1. INGROIA-GRASSO, SCENDONO IN CAMPO
I VECCHI VELENI DELLA PROCURA DI PALERMO
Alfio Sciacca per il Corriere della Sera
L'uno viene indicato come possibile ministro della giustizia l'altro scende in campo addirittura per la presidenza del consiglio. Entrambi sono magistrati, entrambi siciliani, entrambi da anni in prima linea nella lotta alla mafia. Che avessero idee diverse su come contrastare Cosa nostra era noto, ma si è dovuto attendere che scendessero in politica perché il non detto e le frecciate sotto la toga diventassero scontro aperto su quel che è stato per anni il loro comune impegno antimafia.
Antonio IngroiaCol rischio, per niente remoto, che i veleni di Palermo ora si trasferiscano a Roma investendo partiti e movimenti che invece dovrebbero stare sullo stesso fronte. Con la conseguenza, ormai evidente, che la lotta alla mafia diventi un tema di campagna elettorale. E non per ribadire la necessità di un comune impegno ma solo per rivendicare che l'uno è stato più intransigente dell'altro se non addirittura per accusare l'avversario di aver ceduto alle lusinghe di Berlusconi.
I PM INGROIA E DI MATTEO jpegPREMIO A BERLUSCONI - E così nei giorni della discesa in campo di Pietro Grasso e Antonio Ingroia fa un certo effetto sentire l'ex procuratore aggiunto di Palermo accusare il suo ex capo di essere si «un magistrato serio dal punto di vista professionale» ma di aver reso «dichiarazioni pubbliche sconcertanti come quella per la quale voleva dare un premio per la legalità al governo Berlusconi». Per questo, secondo Ingroia, la scelta del Pd di candidarlo è «un segnale ambiguo... solo per usare un eufemismo».
INGROIA LEOLUCA ORLANDO DI PIETRO ALLA FESTA IDV DI VASTOQuindi rincara la dose accusando il partito di Bersani di aver fatto «una politica antimafia a singhiozzo, che non ha mai avuto l'ambizione di eliminare la mafia». Se per il momento non risponde personalmente Grasso si incarica di farlo un altro ex magistrato siciliano, Anna Finocchiaro, che parla di un «attacco scomposto» nei confronti di Grasso.
ANTONIO INGROIA E MARCO TRAVAGLIO ALLA FESTA DEL FATTO jpegSegno, secondo la senatrice del Pd, di «debolezza culturale, ma anche il prodotto di anni in cui la politica è stata per molti solo uno strumento di affermazione personale, difesa dei propri interessi e a volte di mera celebrazione del proprio ego». Niente male esprimere (ma solo ora che scende in politica!) una simile opinione su un magistrato che ha condotto alcune delle più delicate inchieste di mafia come quella sulla presunta trattativa con pezzi dello Stato.
WALTER VELTRONI PIERO GRASSOCASELLIANI E GRASSIANI - Non si sono mai amati Grasso e Ingroia ma il rispetto formale fino ad oggi ha evitato lo scontro frontale. Appartengono a due diverse correnti della magistratura: al «Movimento per la giustizia» il primo e a «Magistratura democratica» il secondo. Ma le divergenze risalgono soprattutto agli anni, a cavallo del 2000, in cui Piero Grasso succede a Giancarlo Caselli alla guida della più importante procura antimafia d'Italia. Palermo si spacca in due fazioni, i cosiddetti «caselliani», tra cui Ingroia e l'attuale procuratore generale a Caltanissetta Roberto Scarpinato, e un gruppo di altri magistrati più in sintonia con Grasso, come l'attuale procuratore di Roma Giuseppe Pignatone.
PIERO GRASSO E BOCCASSINI aaa bf c e afb dbd aGENERALE SENZA ESERCITO - Tra i più accaniti oppositori di Grasso anche l'ex pm Massimo Russo, pure lui sceso in politica qualche anno fa come assessore della giunta del governatore siciliano Raffaele Lombardo. Di quella stagione rimane celebre l'accusa di Russo che definì il suo procuratore «un generale senza esercito». Alla base dei veleni di quegli anni un diverso approccio alle inchieste di mafia e soprattutto alle commistioni con politica e mondo delle imprese.
