LETTA DURA, IL BANANA NON FA PAURA – ‘’COSA DOVREMMO FARE? INTERVENIRE NEI PROCESSI DI BERLUSCONI? MA NON ESISTE’’
Goffredo De Marchis per "la Repubblica"
«Cosa dovremmo fare? Intervenire nei processi di Berlusconi? Ma non esiste, non ci penso proprio». Enrico Letta sgombra il campo del suo governo dal tema giustizia piegato alle esigenze del Cavaliere. Verranno altri procedimenti giudiziari, altre requisitorie o rinvii a giudizio per il leader del Pdl. L'esecutivo se ne terrà alla larga evitando riforme strumentali e, ovviamente, leggi ad personam. La risposta secca in conferenza stampa spiega con efficacia lapidaria la posizione del premier: «Non commento le sentenze e i processi. Non lo ho mai fatto e non lo faccio neanche ora».
Angelino Alfano gli siede accanto e non batte ciglio. Il silenzio del vicepremier conferma il clima positivo nell'Abbazia stabilito dopo la mezza crisi del giorno prima. Nessun ministro del centrodestra ha posto il problema di un intervento governativo nelle vicende giudiziarie del Cavaliere. Nessuno ha tirato per la giacca il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri che è stata, anzi, la più silenziosa della compagnia. Salvata anche da una speciale regola d'ingaggio che ha escluso i titolari di Giustizia, Interno, Difesa ed Esteri da una relazione sul loro lavoro.
Pericolo scampato? Non del tutto, anche se Letta è fiducioso: i dibattimenti e le inchieste non interferiranno nell'attività di governo. Ma l'ex presidente del Senato Renato Schifani, al Corriere della Sera, è tornato a chiedere una riforma della giustizia. Un segnale d'allarme piuttosto evidente. Berlusconi distingue la sua persona dall'esecutivo, però è nervoso. E non fa finta di niente. Quello di Schifani è dunque un sasso gettato nello stagno, un messaggio che si può facilmente far risalire ad Arcore.
Dopo la lite nel pulmino, Alfano ha riunito la delegazione del Pdl prima di entrare nell'Abbazia. Gli altri ministri si sono seduti intorno al tavolo con una certa preoccupazione perché la faccia di Letta e Franceschini non prometteva niente di buono. Il vicepremier ha spiegato la situazione ai colleghi. Ha illustrato lo stop sulle presenze televisive e nei comizi, ottenendo il sì da tutti.
Però a Letta qualche ministro Pdl ha ricordato i termini dell'impegno al governo: «Tu ci vuoi rendere troppo tecnici. Noi non lo siamo e non vogliamo esserlo. Perciò devi sapere che, messi alle strette, tra il governo e il partito scegliamo il partito. E tra te e Berlusconi, scegliamo Berlusconi». Più chiaro di così.
Molto dipende dalla tenuta del Cavaliere di fronte all'incalzare dei suoi iter giudiziari. Perché nessun salvacondotto potrà essere immaginato e varato dall'esecutivo delle larghe intese. In sostanza, il divieto di partecipazione ai talk show (in veste di politici)
sembra toccare proprio la possibile escalation giudiziaria del Cavaliere.
Se ciascuno può parlare soltanto delle materie del proprio dicastero si dovrebbero evitare le tele-risse sui processi del Cavaliere. Proprio dal Pdl, consapevole che la "museruola" riguarda soprattutto loro, è venuta la richiesta (accolta dal premier) di fare lo stesso "discorsetto" comportamentale ai viceministri e ai sottosegretari. Perché se i ministri del Pd sono poco politicizzati, gli uomini e le donne democratiche nei posti di sottogoverno lo sono molto più di quelli del Pdl.
Il bavaglio sulla giustizia deve funzionare soprattutto nei primi cento giorni. Sono quelli decisivi per giudicare il governo alla prova dei fatti secondo le priorità indicate da Letta ieri. Il premier vuole che in questo periodo il protagonista assoluto diventi il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni.
E il vero risultato dello "spogliatoio" è che il successore di Tremonti e Grilli ha conquistato tutti. Con la simpatia e con la promessa di coinvolgere i ministri in ogni decisione «fatto salvo il rigore dei conti». Per chi conosceva la distanza e la freddezza dei suoi predecessori, da amministratore locale o da collega di partito, è stata una felice novità .






