panda marino

1. MO' SO' CAZZI PER RENZI! MARINO: "NON MI AMMAZZO DA SOLO E NON MI LASCIO AMMAZZARE" 2. ACCERCHIATO DA NEMICI, INCHIESTE E FUOCO AMICO, INVECE DI SLOGGIARE IL SINDACO MARZIANO SI BUTTA IN TRINCEA: “NON MI DIMETTERÒ, CHI ORA MI ATTACCA È POLITICA VECCHIA” 3. SE CONTINUA L'ODISSEA NELL'IGNAZIO FINO AL VOTO PREVISTO NEL 2016, RENZI SA BENISSIMO CHE, OLTRE I COMUNI DI MILANO NAPOLI E TORINO, RISCHIA DI PERDERE ANCHE ROMA

Concita De Gregorio per “la Repubblica”

 

ignazio marino  alla festa di selignazio marino alla festa di sel

Marino resta, strillate finché volete. Sorride, dice che non ha paura dei colpi di coda del vecchio sistema, dei calcoli e delle convenienze: chiacchiere. “Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”, Lao Tse, c’è scritto nel suo profilo su WhatsApp. L’albero che cade ultimamente fa parecchio rumore: le prime pagine, gli ultimatum del premier, le strane indecifrabili storie degli immensi interessi su Roma. Deve andarsene. E perché, esattamente? Non tutti hanno capito.

 

ignazio marino munge la muccaignazio marino munge la mucca

Il sindaco marziano, il sindaco onesto accarezza le costole di una pila di quaderni con la copertina rigida allineati in orizzontale nell’angolo più discreto del suo studio. Un arcobaleno di colori: quello giallo porta scritto a pennarello “sociale”, quello azzurro “urbanistica”. Sono decine, e questi in vista sono solo quelli “per temi”. Poi ci sono quelli “per data”. Non esce mai senza il suo diario, quello attuale è nero con la costola rossa: lo tiene sulle ginocchia anche adesso.

 

er cecato ignazio marinoer cecato ignazio marino

Scrive con penna verde un resoconto minuzioso di incontri e dialoghi, ora per ora, momento per momento. Nomi, circostanze, dettagli. Poi, la notte, trascrive nei quaderni a tema le varie sintesi. Sono – nella battaglia di Roma – la sua cintura di bombe a mano. Sorride. Ammette che tutti attorno a lui ne hanno paura, «annoto ogni conversazione e in effetti ho una memoria piuttosto precisa». Trova ragionevole, di questi tempi, pensare di metterli sotto chiave: magari domani.

 

«Per esempio guardi: il 19 aprile 2015 ho proposto al governo di non versare per Roma neppure un euro per il Giubileo. Non voglio il miliardo e sette che avete dato la volta scorsa, neppure il miliardo e mezzo che avete versato per Expo, ho detto. Non voglio niente. Aumenterà il Pil, con il Giubileo, e posso fare coi nostri soldi. Accendo un mutuo e lo ripago coi proventi. Ecco il progetto. Siamo autonomi, basta che ci aumentiate il patto di stabilità per quest’anno. Facciamo da soli. Mi hanno detto no, vede? Legga. Legga le risposte». E’ tutto scritto, in effetti. A volte nelle pagine ci sono dei biglietti attaccati con lo scotch, come negli antichi diari di scuola. Azione, reazione. Persone, circostanze. Materia per inquirenti.

 

GRAMAZIO TREDICINE OZZIMO CORATTIGRAMAZIO TREDICINE OZZIMO CORATTI

Ignazio Marino non si dimetterà da sindaco di Roma. Non è solo un’intenzione: è un fatto. Non possono costringermi, purtroppo per loro, e non lo farò. «Il problema non sono io. Io sono stato pregato di candidarmi perché altrimenti – dicevano i sondaggi – coi candidati presentati da Pd avremmo perso Roma. Si sarebbe andati al ballottaggio fra Alemanno e i Cinquestelle, mi dicevano mostrando le indagini.

 

buzzi e odeavaine buzzi e odeavaine

Mi hanno scongiurato, quelli che adesso mi accusano di non essere duttile. L’ho fatto, ho vinto e ora questa è la battaglia della mia vita: liberare il Campidoglio dalla politica oscura, come ho detto il 7 aprile dell’anno scorso quando ho vinto le primarie. Bonificare, estirpare il malaffare. Capisco che ora ci sia chi ha paura, ma io non mi fermo e loro – la vecchia politica, i suoi interessi – non mi possono fermare». Non possono, tecnicamente. Segue elenco: non lo possono sfiduciare, non esiste la sfiducia per il sindaco.

 

«Me lo spiegò in tempi non sospetti Napolitano, era allora presidente della Camera, quando dopo Tangentopoli si cambiò il sistema elettorale per i comuni». Non si può sfiduciare un sindaco. Per quanti assessori si dimettano, saranno sostituiti. La pressione politica nazionale – le pressioni di Renzi, i motivi che le determinano – si fermano davanti alla volontà del sindaco. Nell’inchiesta su Mafia Capitale Marino come Comune si è costituito parte civile.

