1. IL REGALO DI DE MAGISTRIS AL BANANA È TALMENTE GRANDE CHE “REPUBBLICA” S’INCAZZA 2. “COSTA FATICA AMMETTERLO, MA IN QUESTA PARTITA DE MAGISTRIS STA CHIARAMENTE DALLA PARTE DI BERLUSCONI. PROPRIO LUI CHE PIÙ DI TANTI ALTRI COLLEGHI HA GRIDATO CONTRO IL MALAFFARE DELLA POLITICA, ADESSO UTILIZZA GLI STESSI STRUMENTI, LE STESSE ARGOMENTAZIONI, PERSEGUE GLI STESSI OBIETTIVI CHE UN ANNO FA SONO STATI ESATTAMENTE QUELLI DI BERLUSCONI. UNO SU TUTTI, CANCELLARE LA LEGGE SEVERINO. CON UN ARGOMENTO PRINCIPE. “QUELLA LEGGE NON SI APPLICA A ME PERCHÉ NON PUÒ ESSERE RETROATTIVA” 3. ‘’DICE ORA DE MAGISTRIS, E IL TAR GLI DÀ RAGIONE, DI ESSERE STATO ELETTO QUANDO LA LEGGE SEVERINO NON C’ERA, PECCATO, TROPPO TARDI, L’ELEZIONE È AVVENUTA PRIMA” 4. ‘’ALLA FINE, SAREBBE QUESTO IL RISULTATO PORTATO A CASA DAL BARRICADERO DE MAGISTRIS. LUI A FARE IL SINDACO. BERLUSCONI DI NUOVO SEDUTO A PALAZZO MADAMA”
1. E ADESSO SPERA ANCHE BERLUSCONI
Liana Milella per “la Repubblica”
luigi de magistris raccoglie l'immondizia di notte
Il regalo di Luigi De Magistris a Silvio Berlusconi è talmente grande e insperato che neppure l’ex premier, di primo acchito, se n’è reso conto.
Su un piatto d’argento, l’ex toga gli offre l’azzeramento della legge Severino, quella che in assoluto lo ha danneggiato di più togliendogli il parterre del Senato e la protezione dell’immunità dal carcere, dalle intercettazioni, dalle perquisizioni. Se Berlusconi è diventato un uomo come gli altri, pienamente soggetto ai codici, lo si deve a quella legge.
Senza di essa sarebbe ancora lì a sfruttare i benefici e le protezioni garantite alla casta.
luigi de magistris raccoglie l'immondizia di notte 4
«Meglio stare tra la gente che a palazzo» esulta il sindaco di Napoli, senza accorgersi della contraddizione in cui si è cacciato, perché il tentativo, per ora riuscito, di picconare la legge Severino, trasforma De Magistris nell’idolo del palazzo e dei suoi inquilini, nel vessillifero di quanti, corrotti e corruttori, hanno avversato la legge sull’incandidabilità e l’hanno attaccata ovunque era possibile. Finora la Severino ha retto. Da ieri, una contraddittoria ordinanza del Tar di Napoli apre uno spiraglio, davvero minuscolo in verità, su una sua presunta incostituzionalità.
luigi de magistris raccoglie l'immondizia di notte 3
Costa fatica ammetterlo, ma in questa partita De Magistris sta chiaramente dalla parte di Berlusconi. Proprio lui che più di tanti altri colleghi ha gridato contro il malaffare della politica, adesso utilizza gli stessi strumenti, le stesse argomentazioni, persegue gli stessi obiettivi che un anno fa sono stati esattamente quelli di Berlusconi. Uno su tutti, cancellare la legge Severino. Con un argomento principe. Che è stato di Berlusconi e dei suoi corifei per tre lunghi mesi, nella calda estate del 2013 dopo la condanna a 4 anni nel processo Mediaset, e che adesso viene utilizzato dal sindaco di Napoli.
MANIFESTAZIONE PDL VIA DEL PLEBISCITO SILVIO BERLUSCONI E FRANCESCA PASCALE
Gridava l’ex premier sui giornali e nelle piazze: «Quella legge non si applica a me perché non può essere retroattiva». Dice ora De Magistris, e il Tar gli dà ragione, di essere stato eletto quando la legge Severino non c’era, quando l’abuso di ufficio non era ragione sufficiente per non entrare in lista. È diventato così nel dicembre del 2012, quando il decreto legislativo dell’ex ministro della Giustizia Paola Severino è stato approvato all’unanimità. Peccato, troppo tardi, dice De Magistris, l’elezione è avvenuta prima.
