Carlo Bertini e Ugo Magri per “La Stampa”
Il braccio di ferro continua. Da una parte Renzi, che ha in testa un identikit di Presidente molto solido ma altrettanto rispettoso dei propri limiti costituzionali. La sua attenzione si concentra sempre più su Sergio Mattarella, sebbene anche Padoan gli piacerebbe (meno al grosso del Pd), senza bocciare definitivamente una donna nella persona di Anna Finocchiaro.
Dall’altra parte del tavolo si oppone il centrodestra nelle sue varie connotazioni. All’unisono come ai vecchi tempi, Berlusconi e Alfano insistono per insediare sul Colle un «moderato» a scelta tra Amato e Casini. Lì eravamo e lì siamo quando mancano 72 ore alla quarta votazione, quella che potrebbe essere decisiva.
Tenaglia pro Amato
Nella narrazione che rimbalza tra i palazzi, il premier soffre il pressing sempre più asfissiante a sostegno del «Dottor Sottile». Ai suoi occhi lo vogliono in tanti, anzi in troppi, al punto da insospettirlo. Come mai, si domandano al Nazareno, i «compagni» sono così scatenati per Amato?
Tutto questo favore nel giro dalemiano, unito alle indicazioni che giungono dal socialismo d’oltre confine, per non dire delle lobbies di alto profilo europeo e occidentale già entrate in azione, tutto questo dà a Renzi la sensazione di un vero assedio. Ma più quelli insistono, e più lui si irrigidisce. «Il Rottamatore che accetta di proporre Amato, proprio non ce lo vedo», sussurra un dirigente Pd.
La risposta del premier
Fa perno su un altro giudice costituzionale: anziché Amato, Renzi punta semmai su Mattarella. Ragiona a voce alta un ministro che peserà nella conta dei voti: «Serve una figura con una storia e un’esperienza che lo mettano in grado di superare indenne gli stress test del Quirinale». Il premier sa che l’anima democristiana sarebbe tutta con lui, che la «ditta» bersaniana non avrebbe da obiettare e perfino la sinistra di Sel (con propaggini grilline) sarebbe disposta a convergere su Mattarella.
giuliano amato anna finocchiaro
In Transatlantico sono stati visti confabulare in crocchio Franceschini, Fioroni, Enrico Letta e la Bindi: segno che il ferro è rovente. «Se si sceglie bene, alla quarta votazione il candidato passa alla grande, altrimenti per noi cattolici si ricomincia dalla sesta», scherza ma non troppo Fioroni.
Pressione sul Cav
Forte di questi convincimenti, oggi Renzi tenterà di mettere Silvio con le spalle al muro. È previsto un faccia a faccia tra i due, dopo che ieri sera Berlusconi aveva snobbato l’incontro tra le delegazioni ufficiali: lo considera un teatrino fastidioso, laddove a lui piacciono i vertici decisivi. Ma c’è chi ha colto nell’ex premier anche un certo fastidio, un malumore crescente (non lo ha certo rasserenato la zampata del pm che non vuole abbreviargli di 45 giorni la pena ai servizi sociali).
SILVIO BERLUSCONI DENIS VERDINI
Berlusconi già sa che Renzi gli confermerà il no ad Amato e cercherà di fargli digerire Mattarella. Il Cav resisterà, e non è solo: Alfano lo spalleggia nella speranza che la roulette si fermi quantomeno su Casini. Ieri mattina, con Renzi, Angelino ha sviluppato un ragionamento che mira alla persuasione: «Nel referendum confermativo, tra un anno, dovremo difendere nelle piazze una riforma costituzionale che porta il tuo nome. Dovrà farlo anche un partito come Forza Italia, che non fa parte della maggioranza. Sarebbe giusto tenere conto del sostegno che ti giungerà dall’intera area moderata...».
Se la maionese impazzisce
«Allora in quel caso potrei fare una “renzata”», va minacciando il premier. Ad esempio, se sabato non arriverà la fumata bianca, potrebbe estrarre dal cilindro personalità come Grasso, presidente del Senato, o il capogruppo Zanda. Oppure capaci di spiazzare l’opinione pubblica. Tipo Raffaele Cantone, «il censore» anti-corruzione.