Sergio Rizzo per il “Corriere della Sera”
Di esperienza sul campo ne aveva da vendere. Era lui che dagli schermi di Video Calabria conduceva Calabria Verde, trasmissione d’inchiesta sull’agricoltura calabrese. A Francesco Laratta detto Franco mancava solo un adeguato riconoscimento istituzionale. Mai dire mai: a settembre del 2014 ha avuto un posto nel consiglio di amministrazione dell’Ismea, l’istituto pubblico per i servizi nel mercato agricolo.
Trombato alle politiche del 2013, il coordinatore regionale di Areadem, componente del Pd che fa riferimento a Dario Franceschini, è stato uno degli ultimi ex onorevoli del partito di maggioranza a trovare una ricollocazione. Sia pure come semplice consigliere di un ente statale non di primo livello.
Non si può lamentare. A causa di un ricambio generazionale senza precedenti il giorno dopo le elezioni ben 165 onorevoli democratici della scorsa legislatura si sono trovati senza seggio. Considerando le componenti esterne, vedi i radicali che facevano parte del gruppo Pd, o quanti rimasti fuori dal Parlamento per scelta personale che certo non aspirano alla poltroncina di una società pubblica, si riducono a 135.
Ma sono comunque un esercito. E chi si aspettava cambiamenti con la nuova stagione politica deve ricredersi. Perché la realtà dei fatti è ben diversa dalle dichiarazioni di principio. Tanto più che nel 2013 è intervenuto un fatto nuovo e non trascurabile: l’impossibilità per gli ex onorevoli di riscuotere il vitalizio prima dei sessant’anni.
Così pure in questi due anni si è assistito a una strisciante e metodica opera di risistemazione dei parlamentari bocciati o esclusi dalle liste. E se il termine «riciclati» può apparire in qualche caso esagerato, vero è che una buona metà ha avuto un incarico pubblico o ha intercettato un ruolo legato in qualche modo alla politica.
In sei sono stati ricandidati o rieletti in altri partiti, salvo poi (qualcuno) rientrare nel Pd. Altrettanti hanno avuto incarichi nelle amministrazioni locali, e non parliamo soltanto dei sindaci di Roma (Ignazio Marino) o di Catania (Enzo Bianco): ma anche di Giovanni Lolli, assessore alla Ricostruzione della Regione Abruzzo, e di Alberto Fluvi, capo segreteria dell’assessore al Bilancio della Toscana Vittorio Bugli.
Sono per ora tredici, invece, i destinatari di incarichi di partito. E anche qui c’è incarico e incarico, perché una cosa è fare come l’ex senatore Fabrizio Morri il segretario provinciale a Torino o come l’ex deputato Stefano Graziano il presidente del partito in Campania, e un altro conto essere direttore generale del gruppo pd alla Camera, qual è Oriano Giovanelli.
In cinque si sono trasferiti al governo con ruoli che vanno da viceministro dell’Economia (Enrico Morando), a consigliere del ministro della Giustizia Andrea Orlando (Guido Calvisi), a capo della segreteria tecnica del sottosegretario alla presidenza con delega ai servizi segreti Marco Minniti. Quest’ultimo è il caso di Achille Passoni, ex senatore di provenienza Cgil, marito della neoeletta senatrice Valeria Fedeli, già sindacalista Cgil e ora vicepresidente di Palazzo Madama.
Ancora. A diciotto ex parlamentari del Pd sono stati attribuiti incarichi in fondazioni, authority, enti e organismi pubblici di vario tipo. Sia pure con enormi differenze fra ruoli simbolici e posti di grande potere. Mario Cavallaro è diventato presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. Antonello Soro, presidente dell’Autorità garante della privacy. L’ex senatrice e insegnante Marilena Adamo, presidente della Fondazione scuole civiche del Comune di Milano.
