MERKEL PUNTELLA LA GRECIA: "TUTTO PER EVITARE IL DEFAULT". MA DRAGHI HA GIÀ PREPARATO UN PIANO PER L'USCITA DI ATENE DALL'EURO - TSIPRAS TEME UN GOLPE IN CASO DI DEFAULT, E INVESTE SOLDI CHE NON HA IN ARMAMENTI PER TENERE BUONI I MILITARI
1. TSIPRAS CHIEDE TEMPO.MERKEL, TUTTO PER EVITARE DEFAULT
Chiara De Felice per l'ANSA
Il negoziato tra Europa e Grecia risale di nuovo ai 'piani alti' e la cancelliera Angela Merkel, dopo l'incontro con il premier Alexis Tsipras, rassicura: "Bisogna fare di tutto per evitare un default". Ma non fa trapelare alcun commento sulla richiesta mossa dal primo ministro ellenico, che vuole più flessibilità e più tempo, attraverso un accordo ponte entro fine aprile che consenta di sbloccare almeno una parte di aiuti in cambio di una parte di riforme. Una possibilità che già era sul tavolo, ma finora impraticabile perché secondo i tecnici europei le riforme proposte da Atene lasciano aperti troppi interrogativi, soprattutto su coperture o misure 'compensative'.
E il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ribadisce: ok agli aiuti in tranche in cambio di una "parziale" attuazione delle riforme, ma solo dopo "un accordo sull'intero piano". I greci sono ottimisti: fonti del Governo parlano di "progressi significativi", considerano un accordo possibile e precisano che con i creditori non si è mai parlato di un'ipotesi default, o di un piano 'B', né di dilazione dei rimborsi al Fmi, o uscita dall'euro. Il Governo ellenico si aspetta segnali positivi anche dall'Eurogruppo di domani a Riga.
Di diverso avviso i negoziatori delle istituzioni: "Non ci aspettiamo una svolta" all'Eurogruppo di domani poiché i progressi nei negoziati a livello tecnico "sono ancora insufficienti", ha detto il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis a Berlino, sottolineando che "non è stata fissata una scadenza" ma con tutta probabilità il negoziato proseguirà oltre la fine di aprile anche se la Grecia ha tutto l'interesse ad accelerare, vista l'emergenza di liquidità.
"Servono molti più sforzi da parte greca", ha aggiunto Dombrovskis, sostenuto anche dal commissario agli affari economici Pierre Moscovici che ha invitato Atene a "mostrare spina dorsale nello sforzo sulle riforme". Anche i partner dell'Eurogruppo riuniti a Riga torneranno a chiedere al collega Yanis Varoufakis uno sforzo maggiore sui nodi ancora aperti cioè riforma delle pensioni, del mercato del lavoro e Iva.
Ma i ministri non entreranno nel dettaglio, per cui rinvieranno di nuovo il dossier ai tecnici del Brussels Group che nelle ultime settimane hanno lavorato senza sosta ma anche senza risultati. Gli ostacoli sono ancora molti, sia di principio, cioè sul tipo di riforme che il Governo Tsipras si rifiuta di fare, sia concreti, come il divieto d'accesso nei ministeri greci per i funzionari europei. Il negoziato è destinato a proseguire, e più che le scadenze fissate dall'Europa, l'unica data che farà la differenza nelle trattative è il giorno in cui Atene finirà i soldi in cassa. Un'eventualità ancora difficile da prevedere.
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2. ATENE A RISCHIO USCITA: PIANO DRAGHI PER L’EURO
Federico Fubini per “la Repubblica”
Un terribile senso di ineluttabilità sta scendendo sulla Grecia, il suo governo e chi in Europa cerca un appiglio per non perdere il Paese. C’è sempre meno tempo e quasi nessuno ormai pensa che sarà usato bene. Dal tentativo di salvare Atene, l’area euro si prepara già a passare a tappe forzate a un progetto di blindatura delle proprie istituzioni per salvare se stessa dalle ricadute della prima secessione della sua storia.
