1. VELINE DAL GOLFO FANNO SPIN PER UN INTERVENTO DELL’ITALIA IN LIBIA
Daniele Raineri per “il Foglio”
Domenica il sito della tv saudita al Arabiya ha pubblicato un editoriale che riguarda l’Italia e la Francia e il ruolo che potrebbero avere in Libia. La televisione satellitare può essere considerata la voce ufficiale del regno di Riad e quel pezzo d’opinione assomiglia molto a una proiezione delle aspettative dei paesi del Golfo sull’Italia e sulla guerra che sta spaccando in due (o in dieci, o in cento) pezzi la Libia.
Il punto centrale è la visita della settimana scorsa a Roma del presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, che ha parlato con il premier italiano Matteo Renzi di economia e di commercio, ma anche e soprattutto di sicurezza. L’Egitto in questo momento è un membro fidato della nuova alleanza militare araba che si sta costruendo attorno ai regni sunniti del Golfo, capaci di larghi finanziamenti alla loro politica di sicurezza grazie alle risorse naturali.
Gli aerei stranieri che stanno bombardando – forse anche ieri – le milizie libiche dell’Alba (un blocco misto, formato da islamisti ma non solo) appartengono agli Emirati arabi uniti e decollano da piste egiziane appena al di là del confine con la Libia. “Grazie a uno sforzo combinato – si legge ora su al Arabiya – Egitto, Italia e Francia potrebbero spazzare via le milizie dell’Alba, i loro sostenitori della Fratellanza musulmana e lo Stato islamico a Derna (una città sulla costa, ndr) che non soltanto ha già dichiarato baya’a, il giuramento di fedeltà, al Califfato islamico ma ora tenta di formare il Wilayat di Derna”.
“Wilayat” è il nome (da Impero ottomano) che il gruppo di Al Baghdadi dà a ogni nuova regione che conquista. Ci sono già il Wilayat di Raqqa, di Mosul, e così via. Ma adesso “si sta sviluppando una nuova relationship di sicurezza per proteggere il litorale mediterraneo tra sud Europa e nord Africa, appoggiata dal Gcc, il Gulf cooperation council”. Un ufficiale arabo non meglio specificato appare nel pezzo per dire che il Gcc è pienamente a favore delle mosse del Cairo e su Italia e Francia pensa:
“You started it, you fix it”, avete cominciato voi, ora mettete a posto la situazione, con riferimento alla campagna Nato del 2011 che depose il colonnello Muammar Gheddafi e spalancò le porte a questa violenza in Libia. Nell’editoriale di al Arabiya c’è scritto che i servizi segreti di Italia e Francia stanno già aiutando gli egiziani a trovare i bersagli per i bombardamenti in Libia, ma si tratta di un’informazione che non ha alcuna conferma (la tv saudita ha problemi di credibilità, è già successo che abbia sparato notizie poco fondate). Una fonte di altissimo livello della Farnesina nega e dice al Foglio: “I servizi segreti italiani che cercano bersagli per conto dei paesi arabi in questi combattimenti tra milizie libiche? Completamente falso”.
L’appoggio della Farnesina non scontato Quattro giorni prima dell’editoriale saudita, il quotidiano Repubblica ha pubblicato un’intervista al ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, in cui non si esclude un possibile intervento militare di peacekeeping in Libia, come ultima risorsa e con un mandato delle Nazioni Unite. Il ministro Gentiloni è restìo a inviare militari a terra, cosa che non è così scontata considerato che l’Italia dipende dalla Libia e dalle sue infrastrutture per una parte consistente delle sue forniture di energia. Gli analisti che parlano di intervento internazionale in Libia scrivono che per prima cosa andrebbero messi in sicurezza quegli impianti, che garantiscono la sopravvivenza del paese. Sisi, anche per conto dei paesi del Golfo, sta cercando di portare l’Italia dalla parte del governo di Tobruk – uno dei due governi che si contendono il controllo nominale del paese, l’altro è legato agli islamisti ed è a Tripoli. Al Arabiya dà l’appoggio per cosa già fatta: “C’è anche accordo sul fatto che per aiutare la Libia a uscire da questa fase di caos spaventoso ci sarà da fornire aiuto tecnico e intelligence alla parte di Tobruk, che rappresenta la Libia democratica”.
Quindi al primo ministro Abdullah al Thani e al generale Khalifa Haftar – che dieci giorni fa ha dato un’intervista al Corriere della Sera in cui dice che “sta combattendo le milizie islamiste per conto del mondo intero”. In realtà la Farnesina è prudente e per ora l’Italia non si è sbilanciata a favore di una parte contro l’altra (inoltre Gentiloni è stato chiaro sul fatto che non considera Fratelli musulmani, milizie e Stato islamico un tutt’uno indistinguibile). Presto, scrive infine al Arabiya, l’inviato dell’Unione europea per l’antiterrorismo arriverà al Cairo per decidere come coordinare governo libico di Tobruk, Italia, Francia e Egitto “e sconfiggere le milizie libiche e lo Stato islamico”. Twitter @DanieleRaineri
2. L’ISIS SI ALLARGA ALLA LIBIA: Lì ADDESTRANO 200 JiHADISTI
Non solo Irak e Siria. L'Isis guarda ora alla Libia. «Ha iniziato i suoi sforzi» per insediarsi nell'Est del Paese, «per collocare laggiù delle sue persone», ha installato «da quelle parti dei campi di addestramento».
Ad affermarlo è una delle fonti militari americane più autorevoli, il generale a quattro stelle David Rodriguez, capo dell'Africa Command. Al momento, si tratta di un progetto «piccolo», ancora nella fase «iniziale», con «circa duecento» militanti, ma gli Usa continueranno «a monitorare e osservare con attenzione» le cose, «per vedere in futuro cosa succede e se continuerà a crescere», ha detto il generale parlando al Pentagono.
Non è la prima volta volta che si parla della presenza dell'Isis in Libia, dove regna il caos sin dalla caduta del regime di Muammar Gheddafi, nel 2011. Le dichiarazioni del generale Rodriguez sono però più dettagliate di quanto emerso finora e fanno seguito a una serie di segnali inquietanti. Tra cui un recente messaggio audio in cui il «califfo» dello Stato islamico Abu Bakr al Baghdadi, esprimeva apprezzamento per l'impegno di fedeltà rivoltogli dai gruppi radicali islamici in Egitto, Arabia Saudita, Algeria, Yemen e appunto Libia.
jet dell aeronautica libica abbattuto dai miliziani esplosioni a tripoli
Tra questi gruppi c'è in particolare Ansar al Sharia, che è fortemente radicato nelle città libiche di Bengasi e Derna - proclamate «Califfato» - ed è sospettato di numerosi attacchi terroristici di alto profilo, tra cui l'assalto del consolato degli Stati Uniti a Bengasi dell'11 settembre 2012. A una domanda sulla natura dei campi, il generale Rodriguez ha affermato che si tratta «principalmente di gente che è li per addestramento e sostegno logistico», e «al momento non abbiamo visto una grande rete di comando e controllo». Di recente, anche la Cnn, citando fonti libiche, aveva parlato di campi di addestramento dell'Isis in Libia. una mezza dozzina, sulle Montagne Verdi o alle porte di Derna, dove, secondo le fonti ci sarebbero circa 800 jihadisti.