IL POZZO DI DON PATRIZIO - UN PRETE PEDOFILO RACCONTA AI MAGISTRATI PROTAGONISTI E SEGRETI DELLA “LOBBY GAY”
Marco Lillo e Valeria Pacelli per "il Fatto Quotidiano"
C'è un'indagine della Procura di Roma che sta scuotendo la Chiesa romana. Da un mese a questa parte molti prelati sono stati sentiti a sommarie informazioni dal procuratore aggiunto Maria Monteleone, titolare della delega sui reati sessuali. Il fascicolo contiene i nomi di molti uomini di Chiesa accusati di atti sessuali su minori da parte di un loro collega: don Patrizio Poggi, un parroco che forse non ha rispettato tutti i comandamenti, a partire dal sesto, ma che conosce molto bene un passo dell'Antico Testamento: "Muoia Sansone con tutti i filistei".
Come Sansone, anche don Patrizio si è sentito umiliato. Certo, la sua colpa era molto grave: avere abusato negli anni Novanta dei ragazzini che gli erano stati affidati dai parrocchiani.
Don Patrizio però voleva rientrare nella sua Chiesa e, di fronte all'ennesimo rifiuto ricevuto dalle alte gerarchie vaticane, ha pensato bene di scuotere con la sua deposizione di accusa le colonne portanti della sua casa per vendicarsi. Il fascicolo è seguito con attenzione dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, un cattolico che guida un ufficio giudiziario a poche centinaia di metri dal Cupolone. Gli accertamenti sulle dichiarazioni sono molto scrupolosi e sono ancora in corso.
Don Patrizio Poggi, 46 anni, è diventato famoso nel 1999 quando tutti i quotidiani hanno riportato la sua condanna a 8 anni di reclusione per atti di pedofilia su alcuni minori della sua parrocchia. Nei gradi successivi la pena è stata ridotta a 5 anni e il sacerdote ha scontato interamente il suo debito con la giustizia.
Stufo di essere trattato da tutti come un reietto, ha chiesto ai vertici del Vaticano di essere riammesso a celebrare la messa e a dare i sacramenti come se nulla fosse. La Chiesa di Francesco non può permettersi un simile passo falso e l'ex viceparroco è stato tenuto fuori dalla porta.
Lui per tutta risposta si è ricordato di Sansone e si è presentato davanti ai Carabinieri per raccontare tutto quello che sostiene di sapere sulla pedofilia nella Chiesa di Roma, e non è poco. Don Patrizio ha raccontato di conoscere i comportamenti sessuali di un monsignore con la passione dei ragazzini che riveste un ruolo importante nella sua Diocesi e che è anche il segretario di un vescovo molto importante.
Nel racconto di Poggi non mancano i particolari sui comportamenti vietati che avrebbero coinvolto anche alti prelati e parroci legati in una sorta di lobby gay, come è stata definita da Papa Bergoglio, con in più la passione degli adolescenti. Inoltre don Patrizio ha descritto anche i canali per agganciare i giovani desiderati dai prelati. E ha indicato in particolare il nome di un soggetto che avrebbe avuto questo ruolo.
Sono accuse gravissime e tutte da provare. I Carabinieri del Nucleo investigativo di Roma guidato dal colonnello Lorenzo Sabatino hanno effettuato pedinamenti e indagini a tutto campo per riscontrare le accuse circostanziate di don Patrizio Poggi. Non tutto quello che ha raccontato l'ex viceparroco è stato verificato dagli investigatori anche se, almeno in un caso, i carabinieri hanno assistito in diretta a un incontro sospetto in una Chiesa.
Don Patrizio è una persona che non ha molto da perdere. Nel marzo del 1999 il Giudice Edoardo Landi lo ha spedito agli arresti domiciliari con l'accusa di avere abusato sessualmente di 5 ragazzini tra i 14 e i 15 anni che frequentavano la sua parrocchia, San Filippo Neri, al confine tra Boccea e Primavalle.
Al cronista del Fatto che ha chiesto di lui ieri, i suoi ex parrocchiani hanno risposto: "non sappiamo più nulla di lui". Un signore anziano che collabora con tutti i parroci da decenni ha aggiunto con una smorfia in volto: "Si è comportato male con mio figlio e se mi passasse davanti lo metterei sotto con la mia automobile".
La polizia era partita dalla segnalazione di un obiettore di coscienza che era stato inviato a compiere il suo servizio civile nella parrocchia di San Filippo Neri. Stimolati dal giovane che aveva colto i segnali di malessere nei ragazzi, i genitori avevano posto le domande giuste per poi descrivere ai poliziotti quello che avevano saputo dai figli.
L'avvocato che difendeva don Patrizio minacciò querele ed esposti per calunnia. Poi, dopo gli arresti domiciliari e la condanna, don Patrizio era stato spedito dalle gerarchie vaticane in una comunità religiosa del Nord. Prima di ricomparire in una caserma dei Carabinieri. Stavolta nella veste di accusatore.
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