Giuseppe Salvaggiulo per "La Stampa"
IGNAZIO MARINO VOTA ALLE PRIMARIEOggi va in scena il primo duello della campagna elettorale per il sindaco di Roma. La sede è insolita ma molto significativa: l'assemblea dei soci di Acea, supermunicipalizzata che gestisce acqua ed energia, controllata dal Comune al 51% (principali azionisti privati i francesi di GDF Suez e Caltagirone) con 3,6 miliardi di euro di fatturato. Formidabile centro di potere politico e finanziario e cuore del «sistema Roma».
Francesco Gaetano CaltagironeIl che spiega perché, tra i soci che chiederanno di parlare, ci dovrebbe essere Beppe Grillo. Per lui ormai si tratta di un'abitudine, da Telecom a Montepaschi: partecipare alle assemblee delle società per contestare la casta politico-finanziaria. Ma questa volta la platea gli sarà contesa da un altro politico, Ignazio Marino.
Il candidato sindaco del Pd ha comprato azioni Acea nelle scorse settimane e qualche giorno fa, dopo aver stravinto le primarie, si è precipitato in banca per mettere a posto i documenti e poter partecipare all'assemblea.
Nuovo Logo AceaPoi ha incaricato i suoi consulenti legali di studiare le questioni societarie per mettere a punto un intervento circostanziato ma anche politicamente «pepato». Due i punti di attacco: l'inopportunità che Alemanno, sebbene in scadenza, rinnovi i vertici aziendali; l'abnormità dei compensi degli amministratori, superiori a quelli di un parlamentare grazie ai gettoni di presenza, per i quali proporrà di stabilire un tetto.
Il blitz ha rilevanti significati politici e tratteggia il profilo che Marino intende dare alla campagna elettorale. È la prima volta che un esponente del Pd partecipa in questo modo, appunto «grillino», all'assemblea di una di quelle società pubbliche che rappresentano un nodo scoperto del Pd. Tanto più a Roma, dove il partito è stato accusato negli ultimi anni di «consociativismo» con Alemanno.
Massimo DalemaOggi Marino affermerà la sua discontinuità. E forse non è un caso se a ridosso delle primarie la polemica più dura l'abbia ingaggiata con Andrea Peruzy, uomo di fiducia di D'Alema e consigliere di amministrazione dell'Acea in quota Pd a 140 mila euro l'anno, che Alemanno vuole confermare.
Nel Pd, qualcuno già storce il naso per il Marino-grillino, ma l'interessato non se ne cura, rivendicando la sua «moderazione» ma anche la «naturale inclinazione» a rompere gli schemi delle nomenclature di partito «senza bisogno di imitare Grillo». Così come non teme gli anatemi sulla identità di «candidato troppo di sinistra». Da questo punto di vista, gli è venuto incontro Umberto Croppi, ex assessore con Alemanno, che ha definito «seria» la sua candidatura e «forzata» la definizione di «estrema sinistra».
ENRICO LETTA ANDREA PERUZY - copyright PizziNel rapporto con il Pd, Marino non intende rinunciare all'autonomia. Il suo vero interlocutore è il governatore Nicola Zingaretti, che gli ha messo a disposizione la sua macchina elettorale. Anche Goffredo Bettini, che l'ha incoraggiato e sostenuto, gli ha consigliato pubblicamente di «ascoltare tutti e decidere da solo», valorizzando la sua natura di irregolare», vincente alle primarie.
Andrea Peruzy Giuliano Amato Massimo D AlemaCosa che Marino intende fare. Quando Alemanno l'ha definito «un marziano», non si è scomposto, avallando la sua diversità. Intervistato nella trasmissione radio «Un giorno da pecora», ha elegantemente ma decisamente escluso nomine in giunta degli sconfitti Gentiloni e Sassoli, manifestando simpatia per Giorgia Meloni, donna di destra che peraltro ha ricambiato la stima.
GOFFREDO BETTINIE sebbene nel centrosinistra sia partita una gara per fare liste con il suo nome (s'è capito che il brand «tira»), e fiocchino le richieste di incontro da parte di dirigenti altolocati, il candidato sindaco glissa e pensa ad altro. Contatti a 360 gradi, molta società civile senza steccati, anche verso destra.
Di converso, raccontano che un altissimo dirigente del Pd sia andato su tutte le furie perché si è fatto negare. E un altro si sia sentito rispondere più o meno così: certo, vediamoci pure, purché risulti che ci siamo incontrati per caso in Senato.