IERI, KHASHOGGI E DOMANI - ''SI SENTE IL REPORTER URLARE'': C'ERANO MICROSPIE NEL CONSOLATO SAUDITA, E LA CONTROPROVA DI UN COMMANDO DI 15 PERSONE, TRA CUI UN MEDICO LEGALE E MEMBRI DELLE FORZE SPECIALI, ARRIVATI A ISTANBUL CON DUE AEREI - E ORA MOLTI 'GRANDI' VOGLIONO BOICOTTARE LA DAVOS SAUDITA, CHE IL PRINCIPE BIN SALMAN HA ORGANIZZATO PER APRIRE IL PAESE AL MONDO. FORSE PRIMA DOVREBBE SMETTERE DI FARE A PEZZI I DISSIDENTI
1. «KHASHOGGI URLA», LA PROVA DELL' OMICIDIO
Guido Olimpio per il ''Corriere della Sera''
L' Operazione Khashoggi è una storia con un mare di indizi che potrebbero diventare incriminanti. Molto dipenderà dagli attori coinvolti nel caso del giornalista sparito nel consolato saudita di Istanbul il 2 ottobre. Al momento sono tre i sentieri investigativi.
Il primo. Fonti ufficiose hanno confermato al Washington Post di avere la prova dell' omicidio grazie a delle microspie: audio e forse immagini che hanno registrato l' uccisione dell' esule. L' orologio Apple della vittima, sincronizzato con il cellulare lasciato alla fidanzata, potrebbe aver fornito dati sulla localizzazione. Secondo una versione, l' oppositore è stato aggredito in una stanza da almeno due persone, si sentirebbero voci concitate e grida.
Quindi lo hanno spinto in una camera vicino dove è stato eliminato, il corpo smembrato in un altro ambiente.
Il secondo punto. Le autorità hanno «fissato» movimenti e presenza del presunto commando di 15 elementi, arrivati a Istanbul a bordo di due aerei.
Tra loro il medico legale e membri delle forze speciali. Ricostruiti anche gli spostamenti dei veicoli coinvolti, compreso un furgone nero Mercedes che ha raggiunto la villa del console, il punto dove avrebbero fatto sparire il cadavere. A meno che non abbiano preso il rischio di infilarlo in un «contenitore» (un sacco? un baule?). Ma la polizia sembra escludere questo scenario e lascia trapelare che sarebbe stata individuata una telefonata sospetta partita dalla residenza.
Il terzo punto. L' intelligence Usa ha captato conversazioni tra esponenti sauditi dove si parlava di un piano per attirare in una trappola Khashoggi al fine di trasferirlo in patria. Solo che l' azione si è tramutata, per motivi che non conosciamo, in un delitto brutale ordinato dal principe Mohammed, l' erede al trono.
Siamo, però, in un campo dai confini vaghi, nulla è scolpito sulla pietra. E questo vale anche per il sultano Erdogan che ha chiesto e ottenuto la creazione di una commissione d' inchiesta mista con i sauditi.
Un pool di funzionari è già arrivato in Turchia, oggi ci sarà la prima riunione. Non meno importante la missione ad Ankara del principe Khaled al Faisal, l' influente governatore della Mecca mandato dal re Salman per cercare di rimediare. La saggezza di un veterano contro l' arroganza di Mohammed. Gli analisti insistono nell' affermare che esistono margini di manovra, con i sauditi che possono indennizzare gli ospiti investendo in un' economia traballante affiancando i rivali del Qatar, anche loro parte di questa battaglia. Ogni cosa ha un prezzo.
La Turchia ha deciso di liberare il pastore evangelico statunitense Andrew Burson, detenuto da due anni con l' accusa di aiuto al terrorismo. Vicenda che ha inasprito il contrasto con Washington, al punto che Trump era pronto a varare nuove contromisure finanziarie.
Una via d' uscita che non cancella la crisi ma aiuta a superare un ostacolo.
2. PARTE IL BOICOTTAGGIO ALLA «DAVOS SAUDITA» MA TRUMP VUOLE PROTEGGERE GLI AFFARI
Giuseppe Sarcina per il ''Corriere della Sera''
Donald Trump assicura di «voler andare fino in fondo» sulla scomparsa del giornalista Jamal Khashoggi.