L’ex segretario della Cisl e già viceministro Sergio D’Antoni, presidente del Coni Sicilia. L’ex deputata Rosa De Pasquale, direttore dell’ufficio scolastico della Toscana: nomina alla quale la Corte dei conti, come ricordato dal Fatto Quotidiano , ha rifiutato la registrazione. L’ex senatore Carlo Chiurazzi, trombato alle Politiche 2013, presidente del Consorzio di sviluppo industriale di Matera.
Mariapia Garavaglia, consigliere della Fondazione Arena di Verona. L’ex onorevole Federico Testa, commissario dell’Enea. L’ex ministro Luigi Nicolais, presidente del Consiglio nazionale ricerche: nomina che al pari di quella di Soro ha preceduto di poco le elezioni. Idem per Giovanna Melandri, passata direttamente da Montecitorio alla presidenza del Maxxi. Giovanni Forcieri, che ha preso il suo posto, era presidente dell’Autorità portuale di La Spezia.
E su quella poltrona è stato ricollocato senza alcuna difficoltà dopo la breve parentesi parlamentare. Mentre troviamo Luciana Pedoto, laureata in Economia e specializzata in «epidemiologia dei servizi sanitari», ex segretaria di Giuseppe Fioroni ed ex onorevole non rieletta, all’Istituto nazionale di astrofisica. È responsabile di trasparenza e anticorruzione.
Competenze a parte, su cui pure ci sarebbe molto da dire, il punto è il metodo con cui vengono fatte certe scelte. Le società e le aziende pubbliche, per esempio. Pure lì, dove secondo i piani del governo dovevamo assistere a tagli impietosi, si è assistiti all’inesorabile migrazione degli ex.
Di Pier Fausto Recchia alla guida di Difesa servizi abbiamo parlato in varie occasioni. Come dell’assunzione a Invitalia di Costantino Boffa dopo selezione ministeriale ad hoc. Poco, invece, si è detto delle nomine della Regione Lazio alle presidenze delle Ipab: all’Istituto Sacra Famiglia è stato collocato Jean Léonard Touadi; a Santa Maria in Aquiro, Massimo Pompili. Oppure della designazione di Sandro Brandolini alla vicepresidenza di Cesena Fiera.
O dello sbarco di Maria Leddi al posto di amministratore unico di Ftc holding, serbatoio di partecipazioni del Comune di Torino. E dei tre incarichi all’ex deputato Ivano Strizzolo: presidente dei revisori della Unirelab srl, società del ministero dell’Agricoltura (di cui figura procuratore Silvia Saltamartini, sorella l’ex portavoce alfaniana Barbara Saltamartini al tempo stretta collaboratrice dell’ex responsabile di quel dicastero Gianni Alemanno) nonché sindaco di Istituto Luce e Postecom.
La presidenza di un’altra società delle Poste, la compagnia aerea postale Mistral Air, è toccata a Massimo Zunino. Il quale, uscito dalla Camera, ha costituito anche una società di consulenza, la Klarity innovaction consulting, insieme a due suoi colleghi di partito rimasti anche loro senza seggio. Ovvero, Michele Ventura e Andrea Lulli.
Modo alternativo, sembrerebbe, con cui può fruttare la ricca esperienza parlamentare. Un po’ come è capitato a coloro che hanno assunto per strade diverse incarichi «privati» ma non proprio estranei alla storia politica di ciascuno. L’ex ministro Giulio Santagata, prodiano senza se e senza ma, è consigliere delegato di Nomisma, la società di consulenza fondata da Romano Prodi.
Due mesi fa l’ex prefetto e senatore Luigi De Sena è stato cooptato nel consiglio del Colari, la società di smaltimento dei rifiuti che fa capo a Manlio Cerroni, come garante degli accordi con la municipalizzata romana Ama. Per non parlare degli incarichi di curatore fallimentare (Cinzia Capano) o di liquidatore di cooperative sociali (Ezio Zani, subentrato a Soro e poi trombato alle elezioni). E senza contare chi, rieletto, al seggio ha preferito il «privato»: la senatrice Rita Ghedini, ora presidente di Legacoop Bologna.