1-PAOLETTO, DA CINECITTÀ AI LIBRI SULL'ESOTERISMO "ERA SUGGESTIONABILE"
Giacomo Galeazzi per La Stampa
La nuova vita di «Paoletto» è già delineata nei toni felpati che la Santa Sede gli riserva nel giorno in cui lo condanna. Vatileaks ha scatenato uno scandalo senza precedenti che ha pesantemente danneggiato il governo centrale della Chiesa però l'ex aiutante di camera di Benedetto XVI continuerà ad essere cittadino e dipendente della Santa Sede, ad abitare in Curia e proseguire nello stesso ovattato angolo di Curia la sua esistenza familiare prescandalo con la moglie Manuela Citti e i suoi tre figli.
PAPA E PAOLO GABRIELEPAOLO GABRIELE IN AULADunque si sorvolerà sul giuramento di riservatezza tradito e pragmaticamente si cercherà di spegnere le luci della ribalta tenendo sottocchio un potenziale, esplosivo «testimonial» di inchieste mediatiche sui segreti d'Oltretevere. Il processo al maggiordomo infedele è durato appena una settimana, la condanna a 18 mesi è sorprendentemente mite ma lo scandalo-Vatileaks non termina con la sentenza del tribunale. Sono imminenti, infatti, la grazia papale, la pubblicazione della relazione cardinalizia e nuove indagini sui possibili complici del «corvo».
Paolo Gabriele era impassibile ieri in aula e alla fine ha sorriso. Non ricorrerà in appello, verrà graziato dal Pontefice, non sarà licenziato bensì trasferito in un ufficio defilato. In Curia sanno che solo una minima parte dei documenti da lui trafugati sono finiti nel libro «Sua Santità» di Gianluigi Nuzzi e che tra gli 82 cartoni sequestrati a casa Gabriele ci sono carte privatissime di Joseph Ratzinger (incluse comunicazioni familiari e notizie sulla salute), comunicazioni cifrate con le nunziature, documenti coperti da Segreto di Stato.
nuzzi e lernerIeri sono spuntati i nomi di due sacerdoti legati al «corvo»: don Giovanni Luzi e l'assistente spirituale dell'Università don Paolo Morocutti, entrambi appartenenti alla comunità «Madre del buon pastore» di Palestrina. È don Luzi il «padre spirituale» che ha ricevuto e, secondo quanto sostiene, bruciato le carte segrete ricevute in copia dal corvo.
Gianluigi Nuzzi cover Sua SantitàNella seconda udienza ad essere annoverati tra i «confidenti» erano stati i cardinali Angelo Comastri e Paolo Sardi, il vescovo Francesco Cavina e la governante di Ratzinger, Ingrid Stampa, oltre a un funzionario della Segreteria di Stato, addetto al Protocollo, Mauriello («a conoscenza di molte cose sulla Gendarmeria») e Luca Catano dell'associazione San Pietro e Paolo, ben informato sulle cause dell'allontanamento del cappellano dei gendarmi, Viviani. Catano sarebbe stato erroneamente qualificato come magistrato della direzione antimafia.
CARDINALE PAOLO SARDI«Paoletto», che ha alle spalle un passato da comparsa a Cinecittà, ha deciso di non puntare sulla perizia psichiatrica che asseriva la sua incapacità di intendere. Dall'indagine istruttoria «manca la prova di correità e complicità» del maggiordomo Paolo Gabriele nel furto qualificato di carte riservate del Papa, ha evidenziato il pm Nicola Picardi nella sua requisitoria. Picardi ha precisato di essersi domandato se il maggiordomo sia stato aiutato o eccitato da qualcuno e di aver convenuto, alla fine, con le conclusioni a cui è giunta la perizia psichiatrica d'ufficio svolta da Roberto Tatarelli. Che, cioè, Gabriele era «facilmente suggestionabile».
«Nessuno in Vaticano sapeva dell'esistenza del suo archivio, che meriterebbe di essere regalato ad una biblioteca per la vastità e la particolarità degli interessi», ha commentato ironicamente il pm riferendosi alla valanga di documenti su massoneria, servizi segreti, esoterismo.
La difesa del maggiordomo ha dichiarato l'inutilità ai fini processuali della seconda perizia psichiatrica, quella richiesta allo psicologo Cantelmi. Perizia che, a differenza di quella rimasta agli atti del processo, asseriva l'incapacità di intendere. Misteri. Gabriele dice di aver contattato Nuzzi sul Web. Il giornalista scrive, invece, nel suo libro-choc che fu un amico a presentarli.
Angelo Comastri2-MOGAVERO: LA PENA È INADEGUATA, FRUTTO DI LEGGI OBSOLETE
Giacomo Galeazzi per La Stampa
Vescovo Domenico Mogavero, da canonista come valuta questa sentenza?
«Sono sorpreso dalla sua mitezza. Un anno e mezzo è una pena sicuramente inadeguata ad un reato gravissimo. Però c'è un aspetto tecnico di cui bisogna tenere conto. Il processo all'ex maggiordomo ha seguito le regole del Codice Zanardelli, adottato dall'Italia nel 1889, sostituito con il Codice Rocco nel 1930, ma che in Vaticano è ancora in vigore. Paolo Gabriele non era un qualunque dipendente della Santa Sede, era il laico più vicino a Benedetto XVI. Contro ogni logica è stato proprio lui a violare la vita privata del Papa e ciò configura una fattispecie penale di grande rilevanza, difficilmente equiparabile ad altre».
Il Tribunale vaticano è stato troppo clemente?
«Conosco bene i giudici Dalla Torre e Marano. Li stimo per la loro onestà e preparazione, però qui c'è un problema nell'ordinamento giuridico della Città del Vaticano che negli anni non è stato aggiornato in maniera sufficiente. Il Codice Zanardelli è fuori dalla sensibilità attuale, non rispecchia la vita di oggi».
Quali sono le lacune?
«Per esempio manca la tutela della privacy: è un ordinamento che nasce dalla mentalità di un altro secolo. In quell'epoca erano diversissime le esigenze e le questioni poste dalla società, quindi il collegio giudicante si è trovato ad affrontare un caso spinosissimo con strumenti non consoni. Ha cercato di applicare la legge a garanzia di tutti e della giustizia. Da giurista comprendo le difficoltà incontrate, però il risultato è carente».
Giustizia è fatta oppure è un sentenza «politica»?
«Il tradimento da parte di una persona così vicina al Santo Padre è un fatto eccezionale e sconvolgente. Tanti fedeli mi chiedono come sia potuto accadere. Ritengo che si dovesse approfondire di più il contesto per fare maggior luce sul quadro e le circostanze nelle quali si inserisce una condotta così clamorosamente fuori dalla visione del legislatore di un secolo e mezzo fa. Poi rimangono zone d'ombra.
Ancora adesso non è chiaro il movente della condotta di Gabriele. Il Papa avrebbe potuto concedere la grazia in qualsiasi momento, ma opportunamente è voluto andare fino in fondo alla vicenda. È giusto che un atto di clemenza giunga solo a conclusione del dibattimento. Mi chiedo se davvero Vatileaks sia opera di un solo uomo. C'è un altro imputato da processare: l'informatico. E nuove indagini da fare».