1. IGNAZIO MARINO, SINDACO DELLA CAPITALE PER MANCANZA DI PROVE, HA IL FUTURO SEGNATO. RENZI NON LO VUOLE TRA I PIEDI NEL 2016, QUANDO SI VOTERÀ A MILANO, NAPOLI E TORINO – ECCO ALLORA LA NUOVA STRATEGIA: BUTTARSI SEMPRE PIÙ A SINISTRA, ORGANIZZARE MANIFESTAZIONI DI PIAZZA, DIPINGERSI COME UNA VITTIMA DEI SOLITI, MISTERIOSI, POTERI FORTI – INSOMMA, SOTTO-MARINO CREDE DI ESSERE LO TSIPRAS DE’ NOANTRI
ignazio marino alla festa di sel
Di Hawkeye per Dagospia
Ma fin dove vuole arrivare il Sindaco-marziano Marino? Non sarà che ha deciso di copiare, in piccolo, la linea oltranzista e populista di Tsipras ad Atene, ovvero del Primo Ministro che litiga con tutta l’Europa, non prende nessuna decisione di governo, e vellica gli istinti e le frustrazioni della piazza greca?
Anche i sassi hanno capito che Renzi non vuole saperne di lui: non gli darà nessun incarico e neppure un centesimo per il Giubileo; è ultra-circospetto sulla candidatura di Roma per le Olimpiadi (se ci sarà ancora Marino in Campidoglio, considera la causa persa in partenza); se ne vuole sbarazzare politicamente, perché le elezioni amministrative del 2016 (le ultime prima del voto politico) il Premier-Segretario non se le vuole giocare sotto l’ipoteca dell’effetto disastroso del malgoverno della Capitale.
Dunque, tutto è rimesso alla relazione che il prefetto Gabrielli dovrebbe consegnare al Governo attorno al 10 Luglio, sulle infiltrazioni di Mafia Capitale nell’Amministrazione romana, con le inevitabili conseguenze: se emergesse che la città ha vissuto anche negli ultimi due anni con un’Amministrazione incapace di governare (questo lo sanno tutti, a Roma), ma anche di contrastare un sistema di infiltrazione criminale, piccola e grande corruzione attraverso specifici fatti amministrativi, non ci sarebbe salvezza per Marino.
Altrimenti, quelle centinaia di pagine sarebbero il più formidabile trampolino di lancio per la campagna elettorale contro il PD, da Milano a tutto il resto d’Italia dove si vota per i Sindaci.
Questo Marino lo sa bene. E poiché non è assolutamente in grado di riprendere il controllo della guida della città (ristretto nella sua piccola cerchia di fedelissimi, boicottato dal Governo centrale, con rapporti gelidi con la Regione guidata da Zingaretti), ha preso una drastica svolta a sinistra. Polemiche verso il Governo, insulti verso l’opposizione di destra, polemiche verso i predecessori Rutelli e Veltroni, specie di allusive minacce verso il PD romano. Perché cacciarsi da solo in un imbuto senza uscita?
Secondo alcuni bene informati, Marino sta preparando un’exit strategy. Sa che non ce la farà. Vuole diventare – lui giovane cocco di vari Cardinali - una specie di icona della sinistra radicale che adora gli slogan giustizialisti, i richiami ai matrimoni gay, i complotti dei ‘poteri forti’.
Un buon Sindaco, non lo diventerà mai. Ma un martire della deriva governativa del PD, perché non provarci? Uscito di scena Vendola, questo posto non può essere coperto da un sindacalista come Landini. Del resto, Marino ci aveva già provato a rappresentare l’ala sinistra– prendendo una bella sberla da Bersani e Franceschini – nelle Primarie del PD del 2009.
Ora, oltretutto, ha un buon esempio ad Atene da seguire. In piccolo, cerca di assomigliare a Tsipras. Come lui, è asserragliato nel fortino di un gruppetto impermeabile di collaboratori (in comune, hanno la totale mancanza di qualsiasi esperienza di governo). Come lui, cerca di aizzare le truppe fedeli contro “i creditori” (nel suo caso, non è il Fondo Monetario, ma il Patto di Stabilità, che ha chiesto di sforare, ottenendo in cambio le dimissioni dell’assessore Improta e quelle, probabili, dell’assessore al Bilancio Scozzese).
Visto il successo tv delle manifestazioni di Syriza anti-Merkel a Piazza Syntagma ad Atene, ha chiesto ai suoi consiglieri e assessori di organizzargli una manifestazione pro-Marino in Piazza del Campidoglio (rumorosa, con alcune centinaia di persone).
Tutta comunicazione, nel tentativo di recuperare a parole un’immagine di cavaliere contro i mulini a vento. Fiero di nominare alla guida dell’Auditorium (la più complessa macchina di cultura italiana) un signore spagnolo che non parla italiano e non ha mai lavorato in Italia; di assistere alle dimissioni di Franco Bernabé dall’Azienda Palaexpò (uno dei maggiori manager italiani che operava a titolo gratuito e aveva cominciato a rimettere i conti a posto) facendo sapere con superbia di “non averlo mai voluto ricevere”;
di avere spezzato il monopolista della ‘monnezza’ Cerroni dopo la chiusura della discarica di Malagrotta, ma senza aver realizzato neppure un impianto nuovo (per cui la città è più sporca, e il trattamento dei rifiuti costa molto di più ai contribuenti); di avere lui per primo denunciato “lo scandalo” dei salari integrativi dei dipendenti comunali, dati a pioggia per centinaia di milioni di euro all’anno senza riconoscimento alcuno al merito (salvo dire immediatamente, dopo i rilievi del Ministero dell’Economia, che quella elargizione di Alemanno non si tocca e rimarrà, accresciuta, con la Giunta Marino).
E così all’infinito: chiacchiere, e solo distintivi di latta che lo Tsipretto del Campidoglio si appunta in petto da solo. E sempre più solo.