 

la cupola di mafia capitale carminatila cupola di mafia capitale carminati

«Abbiamo letto tutte le carte». Se infiltrazioni mafiose ci sono, il prefetto Franco Gabrielli con la sua relazione attesa per i primi di luglio dirà, certo non riguardano il sindaco né la giunta attuale – Marino di questo è sicuro, accarezza i suoi quaderni. Qualche elemento, forse, di quelli imposti dalla vecchia struttura del partito all’indomani delle elezioni. Breve digressione su Mirko Coratti, Pd, ex Forza Italia, arrestato 15 giorni dopo che i vertici nazionali del partito di Renzi avevano provato a convincere Marino di nominarlo vicesindaco. Molte fonti su questo punto convergono. I quaderni confermano. Nei giorni dello “scandalo” della Panda rossa che passava ai varchi ci fu chi a Santi Apostoli disse a Marino “serve un rimpasto”. Un Neymar nella squadra del Brasile’. Era Coratti. «Per mia grandissima fortuna ho diffidato, non mi sono lasciato condizionare neppure quella volta».

MAFIA CAPITALEMAFIA CAPITALE

 

L’unica concreta possibilità di mandare via Marino è non approvare il bilancio 2016. Allora sì si potrebbe commissariare il Comune. Troppo tardi, però. Le amministrative saranno in primavera. Nell’anno del Giubileo e della corsa per le Olimpiadi mandare in stallo il Comune di Roma per giochi politici sarebbe difficile da giustificare. «Arrivo al 2018, poi al 2023. Finisco il mio lavoro. Non mi possono eliminare, se ne facciano una ragione».

 

La battaglia di Roma vista da vicino è un po’ diversa da come la raccontano. E’ vero che Marino è un marziano. Completamente estraneo ai giochi di potere interni al Pd. E’ vero che ha peccato, in questa logica. Non dà udienza a chi la chiede (non ha mai ricevuto Bernabè, raccontano. Assegna incarichi con gare internazionali: agli spagnoli, agli svedesi, persino ai milanesi), non ha mostrato gratitudine al gruppo che ha favorito la sua elezione. Bettini, Morassut, Zingaretti, Meta. Li ha abbandonati.

Goffredo Bettini Goffredo Bettini

 

Centomila persone hanno votato alle primarie che lui ha vinto col 55 per cento contro David Sassoli e Gentiloni, candidati rispettivamente di Franceschini e (a Roma) del dalemiano Marroni, Gentiloni di Renzi che difatti lo ha fatto ministro. In Emilia, alle ultime primarie, sono andati in tutta la regione a votare in 55 mila, per avere un termine di paragone. Ha vinto contro l’apparato: un trionfo. Il partito – l’allora commissario cittadino Eugenio Patanè, il segretario regionale Gasbarra – gli ha imposto, mostrano i quaderni, almeno due nomi per la giunta.

 

Giunta che lui aveva annunciato tutta di tecnici. I due nomi obbligatori erano Ozzimo e Coratti, entrambi coinvolti nell’inchiesta su Mafia Capitale. Nei giorni in cui la Camera salva il sottosegretario Castiglione, Ncd, catanese, indagato per turbativa d’asta in una vicenda di rifugiati, amico personale di Alfano e gran collettore di voti per il governo in Sicilia l’accanimento su Marino – la richiesta implicita di dimissioni da parte del Pd e del governo – suscita qualche domanda. Nessuno dubita dell’onestà del sindaco. Quello che gli imputano è una scarsa “capacità di relazione”.

NICOLA ZINGARETTI NICOLA ZINGARETTI

 

Ma se la relazione deve essere quella col Pd di cui Barca ha da poco prodotto le evidenze – su cui il magistrato Pignatone indaga – ha ragione chi dice: viva nessun rapporto. A bordo campo si scaldano Alfio Marchini, il candidato di centro – c’è il partito della nazione, ci può essere, no?, il sindaco della città: basta con destra e sinistra, che noia – ma anche possibili ‘nomi nuovi’ cresciuti all’ombra del governo e graditi anche all’elettorato grillino. Dei “Rodotà per Roma”, dice un osservatore di lungo corso.

ORFINI E RENZI GIOCANO ALLA PLAYSTATIONORFINI E RENZI GIOCANO ALLA PLAYSTATION

 

Oppure una donna, una renziana di governo anticasta: funzionerebbe. Non tengono conto, nessuno tiene conto, del fatto che Ignazio Marino non se ne andrà e nessuno può costringerlo a farlo. «Inauguro la metro C, chiudo con gli appalti in assegnazione diretta e non mi servono i soldi degli altri, faccio con quello che ho», dice lui. Me l’hanno chiesto in ginocchio, ora lo faccio e pazienza se gli dispiace perché non hanno biada nella greppia. Al governo Marino può contare su Del Rio, su Padoan e Franceschini. Il resto è un colpo di coda del vecchio sistema di potere, dice.

 

fabrizio barcafabrizio barca

«Hanno paura, ma io no. Non sono di nessuno, e lo so che in politica vale questa regola: se sei di qualcuno di attaccano, se non sei di nessuno ti ammazzano. Purtroppo io – che non sono di nessuno – non mi ammazzo da solo e non mi lascio ammazzare». Una notizia, per Orfini e per Renzi. Che poi Orfini all’epoca delle primarie stava con quelli che ora sono “i cattivi”, quelli che Renzi non lo potevano sentir nominare. Ma in politica vince chi vince, e questa è un’altra storia. Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Un ottimo slogan per la prossima Leopolda, eventualmente.

 

 

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