Vincenzo Nigro per “la Repubblica”
Quando ieri mattina Paolo Gentiloni e il segretario generale della Farnesina Elisabetta Belloni si sono ritrovati per discutere della successione a Carlo Calenda alla rappresentanza italiana alla Ue, il ministro degli Esteri aveva già la soluzione in tasca. Concordata direttamente col premier Matteo Renzi: l’ambasciatore al Cairo Maurizio Massari sarà il nuovo rappresentante italiano alla Ue.
La nomina è stata veloce, poche ore dopo il trasferimento del neo-ministro Calenda a Roma. Così come rapida è stata la selezione del successore di Massari al Cairo, che sarà Giampaolo Cantini, attuale direttore generale della Cooperazione, esperto del mondo arabo, console generale a Gerusalemme dopo essere stato ambasciatore in Algeria, un paese cruciale per l’Italia.
Da un anno, come fanno sempre i diplomatici in vista della scadenza di un loro mandato all’estero, Massari aveva fatto sapere ai suoi capi al ministero che dopo il Cairo l’ambasciata di Bruxelles sarebbe stato un incarico interessante. «Dopo i faticosi 4 anni al Cairo, il fresco e la pioggia del Belgio sarebbero stati una benedizione: e questo ancora prima del caso Regeni», dice un collega di Massari.
Ma Renzi e Gentiloni hanno deciso di mandare alla Ue l’ambasciatore del caso Regeni non solo per premiare un buon diplomatico. Nei fatti capo del governo e ministro degli Esteri hanno voluto sbloccare, quasi “stappare” un incastro con il regime egiziano che ormai rischiava di diventare una partita infinita.
Dice una fonte diplomatica che al Cairo «Massari aveva messo con le spalle al muro il regime egiziano, quella notte in cui aveva scoperto il corpo di Regeni e capito immediatamente cosa era accaduto, anticipando a Roma cosa sarebbe stato il balletto di depistaggi e di dichiarazioni irresponsabili che il Cairo ha rovesciato addosso all’Italia».
Il problema è che i depistaggi e le bugie egiziane sono andate molto al di là dell’immaginabile, tanto da far decidere al governo italiano di richiamare a Roma l’ambasciatore “per consultazioni”. Consultazioni da cui sarebbe stato difficile recedere, facendo capire allo stesso Massari che per lui individualmente sarebbe stato difficilissimo riprendere a lavorare al Cairo.
Alla fine dell’anno il nome del diplomatico era già girato come possibile consigliere di Renzi a Palazzo Chigi, per cui l’uomo era perfettamente nei “radar” del premier, così come Renzi ha sempre seguito in prima persona il precipitare dei rapporti con l’Egitto per l’omicidio Regeni. Lui che era stato il primo capo di governo occidentale a volare in Egitto dopo il golpe dei militari contro il presidente islamista Mohammed Morsi del 2013.
Per cui Renzi sceglie Massari a Bruxelles conoscendolo bene, sapendo che è una buona soluzione per la rappresentanza Ue, ma sapendo anche perfettamente che era necessario sbloccare la partita con il Cairo. E qui arriva la scelta di Giampaolo Cantini: l’ultimo incarico è quello che potrebbe dare al nuovo ambasciatore italiano in Egitto alcuni strumenti adatti per costruire una nuova fase del rapporto con il Cairo, che però tenga contro dell’omicidio Regeni.
Cantini per 4 anni è stato il direttore generale della Cooperazione, ha conosciuto bene non solo il mondo della cooperazione internazionale, delle Ong, ma soprattutto il modo in cui le organizzazioni non governative affrontano temi delicati in paesi difficili come è diventato l’Egitto del presidente Al Sisi.
Ieri, parlando con i suoi collaboratori, il segretario generale della Farnesina Elisabetta Belloni ha anticipato che con Cantini al Cairo la Farnesina dovrà mettere la carte sul tavolo: «Non c’è una via giudiziaria al caso dell’omicidio di Giulio Regeni, e non c’è perché il governo egiziano non ha voluto renderla percorribile. L’unica cosa da fare è lavorare con la politica e la diplomazia».