DA GRILLO A MOSCERINO: IL LEADER ORMAI NON TOCCA PALLA, PER DI MAIO E CASALEGGIO JR È DIVENTATO INVISIBILE E PURE UNA SCOCCIATURA. LUIGINO DECIDE TUTTO CON I SUOI CERCHIETTI MAGICI, MENTRE IL GIOVANE GURU SI È PRESO IL SIMBOLO DEL M5S ED È CONVINTO DI AVER EREDITATO, OLTRE ALLA SOCIETÀ, PURE IL CARISMA DEL PADRE - QUESTO WEEKEND VERTICE DI MAIO-SPADAFORA-CARELLI SULLA RAI. E SUL CASO BONAFEDE…
GRILLO COMMENTA DI MAIO SULLA COPERTINA DI FORBES
1. DA GRILLO A MOSCERINO: IL LEADER NON TOCCA PALLA, ORMAI GELO CON CASALEGGIO E DI MAIO
DAGONEWS - Il povero Beppe Grillo è delusissimo da Di Maio e Casaleggio. Ma non dalla formazione del governo: è da quando Luigino è diventato capo politico del M5S che tra loro il rapporto si è freddato, le telefonate si sono diradate, i contatti diretti ridotti al minimo indispensabile. Invece il giovane Davide si atteggia a padre nobile del Movimento, pensando di poter ereditare, oltre alle quote della Casaleggio Associati, anche il carisma paterno.
Non è un caso se il guru junior si è preso il simbolo del M5S, l'asset più prezioso, cosa che ha marginalizzato ancora di più il comico genovese. Anche sulla Rai, che Beppe conosce bene e su cui avrebbe potuto dare consigli, non ha toccato palla (e anche il suo vecchio amico Carlo Freccero non avrà il ruolo 'pesante' che sperava). Le decisioni finali per il M5s le prenderanno questo weekend Di Maio Spadafora e Carelli in un vertice dedicato alla tv pubblica.
Stessa sorte per la parte economica: sono Spadafora e Buffagni ad aver imposto alla Cdp la partecipazione all'aumento di capitale di Trevi, società in cui la Cassa ha già perso un bel po' di soldi…
2. SOGNI D' ORO
Mattia Feltri per “la Stampa”
«Sogno la realtà, voglio svegliarmi», scrive il povero Beppe Grillo. In effetti gliene è capitata una grossa: il guardasigilli Alfonso Bonafede, grillino (guarda che scherzi fanno gli aggettivi), lo ha mandato a processo per vilipendio del presidente della Repubblica. Quattro anni fa, Grillo suggerì a Giorgio Napolitano di non dimettersi ma di costituirsi.
Vilipendio. Alla sbarra anche il papà di Alessandro Di Battista, poiché ricordò che il Quirinale poteva fare la fine della Bastiglia. Vilipendio. E pure Carlo Sibilia, altro cinquestelle, per aver definito il capo dello Stato il boss di Riina e Bagarella. Vilipendio. E succede nel giorno in cui, sperando di scampare alla cella, Umberto Bossi chiede l' affidamento ai servizi sociali dopo essere stato condannato allo sproposito di un anno e mezzo, il prezzo di un terùn rivolto al solito Napolitano. Vilipendio.
«Sogno la realtà, voglio svegliarmi», rantola Grillo, che da tempo contesta un reato dal gusto medievale e introdotto dal fascismo, quando basterebbero le qualificazioni di diffamazione e ingiuria. Non è l' unico a pensarla così: il predecessore di Bonafede, il dem Andrea Orlando, non mandò avanti la pratica. Molti ministri hanno usato prudenza, anche per scansare le implicazioni politiche di una scelta puramente giudiziaria.
E invece arriva Bonafede e firma. Noi non guardiamo in faccia a nessuno, ha spiegato a petto in fuori, felice di incarnare lo Stato etico in cui persino le spese al supermercato sono morali o immorali per deliberazione ministeriale. È la tua lezione, caro Beppe, e l' hanno mandata a memoria. Sogni d' oro a te e a tutti noi.
