Maurizio Giannattasio per il "Corriere della Sera"
IL POLLICE VERSO DI ROBERTO FORMIGONIAmaro risveglio per il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni. La Lega, dopo aver votato contro la mozione di sfiducia depositata dal Pd, presenta il conto al Celeste. E detta le condizioni per la prosecuzione della legislatura. Condizioni talmente «improbabili» che assomigliano più a uno sfratto anticipato dalla poltrona del Pirellone. Basta sentire le parole di un deputato molto vicino a Roberto Maroni:
ROBERTO FORMIGONI«Votare la mozione di sfiducia delle opposizioni avrebbe voluto dire smentire noi stessi, perché se Formigoni fosse caduto sarebbe arrivato il commissario. Non una gran prova per le prossime elezioni. Se invece, come noi speriamo, Formigoni darà le dimissioni a settembre-ottobre, Andrea Gibelli diventerebbe presidente e questo garantirebbe una transizione corretta e pilotata politicamente». E se Formigoni non desse le dimissioni: «Il voto di ieri ha reso Formigoni ancor più dipendente dalla Lega. Se non volesse dimettersi lo aiuteremo noi a prendere questa decisione».
ROBERTO MARONI CON LA SCOPA PADANAParte il fuoco concentrico. Tocca proprio a Gibelli, vicepresidente leghista del Pirellone dettare tre condizioni per portare a termine il mandato: Formigoni deve impegnarsi per una maggiore autonomia fiscale della Lombardia rilanciando il federalismo fiscale, attuare politiche sovraregionali con Piemonte e Veneto per creare il nucleo amministrativo della Padania e soprattutto introdurre in Lombardia una moneta complementare all'euro (il «lombard», sic).
È convinto Gibelli: «Intanto non si batte nessuna moneta, perché il lombard è una moneta di carattere virtuale. E ci sono esperienze a livello europeo come il modello Nantes o i circuiti monetari regionali tedeschi che stanno introducendo modelli complementari all'euro assolutamente legali. Lo scopo è quello di sostenere l'economia grazie a una moneta anticiclica che aiuti a superare il credit crunch delle imprese e la crisi di liquidità delle famiglie». I tempi? Strettissimi.
FLAVIO TOSI MATTEO SALVINI ROBERTO MARONICi mette il carico da novanta il neosegretario della Lega in Lombardia, Matteo Salvini, che chiede a Formigoni di affrontare la questione più spinosa della sua legislatura: la sanità. «A partire dall'equilibrio di spesa tra pubblico e privato, che deve essere ritarato a favore degli ospedali pubblici». Non si accontenta il giovane segretario. Chiede al numero uno del Pirellone di fare un passo indietro da Expo: «Gli consigliamo caldamente di fare un passo indietro da commissario generale di Expo perché c'è bisogno di una persona che lavori 24 ore su 24 sull'evento. La mozione del centrosinistra? La stiamo esaminando ma può essere che addirittura ne presentiamo una nostra».
Umberto BossiTanta carne al fuoco nel paniere leghista. Perché non c'è solo la Lombardia. C'è anche la storia del simbolo. Ieri sulla pagina di Facebook di Maroni, un «amico» posta un simbolo del Carroccio con Alberto da Giussano, il Leone di San Marco, ma senza la scritta Bossi. «Sono d'accordo sul togliere i nomi dal simbolo - replica Maroni - ma aggiungerei sotto il guerriero la parola Padania». Dopo qualche minuto ricompare il simbolo con la parola Padania: «Ottimo, questo è il simbolo che adotterei per le prossime elezioni politiche - commenta l'ex ministro dell'Interno - ... ah mi raccomando il Leone di San Marco con la spada». Segno che la Lega è in guerra. «Io ho espresso la mia opinione che il simbolo non sia personalizzato - dice Maroni - ma comunque questa è la mia proposta, deciderà il Consiglio federale».
Cota tira la funeUltimo appunto. La richiesta della Lega di voto segreto sulla vicenda di Sergio De Gregorio e le accuse al Carroccio di averlo salvato dall'arresto: «Non c'è nulla di strano - chiude Maroni -. I voti leghisti erano 18, quindi non hanno fatto alcuna differenza. Si guardi da qualche altra parte».