PIERO GRASSONel 2002 per una controversia sulla gestione del pentito Antonino Giuffrè Scarpinato minacciò addirittura di lasciare il pool antimafia dopo tensioni feroci al limite dello scontro fisico. «Caselliani» e «grassiani» si divisero ancora sulla gestione di molte altre inchieste e sulla circolazione delle informazioni all'interno dell'ufficio.
E infine lo fecero al momento di scegliere come procedere nei confronti dell'ex governatore Totò Cuffaro: se accusarlo di favoreggiamento o di concorso esterno in associazione mafiosa. Così fino al 2005 quando Grasso arriva a Roma per guidare la Procura nazionale antimafia.
FRANCESCO RUTELLI PIERO GRASSO - copyright PizziFALCONE E BORSELLINO - Con gli anni e la distanza fisica tra Grasso e Ingroia era quanto meno tornato il bon ton istituzionale. Ma evidentemente era solo apparenza. E dire che entrambi ispirano il loro impegno in magistratura alla comune esperienza accanto a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Grasso fu il giudice a latere che più collaborò per il maxi-processo a Cosa Nostra istruito da Falcone e Borsellino, mentre Ingroia fu uno degli allievi prediletti di Paolo Borsellino. Un'eredità e un patrimonio che ora rischia di diventare terreno di scontro in campagna elettorale. Sperando che almeno non vengano trascinati nella polemica anche i martiri della lotta alla mafia.
PIERO GRASSO2- GRASSE RISATE - GRASSO, NELLE FILE DEL PD, RIDE QUANDO GLI CHIEDONO SE USERÀ LE SUE CARTE CONTRO IL BANANA
Marco Lillo per "Il Fatto Quotidiano"
Piero Grasso ieri si è "spostato" come ha detto lui preferendo evitare la discesa in campo o la salita in politica. Accompagnato da Enrico Letta e dal candidato premier Pier Luigi Bersani, il procuratore nazionale antimafia in carica si è commosso quando ha spiegato le ragioni della sua scelta di lasciare la magistratura dopo 43 anni e candidarsi col Pd: "C'è bisogno di idee e progetti ma anche di persone che abbiano voglia di combattere per realizzarli". Poi con una frase che sembrava riferita a Silvio Berlusconi ha aggiunto: "Non ci può essere un illusionista che tira fuori dal cilindro cose che non sono realizzabili".
PIERO GRASSO PIERO GRASSO PROCURATORE ANTIMAFIAAvrebbe preferito presentare la sua candidatura dopo le primarie, ma la notizia si è diffusa prima e così ieri si è svolta una scena surreale in via Sant'Andrea delle Fratte; un corrispondente tedesco ha chiesto a Grasso: "Procuratore cosa ci dice sulle voci di rapporti tra la mafia e Silvio Berlusconi?". Lui ha glissato ma il problema dell'uso delle informazioni raccolte grazie alla carica di magistrato nella sua nuova vita resta. Dopo la conferenza stampa Grasso ha accettato di rispondere alle domande del Fatto su questo e su altri temi spinosi, come il destino delle intercettazioni di Giorgio Napolitano e Nicola Mancino. E ha confermato: "La legge dice che non possono essere distrutte senza il contraddittorio delle parti", salvo aggiungere che "ovviamente rispetto la Corte Costituzionale e il presidente e prendo atto della sentenza".
