MARÒ, CHE PASTICCIO – AUTOCRITICA DI RENZI: “COMPIUTI ERRORI GROSSOLANI”, SOLUZIONE DIPLOMATICA IN SALITA - PALAZZO CHIGI: “L’INDIA DOVREBBE SCUSARSI PER AVER TRATTENUTO I NOSTRI DUE MILITARI PER 3 ANNI SENZA NESSUN CAPO DI IMPUTAZIONE”
NAPOLITANO RENZI Salvatore Girone Massimiliano Latorre
Francesco Grignetti per “la Stampa”
«Un incredibile pasticcio combinato per errori grossolani». È scorato il commento di Matteo Renzi, alle prese con il caso dei marò trattenuti in India. Il suo governo se ne occupa da dieci mesi. Nel frattempo il premier ha sperimentato sulla sua pelle l’altalena di speranze e disillusioni che punteggiano un «affaire» apparentemente infinito.
Non più tardi di 48 ore fa, il Presidente della Repubblica si era sfogato per le «sordità» dell’India. E ieri mattina il presidente del Consiglio ne ha parlato al Quirinale con il Capo dello Stato, avvertendo che «per la prima volta in tre anni il governo indiano ha espresso il desiderio di una soluzione condivisa con il governo italiano: il mio governo è assolutamente impegnato a corrispondere a questo impegno per una soluzione condivisa».
Ma questo non significa facile ottimismo. Anzi. «Tutto quello che dobbiamo dire lo abbiamo già detto. Ora è il momento di non aprire la bocca», scandisce Renzi ai microfoni di Rtl.
Sono stati tre anni di docce fredde. L’ultima è la Corte suprema indiana che ha negato la «licenza natalizia» a Salvatore Girone e un’estensione della convalescenza a Massimiliano Latorre. Eppure in Italia qualcuno si era illuso, anche ai piani alti dell’Esecutivo, che la giustizia indiana stavolta avrebbe dato una risposta diversa. Così non è stato. Ed è stato un duro risveglio innanzitutto per Renzi, che aveva avuto ben diverse informazioni, e nutriva fondate speranze di chiudere il 2014 con un clamoroso successo diplomatico.
Il premier all’epoca aveva motivo di essere ottimista. Molti canali erano stati aperti silenziosamente tra Italia e India. Non solo quelli giudiziari, ma anche diplomatici e politici. Né era mancato un mandato esplorativo per i nostri servizi segreti. Una classica operazione di «diplomazia parallela» per sondare gli interlocutori a livello di intelligence. Pare che il direttore dei nostri servizi, l’ambasciatore Gianfranco Massolo, avesse più di un dubbio sul risultato finale, ma dato che il governo chiedeva, anche quel tipo di contatti erano stati avviati.
narendra modi xi jinping con la moglie
salvatore girone Massimiliano Latorre
Nel tempo si sono affacciati in India il sottosegretario ai servizi, Marco Minniti, e il responsabile dell’Aise, il generale Alberto Manenti. E a un certo punto è sembrato davvero che quanto non riusciva alla diplomazia ufficiale sarebbe riuscito alla diplomazia parallela. Errore. Se il vecchio governo indiano si era dimostrato risoluto nel negare ogni spazio di trattativa in quanto Sonia Gandhi aveva da scontare il peccato originario della sua nascita in Italia, il nuovo governo di New Delhi, guidato dal nazionalista Narendra Modi, aveva ancora più motivi di prima per essere irremovibile. Questione di coerenza. Modi ha vinto le elezioni anche grazie al caso Marò, infiammando le folle contro l’arroganza occidentale. Non poteva certo cedere di schianto.
Di questa ipersensibilità di New Delhi c’erano tracce anche sui giornali locali di ieri. Secondo indiscrezioni, l’Italia avrebbe proposto una soluzione all’italiana: scuse formali all’India e ricco risarcimento alle famiglie in cambio di un perdono giudiziale. È davvero questa la proposta all’esame del governo Modi? «Assolutamente no - affermano fonti di palazzo Chigi - . Semmai dovrebbe essere l’India a chiedere scusa per aver trattenuto i due militari italiani per tre anni in India senza nessun capo di imputazione. L’italia, sottolineano le stessi fonti, è un Paese che si vuole ancora bene, ricco di storia, cultura e dignità».