3. IL GIALLO DI BONAFEDE E GRILLO SUL LEADER SOTTO INCHIESTA
Pasquale Napolitano per “il Giornale”
BEPPE GRILLO - DI MAIO - DAVIDE CASALEGGIO
Uno vale uno è il principio sui cui è nato il Movimento 5 Stelle. Tranne quando si tratta di Beppe Grillo. Per il fondatore del M5s, uno strappo alla regola è concesso. Si può (si deve) imboccare una corsia preferenziale. Un pizzino che lo avvisi, prima della notifica, dell' avvio del procedimento per il reato di vilipendio.
E il pizzino è arrivato dal suo allievo politico, Alfonso Bonafede, svezzato dal nuovo capo politico Luigi di Maio e piazzato alla guida del ministero della Giustizia nel governo pentaleghista.
Ieri, il Guardasigilli ha firmato 9 autorizzazioni a procedere per il reato di vilipendio, si tratta di tutte presunte offese al Capo dello Stato o alle istituzioni costituzionali.
STEFANO BUFFAGNI LUIGI DI MAIO
Nelle lista ci sono almeno tre persone legate a Bonafede: Beppe Grillo, Carlo Sibilia, sottosegretario all' Interno in quota Cinque stelle e Vittorio Di Battista, padre di Alessandro, ex parlamentare grillino. C' è anche il ministro dell' Interno Matteo Salvini. Il Guardasigilli ha rivendicato, dal profilo Facebook, di non aver fatto sconti ai colleghi del Movimento: «Non ho fatto alcuna distinzione e ho firmato tutte le richieste; mi chiedo come mai fossero state lasciate lì a prendere polvere oppure, come ho potuto constatare, lasciate a dormire in segreteria dopo che era stato negato il consenso. Il cambiamento passa anche da qui».
luigi di maio vincenzo spadafora
A rovinare i piani del ministro è arrivato Grillo, che 24 ore dopo l' annuncio dell' avvio del procedimento nei suoi confronti, ha svelato in un post sul proprio blog personale, di essere stato avvisato da Bonafede. Grillo, ovviamente, usa il proprio stile, tra l' ironico e il vero. Tra il sogno e la realtà. «Sono per terra, dolorante, dal buio spunta Bonafede che mi tende la mano per aiutarmi a tornare in piedi, esattamente come sogno per l' Italia.
Lui mi tira su con una forza inaspettata, sono in piedi, un lieve capogiro mentre il ministro mi da piccole pacche per spolverarmi», scrive il comico. «Mi fissa con quel sorriso quasi ingenuo: Grande Beppe. Al ministero abbiamo dato un' occhiata alle richieste di autorizzazione a procedere giacenti.... Ah, interessante ma perché lo starà dicendo proprio a me? C' era anche il tuo nome, Grillo Giuseppe, nel 2014 ti hanno denunciato perché hai detto: Napolitano non deve dimettersi, deve costituirsi. Reato di vilipendio.
emilio carelli luigi di maio a pescara
Ho concesso l' autorizzazione», continua Grillo, rimarcando quanto annunciato dal Guardasigilli.
Grillo scherza. Ma chi può dire che non sia andata proprio così? Intanto, va rimarcato lo stile di Bonafede, diverso rispetto agli ex ministri della Giustizia, chiamati a firmare le autorizzazioni a procedere per vilipendio. Nessuno si è mai sognato di far annunci sui social o vendere un atto dovuto come un esempio di correttezza morale. In passato, Umberto Bossi è incappato nel reato di vilipendio: nel 2011, durante un comizio, definì l' ex capo dello Stato Giorgio Napolitano un terùn. Due giorni fa, è arrivata la condanna definitiva a un anno e 15 giorni di reclusione.