Giordano Tedoldi per “Libero Quotidiano”
dario franceschini e michela di biase
Dopo un inizio disastroso, con l’umiliante sottomissione allo strapotere dei sindacati che impedivano l’apertura del Colosseo nella «Notte dei musei» 2014 per «mancanza di custodi», il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini s’era raddrizzato. L’ultima benemerenza è stata il sostegno alla Verdi, talentuosa e giovane orchestra sinfonica. Si mostrava presente, decisionista persino, quasi craxiano: una bellezza. Però, Pompei. Spina nel fianco, o contrapasso (con una sola “p”, secondo lezione dantesca), fate voi.
Se il ministro non avesse mai pronunciato, da capogruppo del Pd, nel 2010, quell’inutile discorso alla Camera in cui chiedeva all’allora ministro Sandro Bondi il solito «gesto di responsabilità», cioè le dimissioni, dopo il crollo della Domus dei gladiatori a Pompei, ora potrebbe difendersi meglio di fronte al crollo di ieri: quello di una parte del giardino della casa di Severus, che è smottata insieme con qualche frammento del muro di contenimento.
Due crolli, due misure. All’epoca, la richiesta di dimissioni di Franceschini non fu che la ratifica di una persistente campagna ostile a Bondi, visto come un poetastro inetto che, mentre neroneggiava con le sue brutte liriche, lasciava sbriciolare Pompei, «gioiello della cultura» come disse in quei giorni il garrulo Veltroni intruppato anche lui alla sfiducia per Bondi.
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Certo, perché oggi è colpa delle «forti precipitazioni», mentre allora era colpa di Bondi. Sentite cosa scriveva Francesco Merlo su Repubblica, in una filippica intitolata: «Pompei continua a crollare e per Bondi va tutto bene», dove già l’attacco indicava l’ex ministro come incapace di intendere e volere: «Perché ora gli studenti non portano la protesta anche nella vacillante Pompei dove ieri è crollato un altro muro e il ministro Bondi dice che non è successo niente? Sette metri del perimetro che circonda la Casa del Moralista si sono sbriciolati e davvero sembra che anche le pietre di Pompei si stiano ribellando».
Fate un esercizio, sostituite al nome di Bondi quello di Franceschini, lasciate le proteste degli studenti che ci stanno sempre bene, e inserite al posto della Casa del Moralista i giardini della Casa di Severo: oplà, ecco che le pietre di Pompei tornano a ribellarsi, ma stavolta contro Franceschini.
Il pezzo di Merlo è esemplare perché in fondo si capisce che a lui, dei cocci rivoltosi di Pompei, non importava nulla, era solo un pretesto per demolire Bondi che «tiene famiglia» e sistema nei posti di potere i suoi favoriti. Per questa ragione non vedrete mai un articolo di Merlo in cui accusa Franceschini di «maltrattare la cultura nelle vestigia dove si conserva il passato». E sì che il crollo di ieri è più grave di quello di cui fu accusato, quasi esecutore materiale, Bondi, perché la zona in cui è compresa la Casa di Severus rientra in quelle «messe in sicurezza previo assetto idrogeologico» con i lavori del Grande Progetto Pompei.
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Soltanto il 7 gennaio Franceschini era stato a Pompei per un sopralluogo sul cantiere da 105 milioni di euro e che dovrebbe completare la sua opera di conservazione e restauro entro dicembre 2015. Se questi sono i risultati della messa in sicurezza, e di un così alto investimento, possiamo dire che il Grande Progetto Pompei è l’ennesimo cantiere all’italiana. Se persino nel corso della messa in sicurezza, Pompei «si sbriciola», per usare i termini misurati di Merlo, forse il ministro attuale, che nel suo sopralluogo evidentemente non s’era accorto di nulla - e di questo non gliene si può fare una colpa, ma ai tecnici che se ne occupano e che sono sotto la sua responsabilità sì - è ancora più colpevole.
E allora è bello riandare alle alate parole di Veltroni, che infilzando Bondi, tirava dentro i tagli alla cultura, la rotazione dei soprintendenti, Tremonti che diceva che con la cultura non si mangia - «ma si respira, come l’aria», incalzava il politico-romanziere - e confrontarle col silenzio imbarazzato che proteggerà Franceschini, saldo al suo posto, mentre le pietre di Pompei, come tanti Spartaco, meditano la rivolta.