QUANDO LO YOGA DIVENTA UNA DROGA - LE INCREDIBILI FOTO DELLA PRIMA GIORNATA MONDIALE DELLO YOGA, PROMOSSA DAL PREMIER INDIANO MODI, IN PRIMA FILA INSIEME A MILIONI DI PERSONE IN TUTTO IL MONDO - MA I PURISTI TEMONO CHE L'ANTICA TRADIZIONE VENGA DISTORTA PER POLITICA E BUSINESS
Federico Rampini per "la Repubblica"
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E’ il trionfo dello yoga o è la fine dello yoga? Oggi viene celebrato nel mondo intero su decisione delle Nazioni Unite.
Quest’antica disciplina indiana, che ha fatto proseliti in massa nel resto del mondo, riceve una consacrazione ufficiale e solenne. La giornata viene festeggiata con raduni all’aperto, uno dei quali avverrà di fronte al Palazzo di Vetro qui a New York. Coincide con il solstizio d’estate, felice sovrapposizione: chi pratica lo yoga cerca anche un equilibrio olistico, una sintonia con la natura. Ma i puristi di questa disciplina guardano con apprensione all’uso politico che ne sta facendo il premier indiano. La proclamazione Onu è anche un suo successo. Dietro c’è l’ideologia nazionalista, con elementi d’integralismo indù: la tradizione al servizio di un partito politico (Bjp) che nel passato fu complice di violenze contro altre minoranze etniche o religiose.
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«Lo yoga è un’antica disciplina fisica, mentale e spirituale, la parola viene dal sanscrito e significa unire, fondere, simbolizza l’unione tra il corpo e la coscienza. Oggi lo yoga viene praticato in varie forme in tutto il mondo e la sua popolarità continua a crescere ». Così recita il documento dell’Onu che lancia questo primo Yoga Day.
Si stima che in America siamo almeno 20 milioni a praticarlo, in proporzione alla popolazione è una percentuale non molto lontana da quella indiana (100 milioni su 1,25 miliardi). Proprio l’America fu la prima testa di ponte per lo sbarco dello yoga all’estero: risalgono alla fine dell’Ottocento i primi episodi di yoga-manìa tra le élite newyorchesi e californiane. Poi vennero gli hippy di San Francisco, e l’incantesimo indiano scatenato dal viaggio dei Beatles nel 1968.
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Ma il vero boom è ancora più recente e si collega con la moda del salutismo di massa. Lo stesso documento delle Nazioni Unite fa riferimento alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, per promuovere quelle attività fisiche che possono contrastare le malattie cardiovascolari, il diabete, forse perfino il cancro. 177 Stati membri hanno aderito all’iniziativa, convinti che «lo stile di vita, individuale e collettivo, è un fattore determinante della salute».
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Lo yoga si è innestato su questa nuova consapevolezza, adattandosi bene anche alla nostra demografia: è un’attività soft, che non conosce limiti di età, praticabile senza contro-indicazioni anche da parte degli anziani. Nella versione laica non presuppone alcuna adesione a religioni orientali.
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Diventando una moda di massa ha avuto, com’era inevitabile, anche i suoi eccessi e le sue deformazioni: soprattutto qui negli Stati Uniti ci sono degli yogi- star o guru-celebrity, i cui corsi sono degli status symbol per ricchi. Su un business complessivo da 10 miliardi di dollari di fatturato annuo, è nata una marca di abbigliamento yoga, Lululemon, che cavalca l’infatuazione delle ricche americane per questa disciplina (curiosamente più femminile qui, più maschile in India). Si sono scatenate le controreazioni, come il movimento Yoga to the People che cerca di tornare alle origini, e denuncia la mercificazione.
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L’ultima tappa nelle vicissitudini dello yoga è quella maturata a New Delhi. Da quando, poco più di un anno fa, Narendra Modi ha vinto le elezioni e ha spodestato il partito del Congresso della dinastia Gandhi. E’ da quel momento che ha inizio una rivalutazione di tutta la tradizione indiana in chiave nazionalista.
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Modi in persona, oggi presiede ad un mega-raduno yoga dove sono attesi 35.000 partecipanti, a New Delhi. L’inizio è fissato alle 7 del mattino, come si conviene per “il saluto al sole” (una serie di movimenti yoga). Scuole e uffici pubblici sono stati precettati per una partecipazione di massa della popolazione. Non era proprio così democratico lo yoga, alle origini: praticato soprattutto dai bramini al vertice della piramide sociale, per secoli fu vietato alle caste inferiori.
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