MA SIAMO UOMINI O FORESTALI? - NEL CORPO CI SONO 8 MILA AGENTI, CON UN COSTO DI MEZZO MILIARDO ALL’ANNO - E LA MOLTIPLICAZIONI DELLE FUNZIONI HA PORTATO ANCHE AL BOOM DEI DIRIGENTI
Francesco Grignetti per “la Stampa”
La grande partita sul futuro della Forestale è cominciata. Dopo che nei giorni scorsi il ministro Marianna Madia ha ribadito che per il governo è opportuno ridurre il numero delle polizie in Italia, il tema è diventato caldissimo. Molti sindacati, tipo l'Ugl, si sono indignati. Altri no. Il sindacato autonomo Sapaf, ad esempio, ha appena inviato una lettera alla presidente Anna Finocchiaro, chiedendo un incontro in commissione Affari Costituzionali del Senato.
«A noi - sostiene il segretario del Sapaf, Marco Moroni - interessa mantenere le capacità investigative. Vogliamo integrarci con le altre polizie forestali esistenti e diventare una vera polizia ambientale e agroalimentare. Il resto non ci interessa, né il colore della casacca né le poltrone. Se queste capacità venissero esaltate confluendo nella polizia di Stato, va bene ugualmente purché non si disperdano le professionalità: penso alle indagini sui piromani, o gli ecoreati, o la tutela delle specie protette».
È più o meno lo stesso ragionamento della senatrice Leana Pignedoli, Pd, vicepresidente della commissione Agricoltura, dove oggi si voterà un parere favorevole al ddl Madia, ma condizionato al mantenimento di una seria polizia ambientale. «Occorre - dice la senatrice - un duro lavoro di “smontaggio” e riallocazione di risorse da utilizzi improduttivi. Ma i progetti di riordino non possono non prevedere un corpo dedicato all’agroambientale fortemente connesso al ministero dell’Agricoltura».
Pignedoli piuttosto è perplessa per le sovrapposizioni tra Corpo Forestale e nuclei carabinieri, come il Noe inserito dentro il ministero dell’Ambiente e Nac nel ministero Agricoltura. «C’è da riflettere».
Il lavoro di «smontaggio» che viene richiesto dalla commissione Agricoltura merita un passo indietro: il Corpo Forestale, forte di circa 8000 agenti, costo mezzo miliardo all’anno, disperde le sue forze su innumerevoli tavoli: sono circa 1000 quelli che si occupano di “biodiversità”, ossia allevamenti (a Belluno gli equini di razza maremmana, a Castel di Sangro equini di razza persano-salernitano e bovini, a Follonica equini di razza maremmana, all’Aquila gli ovini, a Lucca la selvaggina, a Martina Franca gli equini di razza murgese, a Mongiana equini di razza araba e selvaggina, a Pescara il centro recupero rapaci, a Pieve equini di razza avelignese e bovini, a Potenza equini di razza anglo-arabo-sarda, a Siena equini da sella italiano e bovini) e 1500 quelli messi a disposizione dei parchi nazionali.
Questi gestiscono castelli, tenute, ville. C’è poi un reparto volo per lo spegnimento incendi con alcuni elicotteri e un aerotaxi. Sono in dotazione pure 2 motovedette e venti barche. E poi pesa la burocrazia interna: comando generale, ispettorato di 700 agenti, venti comandi regionali, cento comandi provinciali con annesse sale operative. Alla fine, nelle 1000 stazioni territoriali ci sono appena 2500 agenti.
La moltiplicazioni di funzioni ha portato anche alla moltiplicazione dei dirigenti. «Una riduzione sarebbe quanto mai auspicabile, visto che alcuni annoverano più personale per amministrare di quello operativo amministrato!», scrive il Sapaf. A Prato, per dire, ci sono 4 agenti sul territorio e 9 a dirigerli.
Piuttosto che lasciare, però, il capo del Corpo, Cesare Patrone, ha rilanciato: la sua proposta al Senato, pochi giorni fa, è di raddoppiare la Forestale, incorporando le polizie provinciali che sono rimaste allo sbando, i sei Corpi Forestali regionali (esistono in Sardegna, Sicilia, Val d’Aosta, Friuli, Trento e Bolzano), più l’Ispettorato antifrodi del ministero dell’Agricoltura. Sono circa 6500 agenti che potrebbero confluire nella Forestale.
Il contropiano prevede «direzione delle operazioni di spegnimento degli incendi boschivi», «attività ricognitiva del territorio», «aggiornamento della relativa mappatura ed individuazione delle aree ad elevato rischio idrogeologico», «direzione tecnica delle aree naturali protette nazionali».