MANIFESTAZIONE PDL VIA DEL PLEBISCITO SILVIO BERLUSCONI E FRANCESCA PASCALE
L’orologio si ferma in quel momento, quando la condanna non c’era. È inevitabile ritrovarci le argomentazioni di Berlusconi e dei suoi giuristi, quelli dei famosi pareri pro-veritate, quando sostenevano che la frode fiscale contestata nel processo Mediaset era stata commessa (se davvero era stata commessa...) prima che la Severino fosse diventata legge.
È su questo che i magistrati amministrativi di Napoli tentano la scalata alla Corte costituzionale. Invero lo fanno con evidente imbarazzo. Basta leggere pagina 29 dell’ordinanza, laddove è scritto che «non è intendimento di questo giudice disallinearsi dagli approdi a cui è giunta la giurisprudenza di legittimità... «. Già, perché le pronunce della Consulta, del Consiglio di Stato, degli stessi Tar, della Cassazione, vanno tutte in un’unica direzione, riconoscere che la legge non stabilisce una sanzione penale, ma una clausola di eleggibilità, uno zoccolo duro non superabile, non deve stare nelle istituzioni chi ha guai giudiziari.
MANIFESTAZIONE PDL VIA DEL PLEBISCITO SILVIO BERLUSCONI SUL PALCO
Una condizione, uno stato permanente, dove non c’è un prima (la situazione “prima” di essere eletti) e un dopo (la permanenza nelle istituzioni), ma una continuità. Fatica, il Tar di Napoli, quando argomenta che «la sospensione di un amministratore da una carica per un fatto storicamente anteriore alla sua elezione, costituisce oggettivamente applicazione retroattiva della norma».
Certo che lo è, e deve esserlo, perché questo fu lo spirito che, nel 2012, portò al voto unanime sulla legge Severino due mesi prima delle elezioni politiche del febbraio 2013, bloccare le candidature sporche di chi, nei mesi e negli anni precedenti, aveva commesso gravi e gravissimi reati. Che senso avrebbe avuto votare una legge solo per il futuro? Perché la fretta allora? Sta in queste domande il baco di chi vuole buttare all’aria la legge sull’incandidabilità.
L’unica norma contro la casta adesso rischia. E rischia per mano di un magistrato. Non di Berlusconi, che s’è visto finora respingere i numerosi tentativi per affossarla, ma di una toga. Lo scenario che si aprirebbe qualora la Consulta dovesse accogliere l’interpretazione del Tar partenopeo — ipotesi che nel palazzo raccoglie un indice di gradimento del tutto inconsistente — è dei peggiori. Si andrebbe incontro a un cortocircuito istituzionale dalle conseguenze imprevedibili.
Il principio della retroattività è talmente “pesante” che, se fosse accolto per gli articoli 10 e 11 della legge Severino, trascinerebbe con sé tutto il testo della legge. Un imbuto la inghiottirebbe. Una «incostituzionalità consequenziale » porterebbe ad azzerarla. In Senato andrebbe riletto il caso Berlusconi. Chi ha preso il suo posto un anno fa dovrebbe decadere. E lui dovrebbe essere reintegrato. Alla fine, sarebbe questo il risultato portato a casa dal barricadero De Magistris. Lui in strada a fare il sindaco. Berlusconi di nuovo seduto nel suo scranno di palazzo Madama.
2. UNA LEGGE, DUE MISURE: DE MAGISTRIS TORNA SINDACO
Mario Giordano per “Libero Quotidiano”
Due braccia rubate alla spazzatura. De Magistris torna sindaco di Napoli grazie a una sentenza del Tar: è già rientrato trionfalmente nel suo ufficio, lunedì assumerà in pompa magna anche la carica di sindaco della città metropolitana.
E questo è un peccato, soprattutto per il capoluogo partenopeo perché durante questo breve periodo di sospensione, Gigetto s’era dato un gran daffare, facendosi fotografare, fra le altre cose, anche come operatore ecologico, al lavoro notturno attorno ai cassonetti dell’immondizia.
Un’attività finalmente commisurata al suo talento. Niente da fare: i giudici amministrativi sono fatti in questo modo. Quando vedono che una cosa poco poco funziona, zac, la interrompono subito. Così a Napoli la raccolta dei rifiuti continuerà a essere gestita male. E il municipio pure. Non che ci sorprenda, per la verità. Il Tar, detto anche «TarTar di manzo» o Ti Abbiamo Raggirato, è l’organo giudiziario preposto alle scemenze nazionali.