Piero Grasso e Angelino AlfanoI SEGRETI SU BERLUSCONI
Piero Grasso è stato ed è tuttora il super-procuratore che coordina le inchieste sulle stragi del 1992-'93 e sulla trattativa tra le istituzioni e i boss. In quelle indagini Marcello Dell'Utri è indagato e Silvio Berlusconi è citato in numerosi verbali e informative come il terminale ultimo dei tentativi di contatto di Cosa nostra. Quando il Fatto gli chiede se non ci possa essere un paradossale "conflitto di interesse" al contrario (della magistratura contro Berlusconi) - se cioé il Grasso politico del Pd non possa usare le informazioni raccolte dal Grasso procuratore antimafia, comprese le carte segrete che potrebbero imbarazzare il candidato premier rivale - Grasso risponde con una risata. "Ma sta scherzando? A parte che non c'è nulla. Ma se esistessero e fossero segrete, tali resteranno. Io sono sempre stato un attento custode del segreto e dal 2005 non sono più procuratore a Palermo. In secondo luogo, lei forse non ha capito con chi parla. Io non userei mai eventuali informazioni raccolte nella mia attività di magistrato su un rivale politico, per ragioni etiche".
E quella battuta a Radio24 sul premio a Berlusconi per l'attività antimafia del suo governo, oggi imbarazza il candidato del Pd? Altra risata: "Chiariamo una volta per tutte che io non ho mai detto che avrei dato un premio a Berlusconi. Sono stati quei birbanti della Zanzara. La frase l'hanno formulata loro nella domanda. Io ho risposto citando un solo provvedimento, che io avevo suggerito al ministro Alfano, sulle confische antimafia. E pensi che per quell'intervista una vecchietta davanti all'albero di Giovanni Falcone mi è venuta incontro dicendo: ‘ma dottore Grasso picché ci dette stu premiu a Berlusconi?' Mi ha intenerito".
PIERO GRASSOGrasso il 10 luglio scorso disse a ilfattoquotidiano.it che le intercettazioni di Napolitano non andavano distrutte se non davanti al gip e nel contraddittorio delle parti. Lo disse quando a sostenere la tesi contraria era solo Eugenio Scalfari su Repubblica. Al Fatto che gli chiede perché non abbia più confermato questa lettura dopo che è stato Napolitano in persona a sostenere la stessa tesi di Scalfari, il procuratore nazionale replica: "Nessuno me l'ha più chiesto. Ma non faccio nessuna retromarcia. Dissi allora che la legge prevede la distruzione delle intercettazioni nel contraddittorio delle parti e lo confermo oggi. Certo però sono un magistrato rispettoso della Corte Costituzionale e del presidente della Repubblica e prendo atto dell'interpretazione diversa data dalla Consulta".
Adesso Piero Grasso preferirebbe diventare ministro della giustizia o dell'interno? "E perché non li unifichiamo? Lo so che in Italia si ha sempre paura di dare troppo potere in mano a una persona sola ma in altri Paesi si fa così. Non lo dico ovviamente per un mio interesse a quella carica, è solo una battuta. Però sarebbe una riforma con una sua logica".
SE FOSSE SUPER-MINISTRO
E quali sarebbero le prime quattro cose da attuare secondo il ministro Grasso per lottare contro la criminalità? "La prima è l'introduzione dell'autoriciclaggio, perché consente di indagare anche sul lato patrimoniale; poi aumenterei le pene per le false fatturazioni e il falso in bilancio e allungherei la prescrizione o la sospenderei all'inizio del processo. Infine, bisogna rinforzare le norme del pacchetto anti-corruzione appena approvato. Non bisogna aumentare le pene per la corruzione perché così si rinsalda il patto tra corrotto e corruttore. Serve rompere l'accordo tra loro creando una normativa che favorisca la collaborazione. Una forma di pentitismo che preveda un beneficio di pena per chi collabora.
Poi bisogna intervenire ancora sul traffico di influenze e sulla corruzione tra privati. Mentre le norme sulle intercettazioni le lascerei così come sono. Mi sono espresso già contro i progetti dei governi Prodi e Berlusconi in materia". Grasso è d'accordo con Ingroia su un punto: la commissione di inchiesta sulle stragi e sul movente della strategia sovversiva della mafia nel 1992-'93. "Se diventassi parlamentare", spiega Grasso al Fatto, "potrei spingere per un'indagine parlamentare sulla stagione delle stragi del 1992 e 1993, proposta anche da Ingroia. Mi sembra una buona idea e già Gabriele Chelazzi, in una celebre audizione poco prima di morire alla commissione antimafia, lo propose"