IL CANTERBURY DEL CIGNO - L’EX ARCIVESCOVO DELLA CHIESA INGLESE: “SIAMO SOLTANTO A UNA GENERAZIONE DALL’ESTINZIONE”

Giulio Meotti per "Il Foglio"

"La chiesa d'Inghilterra è soltanto a una generazione dall'estinzione". Lo ha detto l'ex arcivescovo di Canterbury, Lord Carey, intervenuto al grande sinodo della chiesa d'Inghilterra. "Dovremmo vergognarci di noi stessi", ha incalzato Carey, "nell'aria vi è un senso di sconfitta".

Sempre Lord Carey: "Così tante persone non vedono la chiesa come un luogo dove succedono grandi cose. Sedersi in una chiesa fredda guardando la nuca di altre persone non è sicuramente il posto migliore per incontrare persone interessanti e sentire parole profetiche".

Come ha denunciato Carey, la Church of England muore, perde fedeli, chiude le sue chiese, abbandona gli spazi pubblici, e nel giro di un decennio sarà consegnata nell'insignificanza. "2030: l'anno in cui l'Inghilterra ha smesso di essere una nazione cristiana", ha titolato il quotidiano Daily Mail.

L'ex arcivescovo di Canterbury, Lord Carey, ha detto che è necessaria una nuova evangelizzazione, "tutto il resto è come riorganizzare dei mobili quando la casa va in fiamme". Anche il reverendo John Sentamu, uno dei candidati a succedere a Williams, ha detto che i leader anglicani hanno speso troppo tempo "a discutere su parole e frasi, mentre il popolo d'Inghilterra veniva lasciato all'ansia e alla disperazione".

"Dovremmo vergognarci di noi stessi", ha incalzato Carey, celebre per aver detto no al matrimonio di Carlo con Camilla Parker Bowles. Il clero è in preda ad "un senso di sconfitta", ha detto Carey, mentre le congregazioni sono logorate dalla "pesantezza". "In molte parti della Gran Bretagna le chiese sono in difficoltà, alcuni sacerdoti sono diffidenti e mancano di fiducia, nell'aria vi è un senso di sconfitta": ha aggiunto l'ex arcivescovo di Canterbury secondo cui tra i fedeli non prevale l'ostilità ma l'indifferenza.

Il mese scorso uno dei più alti magistrati del paese ha portato un ulteriore colpo. Presidente della Divisione famiglia, Sir James Munby ha detto che "il nostro non è più un paese cristiano, quindi le corti devono servire una comunità multiculturale". Quando due anni fa venne eletto Justin Welby, già vescovo di Durham, per sostituire Rowan Williams, in molti parlarono di lui come dell'"ultimo arcivescovo", il manager del declino, l'amministratore delegato della fine dell'anglicanesimo.

E' l'ormai cronico conflitto fra il "centro bianco" del cristianesimo protestante, Londra, e le "province nere". Negli anni Settanta c'erano cinque milioni di anglicani in Nigeria e sedici diocesi. Oggi in quel paese ce ne sono diciotto milioni e ottanta diocesi. Nei paesi "bianchi" (Regno Unito, Canada, Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda) sono fermi a soli tre milioni. Un mero milione nel Regno Unito. "2030: l'anno in cui l'Inghilterra ha smesso di essere una nazione cristiana", ha titolato il quotidiano Daily Mail.

Come ha denunciato Carey, la Church of England muore, perde fedeli, chiude le sue chiese, abbandona gli spazi pubblici, e nel giro di un decennio sarà consegnata all'insignificanza. Al sinodo anglicano, il vescovo di Southwell e Nottingham, Paul Butler, ha dichiarato che le proiezioni fanno presupporre che la chiesa d'Inghilterra "non esisterà più" tra vent'anni. Andreas Whittam Smith, il "cassiere" della chiesa inglese, ha parlato di "bomba demografica" degli anglicani.

E l'Economist, il settimanale da sempre attento agli sconvolgimenti interni alla società inglese, riporta che nel 2020 i membri della chiesa inglese saranno appena 680 mila. Sembra inverarsi la profezia dell'arcivescovo Carey secondo cui la chiesa anglicana sarebbe diventata l'anima di "una nazione sostanzialmente atea". Segno dei tempi, la chiesa d'Inghilterra e l'associazione per i diritti dei gay Stonewall da oggi lavoreranno insieme per contrastare il "bullismo omofobico nelle scuole cristiane".

 

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