IL MERLO FISCHIA SUL GRILLO - FRANCESCO MERLO: “LA LIBERTÀ DI COSCIENZA SUL DDL CIRINNÀ E’ UN TRUCCO: FREGARE RENZI ALLEANDOSI CON QUAGLIARIELLO DIVENTA PIÙ IMPORTANTE DEL GOVERNO PLANETARIO DELLA RETE. CHI L’AVREBBE DETTO CHE GRILLO SAREBBE APPRODATO AL CAPRICCIO PERVERSO DELL’ANDREOTTISMO”
Francesco Merlo per “la Repubblica”
Non è un altissimo valore ma un bassissimo trucco la libertà di coscienza, improvvisamente invocata da Beppe Grillo “contro” la sacrosanta legge sulle unioni civili.
È furbissima dissimulazione e non purissima moralità. Si sa infatti che la coscienza, soprattutto con il voto segreto, nella politica italiana è il nascondiglio dei traffici più illeciti, il modo per lasciarsi le mani libere o meglio la libertà del gioco di mano, con destrezza e secondo convenienza.
Persino noi ci schierammo con Beppe Grillo nel settembre del 2013 quando, a proposito della decadenza di Berlusconi, il comico del malumore tuonò contro il voto segreto che, pur previsto dal regolamento, a quel tempo giustamente gli pareva «un abominio». Il «nascondiglio della coscienza — diceva allora — non protegge la moralità ma l’immoralità» e alimenta quel clima grottesco di sospetti in cui si impastano le ribalderie.
Aveva ragione. E infatti l’altisonante libertà di coscienza porta oggi il rivoluzionario Movimento 5 stelle nella piazza reazionaria del Family day. Alfano applaude Casaleggio che «ha riaperto la partita» e “Grillo contro Grillo” non è più il titolo dello spettacolo di teatro, ma è anche l’adesione alla scienza politica come gioco delle tre tavolette. È soprattutto il completamento dello sporcarsi in società dopo il comparaggio con i briganti di Quarto e i loro codici mafiosi.
Il trucco della libertà di coscienza disarma dunque il vaffanculo. E viene fuori il grillino teocon, Sergio Puglia, che come Giovanardi si batte contro «l’ignoto delle adozioni» in nome della «normalità ». La deputata Tiziana Ciprini come Eugenia Roccella rivela all’Avvenire che la legge «mette i brividi, come l’utero in affitto». Di Maio annuncia: «Abbiamo delle remore».
Di Battista non vuole più il sabotaggio del sistema ma la grazia di Dio e, come ha raccontato Jacopo Iacoboni sulla Stampa, con il pio Nicola Morra viene ricevuto in Vaticano dal sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, arcivescovo Giovanni Angelo Becciu. Intanto Roberta Lombardi, nell’ombra della cappella della Camera, sceglie come padre spirituale l’elegante ed erudito monsignor Fisichella.
E fregare Renzi alleandosi con Quagliariello in nomine Dei diventa più importante delle profezie delfiche e del governo planetario della Rete. Se una volta sul blog tra tamburi, triangoli isosceli e materia cerebrale, si annunziava «la fine delle religioni, delle ideologie, dei partiti» oggi Mattia Fantinati, nunzio apostolico del Movimento 5 stelle, dialoga con quelli di Cl per conto di Di Maio così come Acquaviva pregava Dio in nome di Craxi.
luigi di maio alessandro di battista roberto fico
Ovviamente Grillo non ha mai concesso né mai concederà libertà di coscienza ai suoi parlamentari. Con la solita logica militare i soldati dell’indignazione etica contro la casta, contro i giornalisti che disinformano, contro i ladri di Stato e contro i colpevoli di ogni genere, insomma i giustizieri che dovevano «annegare i partiti nello sputo popolare» stanno diventando truppa dorotea.
Per esempio due settimane fa, proprio mentre denunziavano (giustamente) il traffico tra il faccendiere Verdini e il Pd di Renzi, i grillini, pur di impallinare il candidato renziano, eleggevano gioiosamente presidente della commissione Lavori pubblici del Senato l’ex ministro di Forza Italia, ex finiano, ex fascista Altero Matteoli, quel dolente signore che è giudiziariamente più inguaiato di Verdini e tuttavia sostiene: «Noi politici siamo migliori della società civile».
E però maneggiare la libertà di coscienza è molto più complesso che maneggiare il vaffanculo. Grillo non si illuda e vada a studiare la storia della Dc: la libertà di coscienza, una volta invocata, «nasconde più verità di quanta lana copre una pecora» ha scritto Ceronetti. È infatti impossibile che il presidente Pietro Grasso non conceda il voto segreto per gli articoli della legge Cirinnà eticamente più sensibili, non solo quello sulle adozioni.
Ma il voto segreto — vedremo chi lo chiederà — non libera le coscienze ma i franchi tiratori, i fucilatori protetti dall’ombra, quei cecchini che impallinarono Prodi, gli amici del nemico e i nemici dell’amico che per oltre sessanta anni furono l’incubo di tutti i governi italiani, a nessuno dei quali consentivano di governare.
La politica della ripicca di coscienza produce anche paradossi straordinari. Grillo potrebbe per esempio scoprire che, nella guerriglia di palazzo, nel tradimento programmato, nell’agguato all’alleato e nell’impallinamento di se stessi, persino un ultrà cattolico potrebbe segretamente preferire Renzi e il rafforzamento della legislatura ai propri “principi non negoziabili”. Capita, trafficando con i valori.
La giravolta di Beppe Grillo nei tortuosi corridoi politici degli atti indecenti e nell’Italia delle sacrestie e dei campanili, non è dunque lo scatto virtuoso e probo del pensiero liberale, da Croce a Raymond Aron. Grillo, che pure aveva annunziato il suo definitivo ritiro dal Movimento, la sua psicoanalisi liberatoria sul palcoscenico, e anche la sua totale adesione alla civiltà europea della faticosa ma necessaria legge Cirinnà sulle unioni civili, sta in realtà procedendo nella sbrindellata omologazione del movimento più scarruffato della nostra storia all’eternità della politica italiana dove “a pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”.
Grillo traffica infatti con il valore della libertà di coscienza non solo per mettere in imbarazzo Renzi, ma per far saltare la legge più moderna, non di destra né di sinistra, ma la più radicale che il Parlamento italiano possa approvare in materia di diritti civili, la sola che ci possa agganciare all’Europa.
E infatti già si parla di “stralcio”, “emendamento”, di un altro “super canguro”, che è il lessico del rinvio, la più crudele pena inflitta all’Italia, condannata all’eternità dell’indolenza, al mai prendere di petto le grandi questioni nazionali. Chi l’avrebbe detto che proprio Grillo sarebbe approdato alla morbidezza del peggio, al capriccio perverso dell’andreottismo, al rinvio come via italiana al vaffanculo?