aria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"
Giorgio Napolitano - Copyright PizziPIERLUIGI BERSANIHanno i sondaggi. Li hanno sempre avuti, ma ultimamente li compulsano con più apprensione e preoccupazione. Al Pd quei dati raccontano una storia lontana anni luce dalla verità che si racconta nei non angusti corridoi che circondano il Palazzo di Montecitorio.
Pier Luigi Bersani ha compreso che non ci sono più tavoli su cui giocare una vittoria data per scontata. Il Pd resiste, sta sopra il 20 per cento, il Pdl non raggiunge neanche quella cifra. Ma non sono le percentuali che contano. Al Partito democratico c'è un solo numero che angustia e che fa storia: il 48 per cento degli italiani pensa di non andare a votare. Recuperare un gap del genere è impossibile.
Nei quartieri alti del Pdl l'analisi è ancora più sconfortante: il 70 per cento degli elettori del centrodestra non gradisce il governo Monti. E sono questi i numeri che inchiodano i partiti. Sono i numeri che non tranquillizzano Berlusconi, il quale continua a chiedersi, e a chiedere ai fedelissimi: ne vale la pena? E sono gli stessi numeri che angustiano Bersani, il quale si domanda perché non riesce a uscire dalla gabbia dei tecnici (e «gabbia» è parola sua).
BEPPE GRILLOAllora ci si chiede, anzi lo ha chiesto Mario Monti, ma soprattutto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: cosa vogliono fare veramente i partiti? Sono le piccole cose che contano. Come la decisione del Pdl di bloccare i lavori per la legge elettorale, altro totem della politica italiana. Perché? A sentire uno che se ne intende, come il politologo Roberto D'Alimonte, la sinistra sta costruendo una legge elettorale per non vincere, ma per costringere tutti a una nuova grande coalizione. Regole che siano valide per inseguire questa prospettiva e per assecondare piani futuri, per un futuro non troppo lontano.
MASSIMO D'ALEMALa verità continua a essere una sola: a tutti fanno paura le elezioni a ottobre, vista la situazione di incertezza che attraversa i partiti, ma tutti ne sono in qualche modo tentati. In cuor suo Berlusconi le vorrebbe per fare chiarezza in un quadro di cui non riesce a vedere le prospettive. Il Pd va oltre e arriva a superare anche i dubbi. Vorrebbe andare a votare per una serie di motivi che nell'ultima segreteria sono stati enumerati.
MAURIZIO LUPIPrimo, Grillo di qui a ottobre non sarà ancora del tutto esploso (come fenomeno elettorale, s'intende). Secondo, lo scontro tra la Lega e il Pdl è ancora aperto, il centrodestra non ha un vero candidato con il quale affrontare la battaglia delle urne. Ma ufficialmente nessuno pronuncia la parola magica: elezioni. Anche se ognuno sa esattamente di che cosa si sta parlando.
SILVIO BERLUSCONI - PREGHIERA O PENNICHELLAIl segretario del Partito democratico subodora per forza che qualcosa si sta muovendo, ma per ora tace, acconsente e sostiene il governo Monti. Ma sa bene anche che nel Pd si è già programmato un organigramma per il dopo voto e che tutte le caselle sono state già occupate. L'organigramma al partito democratico lo hanno già fatto. Massimo D'Alema in Europa, nei nuovi panni del commissario europeo. Walter Veltroni alla presidenza della Camera. Beppe Fioroni ed Enrico Letta al governo, Dario Franceschini alla segreteria. Pier Luigi Bersani candidato premier, e, nel caso di un nuovo governo allargato anche nella prossima legislatura, vicepremier.
ANTONIO DI PIETROUn patto, questo, a cui tutti i maggiorenti partecipano, fatta eccezione per Rosy Bindi che non sembra affatto insensibile alle profferte esplicite e dichiarate di Antonio Di Pietro. Insomma, a sinistra ognuno ha fretta di mettere le proprie bandierine. A destra c'è maggior cautela. Per dirla con il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi: «Il Partito democratico spera che gli facciamo il piacere. Vorrebbero che facessimo cadere Monti, magari perché non ci accontenta sulle frequenze tv, ma non hanno capito niente. È il Pd che vuole le elezioni in ottobre, non certo noi».