Giacomo Amadori per "Libero Quotidiano"
Nella scorsa primavera nello studio del curatore fallimentare Maurizio Civardi nel centro di Genova il cronista aveva trovato un muro di gomma: «In questa vicenda giudiziaria il papà di Matteo Renzi, Tiziano, non c’entra nulla». Per il professionista e i suoi collaboratori la storia della Chil post, venduta nel 2010 da Tiziano Renzi a Gian Franco Massone e andata in rovina circa tre anni dopo, non aveva nulla a che vedere con il padre del presidente del Consiglio. In realtà già allora le cose stavano evolvendo un po’ diversamente e il celebre genitore era appena stato iscritto sul registro degli indagati della procura di Genova per bancarotta fraudolenta.
Ad aprire il fascicolo penale è stato il pm Mattia Airoldi, coordinato dal procuratore aggiunto Nicola Piacente. Matteo Renzi era appena diventato presidente del Consiglio e da alcuni mesi l’inchiesta del tribunale civile languiva senza sussulti tra i mugugni di chi aspettava di essere risarcito. Ora i magistrati, codice alla mano, hanno chiesto la proroga delle indagini e hanno inviato gli avvisi di garanzia agli interessati.
Per capire quanto questa vicenda sia complessa basta andare a Masone, ultimo Comune ai piedi degli Appennini della provincia di Genova. Qui risiede il settantacinquenne Gian Franco Massone ossia l’uomo a cui Tiziano Renzi ha ceduto le sue quote in Chil post. Raggiunto dal cronista ha dichiarato candidamente di non sapere nulla di quella cessione, ma di essere il «prestanome» del figlio Mariano (non indagato), quarantenne con diversi fallimenti alle spalle: «Io sono un ufficiale della Marina mercantile in pensione e Tiziano Renzi l’ho visto una sola volta in vita mia, quando mio figlio mi chiese di portargli il pesto al casello dell’autostrada».
Ma partiamo dall’inizio di questo affare. Nel 2002 papà Renzi, proprietario della Chil srl, società di diffusione di giornali, apre un ufficio a Genova per distribuire il Secolo XIX. L’uomo che si occupa di gestire il business in Liguria per conto di Renzi è il trentenne Mariano Massone. Il giovanotto, scuole tecniche dai salesiani e passione per il podismo, si preoccupa di gestire l’ufficio di via Fieschi. La collaborazione tra Massone, originario di Alessandria, e Tiziano Renzi si intensifica tanto che Massone fonda a Firenze, con sede legale allo stesso indirizzo della Chil srl (via Scialoja 46), la sua Mail service.
In quelle stanze lavora un certo Matteo Renzi, all’epoca dirigente della Margherita, il quale nell’ottobre del 2003 diventa dirigente della stessa Chil srl, in attesa di essere candidato alla presidenza della Provincia. Nel 2003 Tiziano Renzi inaugura la Arturo srl, società che si occupa di panificazione. L’amministratore è Pier Giovanni Spiteri, un vecchio conoscente di Tiziano. Tra il 2005 e il 2007 Mariano fonda altre tre società la M&M trasporti, la One post e la Directa. Gli affari di Mariano Massone e Tiziano Renzi si intrecciano ulteriormente: Antonello Gabelli (indagato nell’inchiesta genovese), amico alessandrino di Mariano, diventa amministratore unico della Arturo srl al posto di Spiteri.
Nel 2009 Roberto Bargilli, l’autista del camper di Matteo Renzi alle primarie, fonda insieme con Spiteri la Delivery service con sede legale presso la Confcooperative (le cooperative bianche) di piazza San Lorenzo a Firenze. Che c’entra direte voi? C’entra, c’entra. Nel 2010 Bargilli e Spiteri trasferiscono «a sua insaputa» le proprie quote a Gian Franco Massone, l’ex ufficiale della Marina, e ad altri due soci, un giornalista con un fallimento alle spalle e a un altro socio di Mariano.
Nello stesso anno anche Tiziano Renzi inizia le sue grandi manovre. A ottobre vende un ramo d’azienda della Chil srl (nel frattempo rinominata Chil post srl) alla Chil promozioni della moglie Laura Bovoli per poco più di tremila euro a fronte di un fatturato dichiarato di quasi tre milioni di euro (anche se l’azienda risulta in passivo). Passa una settimana e papà Renzi nomina amministratore della sua Chil post Antonello Gabelli, trasferendo la sede legale a Genova. Un mese dopo vende quel che resta della Chil post a Gian Franco Massone, il sedicente prestanome.
Nel 2011 e nel 2012 falliscono la Mail service e la One post. Un anno dopo tocca alla Chil post su cui nel frattempo sono stati dirottati i debiti di altre società di Mariano Massone. Il principale creditore è il Credito cooperativo di Pontassieve, esposto per 500mila euro a causa di un mutuo chirografario e quindi con scarsissime garanzie e difficilmente esigibile. Non è chiaro chi abbia consentito che quel credito venisse trasferito dalla vecchia Chil post alla «nuova», quella dei Massone.
All’epoca dell’operazione nel consiglio d’amministrazione della banca sedeva Matteo Spanò, ex boy scout e stretto collaboratore di Matteo Renzi. Il presidente era Giorgio Clementi, già protagonista di una tavola rotonda insieme con il futuro sottosegretario Graziano Delrio alla festa della Margherita fiorentina del 2005, quando il segretario provinciale era Matteo Renzi. Siamo certi che papà Tiziano saprà spiegare ai magistrati tutte le sue operazioni dentro a Chil post.
tiziano renzi 7 renzi con il padre tiziano indagato
Forse lo farà anche con i giornalisti, ai quali ha annunciato un comunicato stampa. Massone junior e Gabelli con il cronista non hanno evidenziato lo stesso spirito di collaborazione. Gabelli, residente ad Alessandria con moglie e figlia, è un ultrà renziano. Su Facebook definisce Matteo l’«unico grande statista italiano». Contattato da Libero, dopo aver fissato un appuntamento, si è dileguato. Non è andata meglio con Mariano. Ad Alessandria all’indirizzo della sua ultima residenza (nello stabile fatiscente 4 vani valgono 50mila euro) e a quelli delle sue società non ci sono tracce di lui. Secondo l’ufficio anagrafe si è trasferito a Bagno a Ripoli (Firenze) nel 2012, cittadina distante una quindicina di chilometri da Rignano sull’Arno, il regno di Tiziano Renzi. Raggiunto su Facebook, taglia corto: «Non scappo, tantomeno dai cantastorie. Se avrò tempo e voglia la contatterò». Era il 3 aprile scorso.