Franco Bechis per “Libero Quotidiano”
A metà mattinata di ieri, nella giornata di consultazioni ufficiali più inutile che la storia della Repubblica ricordi, al Nazareno è salito un uomo solo: Giacomo Portas, leader dei Moderati e riformisti di centrosinistra. Matteo Renzi e lo stato maggiore del Pd stavano licenziando la folta delegazione dei partitini di centro: Scelta civica, Per l’Italia, Centro democratico e frangette varie.
Un mini esercito: Stefania Giannini, Gianluca Susta, Andrea Mazziotti, Lorenzo Dellai, Lucio Romano e Bruno Tabacci. Usciti loro è entrato Portas, che non aveva capito perché l’avevano convocato. Guida liste civiche che nel Centro-Nord hanno avuto successo. In Parlamento è entrato nel 2008, portato da Walter Veltroni. Rieletto nel 2013, è grande amico di Pier Luigi Bersani, ed è iscritto al gruppo Pd. Non ha correnti: Portas rappresenta se stesso. Da single è entrato in quella sala riunioni del Nazareno dove Renzi stava facendo le consultazioni.
Yoram Gutgeld e Umberto Rapetto
Un lungo tavolo in una stanza stretta. Da una parte lui e tante sedie vuote. Di fronte Renzi, che alla destra aveva il presidente del partito, Matteo Orfini. E alla sinistra Deborah Serracchiani, Luigi Zanda, Lorenzo Guerini e Roberto Speranza. Renzi, che aveva appena salutato la maxi delegazione centrista, ha colto la sorpresa negli occhi dei suoi per l’arrivo solitario di Portas, e ha sorriso: «Lui qui è solo, ma alle sue spalle ha dieci volte gli amministratori locali di quelli là».
L’ospite si è ringalluzzito, ma ancora si chiedeva cosa fosse stato convocato lì a dire. Nessun problema: ha parlato Renzi. «Allora, come va? Tu che sei amico di tutti, che si dice nella pancia del gruppo?». Insomma, Renzi cercava notizie di prima mano su umori, maldipancia, strategie di quel gruppo di deputati Pd che poco conosce e di cui poco si fida, ben sapendo che chi gli stava a fianco (Speranza) è l’ultimo ad avere buone antenne per capire. L’interesse era grande, perché l’incontro con il single è durato il doppio di quello precedente con l’assemblea centrista. Ed è naturalmente restato top secret. Un piccolo episodio, certo. Importante però, perché è la chiave di questa tornata quirinalizia.
BERSANI GIUNTELLA MORETTI SPERANZA ESULTANO CON I PUGNI CHIUSI
La novità dell’edizione 2015 è che nessun gruppo sa quanti sono gli uomini fidati al proprio interno. Non sa Renzi quanti dei suoi siano pronti a seguirlo nel segreto dell’urna, figurarsi se lo sanno Silvio Berlusconi, Angelino Alfano o Beppe Grillo. È una ovvia debolezza per chi deve guidare le danze e proporre un nome. Ma sono nella stessa barca anche gli avversari.
Non è che la minoranza Pd sia in grado di contarsi, ad esempio. L’unica figura di spicco in quelle fila è quella di Bersani. Ma non guida nemmeno le macerie di quel che fu il suo Pd. L’hanno tradito tutti nel tempo, in primis Orfini e il manipolo dei giovani turchi. L’hanno pugnalato alle spalle i suoi portavoce (Alessandra Moretti e lo stesso Speranza). Quelli che pensa siano ancora i suoi, in gran parte fanno il doppio gioco: si fingono amiconi per avere notizie di prima mano. Poi corrono da Renzi a spifferargliele.
PRIMARIE PD BERSANI CON TOMMASO GIUNTELLA ALESSANDRA MORETTI ROBERTO SPERANZA jpeg
Bersani sembrava un buon candidato della minoranza Pd per il Quirinale. Ma non mette insieme nemmeno un pezzetto significativo della minoranza Pd. «Pier Luigi ha fatto in queste settimane lo stesso errore del 2013», sospira amaro uno dei suoi, «perché ancora una volta si fa consigliare da chi lo porta a schiantarsi». È così la minoranza, non si pensi che la maggioranza Pd sia in grado di muoversi compatta. I renziani veri, della prima ora, sono appena un sessantina.
Gli altri sono miracolati dal cambio di potere, aggiunti al gruppo per calcolo, strategia, brama personale. I fedelissimi non giocano la stessa partita del cuore. Maria Elena Boschi è sponsor convinta di Anna Finocchiaro, con cui ha stabilito una sorprendente intesa durante il percorso delle riforme. Il consigliere economico Yoram Gutgeld fa il tifo per Pier Carlo Padoan, che se si trasferisse al Quirinale metterebbe in palio una poltrona golosa come quella del ministero dell’Economia.
Le truppe maggiori dell’area filorenziana di oggi sono quelle di Dario Franceschini, e tifano per il proprio leader. Anche Roberta Pinotti ci spera. Gli ex socialisti aggregati alla compagnia aspettano il turno di Giuliano Amato (che Renzi non ha alcuna intenzione di portare: ai suoi ha confidato una antica avversione per l’uomo). Ci sono ex veltroniani che ritengono possibile quella candidatura. E i tifosi di Romano Prodi, che non sono pochi. Un Vietnam, che non attende altro che il segreto dell’urna per esprimersi.