Qualcuno dice che alle spalle della corte, anziché la «legge è uguale per tutti», bisognerebbe scrivere: «Nuoce gravemente al buon senso». Il Tar, infatti, è quel tribunale che annulla le democratiche elezioni del Piemonte o stabilisce che obbligatoriamente ogni quartiere d’Italia deve avere una moschea, e poi giù giù interviene a modo suo in ogni aspetto particolare della vita delle persone, fino a stabilire che Felice Mastronzo non può cambiare cognome e lo studente bocciato per manifesta ignoranza deve essere promosso, anche se pensa che Tiepolo sia uno dei sette nani e crede che a Filadelfia sia stata firmata la convenzione della sottiletta Kraft.
In questo ultimo caso, però, il tribunale cambia nome: da Ti Abbiamo Raggirato a Tribunale degli Asini Resistenti. Con un nome o con l’altro, comunque, dal Tar ci aspettiamo di tutto. Però, ecco: perché infierire in questo modo sul povero De Magistris? E soprattutto perché infierire su Napoli?
In questo periodo di sospensione, cioè da quando il sindaco era stato sollevato dall’incarico dopo la condanna a un anno e tre mesi per abuso d’ufficio nell’inchiesta Why Not, stavano bene entrambi. La città sembrava rifiorita senza il protagonismo arancione dell’ex magistrato, che appena eletto aveva proclamato: «Scasseremo tutto» e poi si era dato da fare per mantenere la parola. E lui, povero figlio, libero dal fastidioso obbligo di governare, poteva dedicarsi all’attività preferita: la passerella. Ovviamente documentata, istante dopo istante, da apposite foto su profilo facebook.
E così ecco De Magistris a una mostra benefica, De Magistris col caffè sospeso da Gambrinus, De Magistris al flash mob con i parcheggiatori abusivi, e poi con il cornetto in mano, sulla nave di Greenpeace, in ospedale, al cantiere della metropolitana, a scuola, in parrocchia, al deposito autobus, con gli ausiliari del traffico, con i pizzaioli, con i ciclisti, con i vesuviani, al porto, al mercato, persino in una libreria. Tutti posti, a parte quest’ultimo, assai più adatti a lui che il municipio.
Perché dunque privare i napoletani del De Magistris pizzaiolo per ridar loro il De Magistris sindaco? Perché farlo andare al cantiere della metropolitana con i poteri di amministratore, anziché con la curiosità del pensionato? Misteri del Tar. Misteri d’Italia. La sentenza del tribunale amministrativo, fra l’altro, oltre che particolarmente punitiva per i campani, è anche piuttosto singolare per tutti gli italiani. Non sfuggirà infatti la motivazione per cui Gigetto torna a fare il sindaco: era stato sospeso dal prefetto in virtù della legge Severino, ma aveva fatto ricorso alla Corte costituzionale. I giudici amministrativi hanno deciso che la questione della legittimità non è manifestatamente infondata e che dunque lui deve rimanere sulla sua poltrona fino a quando non arriverà la sentenza definitiva della Consulta.
In ordine: legge Severino, sospensione, Consulta. Vi ricorda qualcosa? Ma sì, bravi, ci siete arrivati: è la stessa questione, identica, sollevata per la decadenza di Silvio Berlusconi dal Senato. Anche allora si applicava la legge Severino, anche allora furono espressi dubbi di legittimità costituzionale. A sollevare la questione, però, non furono i giudici del Tar, ma mezzo parlamento, l’intero centrodestra, una schiera di giuristi super partes e autorevoli saggi di centrosinistra, fra cui il costituzionalista Valerio Onida e l’onorevole Luciano Violante.
luigi de magistris con giorgio napolitano
Vi ricordate come finì? Questi ultimi furono impallinati, i giustizialisti insorsero, i manettari ringhiarono e il rinvio del caso alla Consulta venne liquidato come se fosse una specie di stupro alla nazione. Ora: come mai la legge Severino si può rinviare alla Suprema Corte per il sindaco De Magistris e non per il senatore Berlusconi? Perché in un caso solleva legittimi dubbi di costituzionalità e nell’altro invece è irreversibile?
E soprattutto mai in questo Paese mezzo Parlamento, l’intero centrodestra, una schiera di giuristi super partes e autorevoli saggi di sinistra non riescono a ottenere quel che ottiene il Tar della Campania, fra una sentenza sulla piscina interrata e la revoca di una patente di guida? Difficile rispondere. «Abbiamo faticato molto», pare abbia detto il presidente del tribunale all’uscita della seduta. Chissà se immagina quanto fatichiamo noi a capire questo Paese.