1 - QUIRINALE: "QUIRINARIE" M5S, SI VOTA FINO ALLE 14
CASALEGGIO E GRILLO f afd a a f f d a ea
(ANSA) - Partono le 'quirinarie' del M5s: dalle 9 e fino alle 14 si vota per il nome che i grandi elettori pentastellati voteranno nelle prime tre votazioni per l'elezione del presidente della Repubblica. Dalla quarta votazione in poi, se i giochi si apriranno su un nome "condiviso" tra più forze politiche, la scelta - spiega il post che avvia le votazioni - sarà affidata ad una "consultazione lampo" sul blog di Beppe Grillo.
BEPPE GRILLO E CASALEGGIO AL QUIRINALE
"Oggi - si legge sul blog - si vota online per il candidato alla Presidenza della Repubblica del Movimento 5 Stelle dalle 9.00 alle 14.00 (per finire prima dell'inizio della votazione in Parlamento). Dall'assemblea del gruppo parlamentare è uscita una rosa di nomi che è in votazione oggi. A questa rosa è stato aggiunto Romano Prodi perche' riteniamo di dover onorare l'impegno preso con i parlamentari del PD attraverso l'email inviatagli.
Dopo che Lorenza Carlassare ha declinato la candidatura la rosa completa di nove nomi è la seguente: Pierluigi Bersani, Raffaele Cantone, Nino Di Matteo, Ferdinando Imposimato, Elio Lannutti, Paolo Maddalena, Romano Prodi, Salvatore Settis, Gustavo Zagrebelsky". Gli iscritti potranno esprimere una preferenza attraverso un link: "Il candidato che otterrà più voti sarà votato dal gruppo parlamentare sin dal primo scrutinio. Ti informiamo che, in ogni caso, se dal quarto scrutinio i cambi di maggioranza dovessero portare ad un nome condiviso tra più forze politiche in Parlamento si deciderà come meglio muoverci con una votazione lampo sul blog".
2. LE MANOVRE CON CASALEGGIO PER FAR VOTARE IL PROFESSORE
Jacopo Iacoboni per “la Stampa”
Sicuramente, alla prima votazione di oggi pomeriggio l’anima ortodossa del Movimento Cinque stelle voterà una candidatura di bandiera, che sarà quella che esce dalle Quirinarie e - se qui possiamo sbilanciarci - potrebbe essere quella del giudice Nino Di Matteo. Vedremo. Il nome è irrilevante, perché è un nome di bandiera, di pura identità. La linea è questa; le Quirinarie servono sostanzialmente a inverarla, darle la copertura ideologica.
La novità è che - a differenza del 2013 - la partita non si chiude lì. Già alla seconda e alla terza potrebbe aprirsi qualche spiraglio, e sicuramente alla quarta «c’è un’ampia volontà di convergere», racconta qualcuno che conosce molto bene le cose a Milano. Traduciamo i ragionamenti che possono fare nel cervello del Movimento: il nome di Prodi è un nome Pd, lo votino non soltanto Sel ed ex grillini, ma si veda un apporto interessante anche della minoranza Pd. Insomma: che Prodi alla prima votazione riceva non i 64 voti della somma di Sel e ex grillini, ma una quota significativamente più alta. «A quel punto, dopo, noi lo voteremmo». Dopo.
Ma quel «dopo» rischia di essere troppo tardi, ancora una volta. Se nel 2013 il Movimento non aveva ancora capito nulla di questi meccanismi, adesso li ha un po’ di più capiti, ma non li sa giocare, non sa anticipare. Ha capito che Prodi potrebbe spaccare il Patto del Nazareno, ma non ha il coraggio di votarlo subito, la qual cosa richiederebbe intelligenza e un po’ di spregiudicatezza politica. Il Movimento Cinque stelle aspetta che «i signori del centrosinistra ci facciano vedere che qualcosa si muove al loro interno per Prodi, e noi siamo disponibili a votarlo».
È questo il massimo a cui sono arrivati. In queste ore diversi contatti hanno ragionato, con Gianroberto Casaleggio, dell’opzione Prodi - cui non è contrario per partito preso - e qualcosa si è mosso. Ma il Movimento è terrorizzato dall’idea di proporlo lui, il due volte ex premier, teme, dopo, di scomparire alle elezioni con l’accusa di moderatismo, di aver abdicato ai propri nomi e ideali.
Aldo Giannuli, il professore milanese che ha curato la proposta elettrorale dei cinque stelle, è uno di quelli che si sono esposti con Casaleggio per il nome Prodi: «L’opposizione al Nazareno un nome non lo ha e deve costruire una candidatura, ma non ci vuole molto a capire che, così stanti le cose, l’unico nome che può essere speso è quello di Prodi.
