Maurizio Belpietro per “Libero Quotidiano”
Nessuno si aspettava che ieri il governo cadesse sul caso Etruria. Come avevamo scritto mercoledì, la vittoria di Matteo Renzi era nei fatti, anzi nei numeri. Non fossero bastati i voti del Pd e dei suoi alleati erano pronti quelli di Denis Verdini e dei cosiddetti "tosiani", ovvero degli ex leghisti vicini al sindaco di Verona.
Tuttavia, pur immaginando l'esito della mozione di sfiducia e non attendendoci dunque alcuna sorpresa dalla seduta di Palazzo Madama, per lo meno pensavamo che il presidente del Consiglio avrebbe cercato di fornire una spiegazione plausibile di quel che è accaduto nella banca di Arezzo di cui era vicepresidente il padre del ministro Maria Elena Boschi. Al contrario, il premier si è sottratto a qualsiasi chiarimento, evitando con accuratezza di approfondire i passaggi che hanno prodotto il crac dell' istituto toscano.
La sua è stata una difesa generica dell' operato del governo, senza entrare nel merito, senza illustrare le ragioni che hanno spinto ad agire con ritardo nel commissariare la Popolare, senza spendere una sola parola sulla speculazione seguita al decreto di Palazzo Chigi, senza soprattutto fare alcun cenno al coinvolgimento di massoni e personaggi equivoci nell' operazione di salvataggio dell' Etruria.
renzi con il padre suo e di boschi e rosi di banca etruria stile amici miei
Silenzio su tutto. Renzi ha negato l' esistenza di un conflitto di interessi del governo o di alcuni suoi rappresentanti e si è detto orgoglioso del decreto che ha reso carta straccia le azioni e le obbligazioni subordinate in mano ai risparmiatori. Dopo di che si è "imboscato". La sua è stata una fuga di fronte alla richiesta di chiarezza che proveniva dall' aula del Senato. Un tentativo di sfuggire alla realtà, ignorando i passaggi chiave che hanno portato al fallimento della banca. Per il presidente del Consiglio si è parlato troppo di questo caso.
PIER LUIGI BOSCHI FLAVIO CARBONI
Invece di contare il numero di crediti concessi a persone dubbie, il premier si è preso la briga di calcolare quanti articoli siano usciti sulla stampa italiana a proposito del crac della Popolare. E invece di rendersi conto che la richiesta di chiarezza non proveniva solo da un ramo del Parlamento ma da una larga fetta dell' opinione pubblica, rappresentata dalla stampa, Renzi ha preferito credere che gli articoli - 1.889 secondo il capo del governo - fossero frutto di una strumentalizzazione preordinata.
La verità è che sostenendo la tesi dell' attacco politico, Renzi ha evitato di rispondere su alcuni passaggi chiave della vicenda. Il primo è senza dubbio la nomina dello stesso padre del ministro Boschi alla carica di vicepresidente. L' imprenditore in quel periodo era sotto inchiesta per estorsione, aveva pagato una multa per evasione dell' Iva ed era stato multato dalla Banca d' Italia per la mala gestione dell' Etruria, ma nonostante ciò fu eletto al vertice della banca.
Guarda caso dopo appena un mese dalla nomina della figlia a ministro delle Riforme. Nessuno sapeva niente delle vicende imbarazzanti di papà Boschi? Perché Bankitalia accettò che dei dirigenti appena multati avessero addirittura maggior potere in consiglio?
Secondo passaggio. Dal 4 aprile 2014, cioè da quando divenne vicepresidente, Pierluigi Boschi insieme con il nuovo presidente iniziò una girandola di incontri con Flavio Carboni e altri massoni per trovare ad Etruria un direttore e un acquirente. Nel frattempo la banca però sprofondava, tanto che negli ultimi mesi del 2014 gran parte del patrimonio fu dilapidato.
Nessuno si accorse che la banca filava dritta al fallimento? Un istituto che - come ha ricordato ieri il premier - era quotato? E le autorità di vigilanza dov' erano mentre i funzionari di Etruria sollecitavano i risparmiatori a investire sui loro titoli? Terzo passaggio.
lorenzo rosi pier luigi boschi
A fine gennaio, quando ormai la Popolare era sull'orlo del crac, il governo inserì la banca di Arezzo tra quelle da trasformare in Spa, una misura cui seguì una speculazione in Borsa che portò il titolo a guadagnare il 68 per cento. Peccato che appena dieci giorni dopo, Banca d' Italia chiese il commissariamento dell' istituto, richiesta accordata a tempo di record dal governo.
Possibile che Palazzo Chigi non fosse informato delle condizioni in cui versava l'Etruria? Si può credere che abbia fatto una riforma delle Popolari all' insaputa della Banca d' Italia? E si può immaginare che Banca d' Italia abbia taciuto all' esecutivo e al ministero dell' Economia che da almeno un anno considerava irreversibili le condizioni dell' istituto?
protesta dei risparmiatori davanti banca etruria 9
Ultimo passaggio rimasto senza risposta. A settembre, quando Etruria è già commissariata, il governo recepisce le norme europee sui fallimenti delle banche. Ma nel decreto una manina aggiunge una clausola che impedisce ai creditori di rivalersi sui vecchi amministratori, clausola che nelle norme Ue non c' è. Chi ha messo quelle paroline e perché?
Tutto ciò è rimasto senza risposta, perché Renzi ha preferito sorvolare sui passaggi più imbarazzanti della vicenda. Per tale motivo è sempre più urgente una commissione d' inchiesta parlamentare. Il premier l' aveva promessa, poi però ha preferito dedicarsi alle unioni gay, nella speranza di imboscare il caso e augurandosi che l' opinione pubblica dimenticasse. Per quanto ci riguarda sarà nostra cura evitare imboscamenti, ricordando agli italiani i lati oscuri della faccenda.
protesta dei risparmiatori davanti banca etruria 8