Silvio Buzzanca per la Repubblica
Il senatore Antonio Razzi è pronto a volare a Pyongyang e fare da paciere fra la Corea del Nord e gli Stati Uniti. Arriverà il 20 o il 21 settembre per partecipare ad una grande manifestazione nella capitale nordcoreana. E visto che si trova nell' epicentro del sisma mondiale si propone come mediatore fra i contendenti.
Il senatore però ci tiene a precisare che per il momento va in Corea del Nord a titolo personale e che al massimo potrà parlare con gli amici nordcoreani, chiedere perché fanno così, cosa vogliono, cosa può farli smettere. Ma in cuor suo il senatore abruzzese spera di giocare in grande la partita.
Spera che Donald Trump, o chi per lui, risponda alla sua lettera dell' aprile scorso, quando era in Corea per festeggiare l' anniversario della nascita del capostipite della famiglia al potere, Kim Il-sung, con cui chiedeva di potere mediare. E oggi, nonostante non siano arrivate risposte, rilancia: «Mi dicono cosa devo dire e cosa non devo dire e io lo farò. L' importante è lavorare per la pace ».
La Casa Bianca però tace. «Non mi prendono sul serio - dice il senatore, - ma i o sono persona seria che fa cose serie». Dunque Razzi non molla. Parla di Kim Jong-un come di una persona ragionevole «con cui si può parlare». Il problema è che sono gli altri che non vogliono parlare con lui. L' ha incontrato nel suo precedente viaggio e si è molto complimentato per la politica di sviluppo dei rapporti calcistici fra Italia e Corea.
Oggi gli direbbe, come da pragmatico emigrato, che «una mano lava l' altra, che bisogna aiutarsi a vicenda». Gli farebbe capire che «potrebbero sospendere questi esperimenti che fanno arrabbiare e in cambio si ammorbidirebbero le sanzioni. Così il mondo potrà vivere più sereno e in Corea si potrà mangiare e bere un po' di più».