Potrebbe avere i consensi di bersaniani, cuperliani e civatiani, ma anche raccogliere nell’area cattolica di Fioroni e fra singoli notabili (Bindi, D’Alema), un blocco che potrebbe superare i 200 voti, e con l’aggiunta di Sel potrebbero salire a 240, per poi cercarne altri fra M5S, fittiani, Sel e Gal». Giocare di rimessa, però, sarà tardi. Ancora una volta questo è un treno in corsa, e bisognava saltarci su dal primo voto.
3. CI ERAVAMO TANTO ODIATI - QUEI CANDIDATI CHE RISPUNTANO - DA GRILLO A DI BATTISTA, I RIFIUTI A SINGHIOZZO DEL M5S
Mattia Feltri per “la Stampa”
La presenza di «Alzheimer» Prodi e di «Gargamella» Bersani (il copyright non è nostro) nella decina offerta alla rete dal Movimento cinque stelle dimostra che Beppe Grillo, come ogni buon leader, è capace di smentire sé per ragioni di tattica. Sono cose che succedono, niente di grave: e volendo non è illegittimo pensare che il Grande Portavoce abbia semplicemente cambiato idea, meccanismo comune a tutti e soprattutto dentro ai palazzi.
Lo si scrive perché a qualcuno potrebbe apparire curioso che il Movimento supponga di mandare al Quirinale un ex presidente del Consiglio già soprannominato «Valium» e un ex segretario del Pd che è stato omaggiato dei titoli di «morto che parla», «stalker politico», «parassita» e «mummia», solo per citare alla rinfusa.
In effetti un po’ curioso lo è, e bisogna affidarsi ai miracoli della politica per comprendere perché sia salito fino all’appetibilità un uomo, Romano Prodi, che «nessuno di noi si è mai sognato di votare e non se lo sognerà nemmeno in futuro. Il nostro slogan è a casa tutti», come Grillo disse nell’aprile del 2013. Anche allora Prodi era in corsa alle quirinarie, ma si piazzò male e Grillo sospirò: si era levato dai piedi uno a cui anni prima aveva letto nel pensiero: «Sembra che dica “ma guarda un po’ che mi prendo per il culo da solo”». Ecco, non pare il ritratto di uno di alto profilo eccetera.
Così, il dicembre scorso, riproposto il problema della sostituzione di Giorgio Napolitano, e interpellato sulle possibilità di Prodi, Grillo fu crudele: «Ma basta! Non se ne può più!». «Non si può proprio sentire», aggiunse il senatore Sergio Puglia. «Impresentabile e irricevibile», incalzò il deputato Ivan Della Valle.
E il formidabile Ale Di Battista, premesso che «quando era al governo ero troppo giovane per ricordarmelo» (nel ’96 aveva diciotto anni, nel 2006 ventotto), sentenziò: «Ha contribuito al fallimento». E poi è il presidente del consiglio che ci portò nell’euro, da cui i cinque stelle vogliono uscire con referendum popolare. E allora chi, se non il Prof? «Sceglieremo con le quirinarie un candidato lontano dal mondo della politica».
Si vede che sono cambiate le condizioni, perché tanto lontano dal mondo della politica non parrebbe nemmeno Pierluigi Bersani. Anzi, abbastanza vicino, viste le imputazioni formulate: «Bersani sarà il responsabile del suicidio della Repubblica» (Grillo); «Bersani, Berlusconi, Monti e D’Alema sono i padri puttanieri che hanno governato per venti anni» (Grillo); «scudo fiscale, conflitto di interessi, distruzione del tessuto economico, debito pubblico.
mario monti intervistato da alan friedman
Ora però Bersani non ha più bisogno del Pdl, può vincere da solo» (Grillo); «Mps fa impallidire non solo Parmalat, ma anche il fallimento del Banco Ambrosiano, Bersani si dimetta. Craxi, in confronto, rubava le caramelle ai bambini» (Grillo); «Bersani e Berlusconi sono la stessa cosa» (Vito Crimi).
All’elenco manca soltanto l’omicidio ma, dopo fitta ricerca, abbiamo trovato anche quello: «Bersani? Io con gli assassini non faccio nessun tipo di accordo, perché li considero gli autori della strage e del genocidio che sta avvenendo in questi ultimi anni in Campania», è l’accusa del senatore Bartolomeo Pepe. Dunque «mandiamoli a casa». Anzi, Grillo trovò a Bersani la pena adatta: «Ai lavori socialmente utili!». E forse sul Colle tali sono.