Claudio Antonelli per “la Verità”
giuseppe conte donald trump 12
Con il solito stile trumpiano, la Casa Bianca inaugura la nuova politica iraniana. Inutile dire che tutto si basa su rinnovate sanzioni e ancor più aspre. La nuova stretta è pronta a entrare in vigore domani, alla vigilia delle elezioni di metà mandato. Si abbatterà soprattutto su petrolio e banche. Questo nel tentativo di tagliare le gambe al governo di Teheran, anche se la Casa Bianca continua a ripetere che l' obiettivo non è quello di rovesciare il regime.
Mentre la repubblica degli ayatollah minimizza: «Nessuna preoccupazione», ha affermato un portavoce del ministro degli esteri, Javad Zarif. Saranno otto però i Paesi che potranno continuare a importare petrolio iraniano senza incorrere a loro volta nelle sanzioni Usa, e tra questi - secondo quanto riporta l' Associated press citando fonti ufficiali americane - ci sarebbe anche l' Italia, insieme a Giappone, Corea del Sud e India. La lista potrebbe poi comprendere Cina e Turchia.
DONALD TRUMP SANCTIONS ARE COMING
Mentre nessun altro Paese europeo dovrebbe godere dell' esenzione: uno schiaffo al Vecchio Continente che sul dossier Iran continua ad esprimere fortissime critiche sulla linea dura di Donald Trump. Ad essere ripristinate in pratica saranno tutte le sanzioni che erano state congelate con lo storico accordo sul nucleare del luglio 2015, fortemente voluto da Barack Obama e firmato anche da Europa, Russia e Cina.
Un colpo di spugna, dunque, su tutto il lavoro diplomatico e politico svolto negli anni scorsi per rompere l' isolamento di Teheran e fermare le sue ambizioni atomiche. La prima vittima politica del colpo di coda trumpiano si chiama Federica Mogherini. La piddina ministro degli esteri comunitario, che rimarrà in carica fino al prossimo ottobre, ha costruito attorno al deal iraniano tutta la propria carriera.
I socialisti europei le hanno affidato il compito di tradurre in lingua europea le strategie di Obama e i lunghi viaggi a Teheran costellati di velo hanno trascinato la politica italiana fino a immedesimarsi con la controparte.
L' interesse nazionale deve invece restare il principale motore delle logiche geopolitiche. Da un lato l' Italia ha mantenuto nel corso dei decenni un rapporto borderline con Teheran senza però mai strappare con Washington. Almeno questo fino all' arrivo della Commissione Ue guidata da Jean-Calude Juncker.
Adesso, non certo per merito europeo e non sappiamo quanto per merito italiano la situazione si è ribaltata. Restando fuori dalle sanzioni, Roma riesce a salvaguardare la propria posizione commerciale e al tempo stesso riconquistare il ruolo da mediatore. Ma tra Trump e il regime di Teheran.
Una chiusura totale avrebbe messo a rischio una montagna di soldi. Tra protocolli d' investimento sottoscritti dalle grandi imprese italiane - per un potenziale di investimenti, nei prossimi anni, di 27 miliardi - e 2 miliardi di export attesi (l' interscambio complessivo è di 5 miliardi perché noi abbiamo acquistato, l' anno scorso, molto di più, ovvero 3 miliardi di greggio), una chiusura del doppio binario economico tra Italia e Iran avrebbe rischiato di mettere in frigo 30 miliardi di euro di affari.
Nel 2017 il rapporto privilegiato tra Roma e Teheran ha staccato di gran lunga quello con la Germania e la Francia che si sono fermate rispettivamente a 3,3 e 3,7 miliardi di euro. Inutile ribadire la lunga lista di aziende (molte partecipate pubbliche e i colossi del cemento e delle costruzioni) che attendevano da ormai settimane la scialuppa americana.
Al nostro governo ora il compito di gestire la contropartita. Trump è un commerciante ancor più che un imprenditore. Poi è anche il presidente degli Usa e quindi - ne siamo certi - ha messo sul piatto una serie di partite a scacchi delle quali ha già suggerito il finale. Il primo si chiama Tap. Un gasdotto molto importante dal punto di vista strategico. Per l' Italia è una buona fonte di approvvigionamento.
Per la Russia non è un grande problema energetico: il flusso di gas non è così ingente ma poter mettere in crisi le infrastrutture del Nord Europa che interessano da vicino Mosca e la Germania. Ma dal punto di vista politico quel gas arriva dall' Azerbaigian, un ex satellite russo ora fermamente nella sfera americana.
Il grande progetto del caccia F 35 prodotto da Lockheed Martin è un punto fermo. Nemmeno i grillini pensano minimamente di metterlo in discussione. Trump, nell' ultimo incontro con Giuseppe Conte, ha fatto sapere che ci sono circa 30 miliardi di squilibrio commerciale e l' Italia dovrà in qualche modo colmarli a favore degli Usa.
Certo, se i colossi investono nelle fabbriche del comparto Difesa, Trump si aspetta in cambio che i soldi poi tornino a Lockheed Martin o Boeing.La Casa Bianca si aspetta anche che gli italiani non lascino l' Afghanistan, così come non si dovrà mai mettere in discussione il Muos, l' infrastruttura d' intelligence della Marina Usa in via di costruzione in Sicilia. Il tribunale, tre mesi fa, ha dato l' ok ai cantieri e ora nessuno dovrà più fiatare: senza le antenne di Mazzarino (Caltanissetta) la struttura Usa che copre i cinque continenti non potrà partire. Trump sembra essere stato chiaro con Conte.
Siamo amici, e gli amici si aiutano a vicenda. Sull' Iran il favore vale non solo 30 miliardi di euro, ma - cosa che non ha prezzo - vale la scomparsa politica della Mogherini. Senza l' Iran non ha più ragione di esistere.
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