali del nostro secolo — priva di legami con esse. Perciò nel migliore dei casi le ammira, raramente le rispetta. Ma il rispetto nasce dalla devozione. E la devozione non dalla regola — che tutti invocano, pur sapendo che essa in Italia ammette l’eccezione, e comunque vale per tutti tranne che per me. Nasce dall’umiltà e dal senso del limite. La consapevolezza che una cosa antica è fragile, e preziosa perché ha richiesto lavoro, fatica, denaro.

scopata a trastevere da roma fa schifo  1scopata a trastevere da roma fa schifo 1

 

Che per costruire occorre tempo, e per distruggere un attimo. Che una città (un monumento, un paesaggio) è un organismo vivente, e perciò ha bisogno di essere manutenuta, e accresciuta, e che è dovere di ognuno lasciarla non solo come l’ha trovata, ma migliore.

 

L’incuria colpisce indiscriminatamente amministratori e cittadini, turisti e ospiti: è una malattia endemica dell’Italia. Lo erano anche il tifo, il colera e la malaria. Si può circoscriverla — farle terra bruciata intorno — e poi estinguerla. Ma il vaccino non è stato ancora trovato. Perciò intanto bisogna guarire noi troppi malati di solitario sconforto: solo così stroncheremo il contagio.

 

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