La stessa Banca centrale europea è convinta che sia tempo di prepararsi all’impatto di una rottura, perché niente oggi permette di escluderla. Dall’euforia delle prime settimane di Alexis Tsipras, vissute come vera e propria liberazione nazionale dalla troika, la società greca sembra ormai in piena transizione verso il caos. Moltissimi hanno smesso di pagare le rate del mutuo, le scadenze del fisco o anche semplicemente l’affitto, dapprima per emulazione verso un governo eletto sulla promessa di rinnegare i propri debiti, ma ora per incertezza, povertà, senso che le regole del vivere comune a questo punto sono sospese.
Gradualmente, ma visibilmente, la più antica nazione d’Europa sta scivolando via. Paradosso è una parola greca ed è esattamente ciò che Tsipras ha prodotto con il suo rifiuto delle politiche europee da lui accusate danneggiare la società. Il governo rigetta quelle politiche, dunque si trova tagliato fuori da nuovi prestiti e deve requisire denaro ovunque, con il risultato di svuotare e paralizzare il resto del Paese.
Sta rastrellando la cassa delle municipalità, di società statali, fondi pensione, ospedali pubblici. Come nota Silvia Merler di Bruegel, nel primo trimestre di un anno fa lo Stato ellenico aveva versato 500 milioni alle imprese fornitrici, ma nel primo trimestre di quest’anno ne ha pagati solo 43. Per sopravvivere finanziariamente, il governo non esita a sequestrare il poco di ossigeno che rimaneva a tutto il resto dell’economia.
È uno smottamento che può ancora essere fermato, solo che non è detto che lo sarà. Di questo passo, è questione di settimane prima che improvvisamente in un week-end vengano annunciati severi limiti al ritiro di contante dalle banche e al trasferimento di fondi all’estero. Milioni di greci rischiano di trovarsi a corto di mezzi di pagamento e lo stesso governo può dover pagare gli stipendi o le pensioni con cambiali, il cui valore crollerebbe poche ore dopo l’emissione.
L’uscita dall’euro, se mai avvenisse, non sarebbe un taglio netto ma la traversata di una lunga zona grigia durante la quale l’ordine pubblico minaccia di collassare. Verrebbero a mancare il credito estero e una valuta internazionalmente accettata per comprare medicinali, strumenti ospedalieri, metano, petrolio. Per ora le piazze di Atene sono vuote, ma l’accordo (riservato) da 500 milioni che il governo ha concluso per le navi da guerra americane P-3B Orion ha un significato preciso: Tsipras spende in armamenti più del doppio di quanto impieghi contro la «crisi umanitaria» perché non è certo di avere la fedeltà dell’esercito, quindi intende comprarsela.
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Niente è perduto, ma in queste condizioni l’area euro deve pensare a proteggere se stessa nel caso in cui tutto in Grecia continui così. Per dare subito ai mercati il segnale che l’impianto dell’euro è saldo anche se perde un pezzo, non basta che la Bce intensifichi il ritmo degli interventi sui titoli di Stato degli altri Paesi, come qualcuno pensa già di fare. Mario Draghi, il suo presidente, propone anche qualcos’altro: è almeno dall’inizio dell’anno che insiste sul fatto che la moneta unica ha bisogno di istituzioni federali più forti, credibili e vincolanti.
Già oggi il Trattato europeo contiene l’opzione di un emendamento per separare più chiaramente la Bce, che fa politica monetaria, dal sistema europeo di vigilanza bancaria. Ma affrontare una modifica del genere può diventare l’occasione per ulteriori adattamenti dell’architettura dell’euro che, del resto, in parte sono già previsti: accelerare un fondo comune per gestire la liquidazione delle banche fallite, e magari un fondo europeo di garanzia sui depositi; alcuni pensano anche a uno strumento dell’area euro che possa emettere obbligazioni sul mercato per finanziare progetti specifici: un embrione di bilancio comune.
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Draghi e altri al vertice di Eurolandia sono convinti che questi passi avanti diventeranno necessari per rendere la moneta unica più solida e credibile. Ma sia il presidente della Bce che il governo tedesco li accetterebbero solo in cambio di una chiara cessione di sovranità da parte di tutti, Francia e Italia incluse, sulle riforme da fare, e su come e quando farle.
Senza volerlo, la Grecia sta costringendo la zona euro a guardarsi allo specchio. Vedersi compiuti, sani e sicuri dopo aver perso Atene, specie in Italia, sarebbe l’ultima delle illusioni.