Paolo Bracalini per “Il Giornale”
Dal partito della Nazione al partito della poltrona: tutti piazzati, per il bene della patria. Ex forzisti, ex centristi, montiani convertiti, vendoliani redenti, grillini rinsaviti, verdiniani per il rinnovamento, socialisti, sudisti e autonomisti trentini, trasnfughi di Forza Italia, cattolici per il renzismo, trombati in attesa di nuova carica, meglio se in una fondazione bancaria, più prestigiosa di una volgare municipalizzata.
C'è posto per tutti, la Nazione è grande. «Il Partito della Nazione non è un minestrone indistinto ma un partito di sinistra con una visione riformista del Paese che si può allargare anche ai più moderati» spiegò Renzi, per ribattere al sospetto che spalancasse le porte a tutti quelli pronti a saltare sul carro, senza fare troppi gli schizzinosi sul curriculum politico dei nuovi arrivati.
Non un minestrone, ma una pietanza ben più appetitosa visto che nel giro di pochi mesi le adesioni sono arrivate in massa, tanto da scatenare - raccontano i malevoli - una competizione interna su chi è più renziano tra i neorenziani (in lizza alfaniani, ex montiani e verdiniani). In questo campo Ncd può vantare però la primogenitura, già alleati di governo del Pd di Letta, ora saldamente uniti nel progetto unico renziano. L'ultimo step è stato il patto di ferro per le amministrative, con il Ncd quasi ovunque in coalizione col Pd di Renzi, e in prospettiva inglobati direttamente nelle liste Pd-Partito della Nazione.
E infatti col rimpasto il partito di Alfano fa il pieno di altre poltrone, anche di peso. Quella, promessa da tempo da Renzi a Ncd, di ministro degli Affari regionali (vacante da un anno) a cui va Enrico Costa, coordinatore piemontese di Ncd (manca solo la nomina formale del Quirinale).
Poltrona che nel progetto renziano dovrebbe trasformarsi in un vero ministero del Mezzogiorno, cui verrebbe affidato il coordinamento dei fondi strutturali Ue. Una enorme mole di soldi, cioè, per il Mezzogiorno, bacino elettorale di Ncd. Poi Ncd incassa tre nuovi sottosegretari, Federica Chiavaroli (Giustizia), Dorina Bianchi (Rapporti col Parlamento), e Antonio Gentile (Sviluppo Economico). E una quarta nomina, Simona Vicari, che passa come sottosegretario dallo Sviluppo Economico alle Infrastrutture.
Ma c'è da ricompensare Scelta civica, pochi ma fedeli al partito della nazione. Il segretario di quel che resta dei montiani, Enrico Zanetti, già sottosegretario all' Economia, viene promosso viceministro, mentre un altro Sc, Antimo Cesaro, diventa sottosegretario.
Per la quota sinistra Pd l' ex vendoliano Gennaro Migliore si gode una nuova poltrona come pure l' ex bersaniano Enzo Amendola. Posti di sottogoverno anche per il micropartito «Democrazia Solidale» (ex Popolari per l' Italia), con Mario Giro. Lo spazio non era infinito. «Ci sono 7-8 sottosegretari. Il massimo è 65, noi siamo a 56. Ma non è che arriviamo a 65, anche un po' meno» aveva avvertito il premier.
Meno male che ci sono altre poltrone. Tre vicepresidenze delle Commissioni parlamentari, andate a tre senatori di Ala, il gruppo di Verdini. E poi le fondazioni azioniste delle grandi banche. A Torino grandi movimenti per Crt (Unicredit) e Compagnia di San Paolo (Intesa). I rumors sotto la Mole danno in corsa i neo-fassiniani Ghigo (ex governatore di Fi) e Vietti, ex Udc. Il partito della sistemazione.