Ma gli affari con l' Arabia Saudita non si toccano. Il presidente è chiaro: «I sauditi ci compreranno armi per 110 miliardi di dollari. Che succede se cancelliamo il contratto? Semplice: le compreranno in Russia o in Cina».
L' accordo fu annunciato dallo stesso presidente americano nel maggio 2017, durante la visita a Riad. Anzi, all' epoca, Trump parlò di una vendita per 270 miliardi di dollari. In realtà, scrive il Washington Post, le cifre sarebbero gonfiate e, per ora, le aziende americane stanno lavorando solo sul sistema di difesa anti-missilistico. Valore 15 miliardi di dollari.
Tuttavia ciò che in questo momento conta di più è il segnale politico. E Donald Trump non poteva essere più esplicito. La sua cautela ha innescato l' aspra reazione di molti parlamentari. Questa volta anche il senatore repubblicano Lindsay Graham, da ultimo sempre allineato con la Casa Bianca, promette che a Capitol Hill «ci sarà l' inferno» se dovesse risultare che Khashoggi è stato ucciso per ordine del governo saudita.
Nella polemica entra tutto.
i principi carlo e william con il principe della corona saudita mohammed bin salman
Per l' occasione i media americani hanno rispolverato gli antichi rapporti d' affari dell' imprenditore Trump: i finanziamenti, la cessione di alberghi, persino di uno yacht ai principi di Riad. Il senatore del Connecticut, il democratico Richard Blumenthal ricorda di aver presentato un' interrogazione per sapere quanto abbiano incassato i Trump hotel a Washington e a New York, grazie alla costante presenza di alti dignitari sauditi.
La Casa Bianca aveva già risposto che i ricavi sarebbero finiti nelle casse federali.
Il clan Trump è fonte inesauribile di conflitti di interesse. A quelli di «The Donald», vanno aggiunte le attività immobiliari del genero-consigliere Jared Kushner, che ha consolidato l' asse personale con il principe ereditario Mohammed Bin Salman.
Ma ci sono altre tracce, anche più importanti, da seguire.
Gli intrecci economici tra i due Paesi si sono sviluppati su larga scala. C' è il petrolio, naturalmente. Ma non solo. Il fondo sovrano dell' Arabia Saudita, pilotato dal trentatreenne bin Salman, ha investito circa 100 miliardi di dollari nelle principali società della Silicon Valley e in diverse start-up.
Lo stesso principe ereditario organizza ogni anno a Riad la Future investment initiative, una conferenza soprannominata «la Davos del deserto».
L' edizione di quest' anno comincerà la prossima settimana. Parteciperà anche il ministro del Tesoro, Steven Mnuchin che ieri, in un' intervista alla Cnbc, ha confermato: «per ora non vedo ragione per cancellare l' impegno», sganciando il business dalla questione Khashoggi.
Altri invitati, però, stanno rinunciando, come Jim Yong Kim, presidente della Banca Mondiale; Bob Bakish, amministratore delegato di Viacom; Dara Khosrowshahi, amministratore delegato di Uber. New York Times, Cnn e Financial Times hanno ritirato la sponsorizzazione dell' evento. Larry Fink, numero uno del fondo BlackRock non ha ancora deciso e fa sapere di stare «seguendo da vicino la situazione».
Tutti chiedono «indagini approfondite» sul giornalista scomparso.
Nell' amministrazione i più preoccupati sono i generali del Pentagono. Il rapporto militare con l' Arabia Saudita è naturalmente cruciale per la stabilità nel Medio Oriente. George W.
Bush decise di ritirare il grosso del contingente americano nel 2003, lasciando solo alcuni centri di addestramento. Negli anni, grazie alla tecnologia e al training Usa, l' Arabia Saudita ha messo in piedi un esercito con 75 mila soldati più altri 100 mila della Guardia nazionale alle dirette dipendenze del Re.
Le ambizioni regionali dei sauditi sono evidenti. Dall' intervento in Yemen ai raid anti-Iran in Siria. Finora sempre nel solco della politica estera americana. E così deve continuare, dicono al Pentagono.