1. VELTRONI EVITA L’AUDITEL
Da “il Giornale”
Secondo Walter Veltroni «la Rai non può scambiare la qualità con la quantità».
Insomma la tv di Stato non dovrebbe badare al fatto che un programma faccia o meno ascolti. Insomma a viale Mazzini non dovrebbero preoccuparsi che la trasmissione da lui ideata, «Le dieci cose», abbia ottenuto uno share bassissimo per gli obiettivi di rete di Raiuno.
Insomma secondo Veltroni il fatto che gli spettatori non vogliano vedere il suo programma, non significa che sia brutto. Messaggio recepito da viale Mazzini: gli hanno affidato anche sei documentari in onda su Raistoria da fine dicembre. Argomento: la Rai e la storia italiana. Tanto lui la tv la conosce davvero bene.
2. VELTRONI HA TROVATO LAVORO: CONVERTIRSI AL SÌ
Francesco Bonazzi per la Verità
Alzarsi ogni mattina e andare a lavorare è una sfida.
Ma alzarsi ed essere Walter Veltroni è un piacere. E anche un' arte.
Lui non è un personaggio acido, disegnato con lo spray come il suo ex compagno Massimo D' Alema, ma somiglia a uno di quegli acquerelli delle elementari di fronte ai quali i genitori si chiedono se il pupo sia un angelo o un potenziale serial killer. Uolter, come lo chiamano per il suo americanismo casareccio, è caotico, ma levigato come un pavimento di graniglia degli anni Sessanta.
Di quelli che cambiano a seconda della luce e ti possono piacere, ma anche non piacere, e comunque, alla fine, ti dici che si tratta solo di un pavimento. Ma intanto lui è lì. È sempre lì. Tu invece chissà.
walter veltroni paolo del debbio alessandro sallusti
Ci sono le grandi migrazioni, il terrorismo di matrice islamica (anzi «islamista», direbbe il nostro), il cambio di presidente alla Casa bianca, Renzi al quale stanno esplodendo in mano le banche, il Sud ormai lasciato a se stesso, milioni di cittadini disoccupati o disperatamente aggrappati a posti di lavoro sempre più traballanti. E poi c' è Veltroni, 61 anni, abbronzato, levigato, sorridente, rilassato, sempre garbato. La dimostrazione vivente che il lavoro nobilita, ma gli hobby sono meglio. I suoi sono il calcio, l' impegno politico, la lettura, il cinema, i vernissage e, naturalmente, la televisione.
Perché il padre Vittorio lavorava alla Rai e la mamma anche. Che fuori ci sia un' Italia che campa d' altro, studiando, producendo e vendendo cose che si toccano, è una miseria che non l' ha mai sfiorato. Vuoi mettere tra una cava di ghiaia sul Ticino e certi tramonti sulla terrazza Caffarelli, ripassando la formazione del Catanzaro dei miracoli?
veltroni michele emiliano ravetto ginefra
Ebbene, ieri il Corriere della Sera gli ha concesso una pagina di intervista così titolata: «La Rai non pensi solo all' Auditel. Paghiamo il canone per avere qualità». Una summa perfetta di quel geniale «ma anche» che Maurizio Crozza gli ha affibbiato anni fa.
Perché Veltroni riconosce che lo share non può essere misura di tutta le cose, ma non trova il coraggio di contestarlo apertamente, né come sostituto della linea editoriale né come indice davvero attendibile. E poi si mette sul divano insieme al popolo, che notoriamente paga il canone «per avere qualità», e ci ricorda che anche lui, che è stato vicepremier e segretario dei Ds e del Pd ai tempi in cui Silvio Berlusconi gli faceva uno share così, insomma, anche lui ha dei diritti in quanto pagatore di canone.
Il diritto naturalmente è quello di vedere sulla televisione di Stato programmi come il suo «Le dieci cose», che in prima serata su Raiuno ha racimolato un misero 12% di ascolto. L' intervistatore del Corriere, Paolo Conti, glielo ricorda con garbo: «C' è chi ha parlato di flop» (La Verità, per esempio). E l' uomo, che diventò giornalista dirigendo l' Unità, prende le distanze da se stesso: «Io ho fornito l' idea, senza ovviamente interferire nelle scelte autoriali».
«Autoriale sarà lei», gli risponderebbe Totò, anche a nome della lingua italiana, ma sono minuzie. Anche se «chi parla male, pensa male», come diceva uno dei massimi filosofi di riferimento di Uòlter, Nanni Moretti, in Palombella rossa. E tanto per pensar male, se il programma Rai dell' ideatore Veltroni è costato la bellezza di un milione a puntata, ha ancora un senso pagare un canone? O non faremmo meglio a dirgli: «A Valterì, quanto vuoi per fare solo lo spettatore?»
E invece no. Quest' uomo sfuggito abilmente a qualsiasi lavoro per quasi mezzo secolo, e che ha saputo anche farsi una cultura evitando licei e università (però frequenta Giovanna Melandri e il Maxxi), si prepara a dimostrarci che anche la storia, in fondo, non è altro che un grande budino.
chicco testa veltroni e bettini
«Su richiesta di Rai Storia ho lavorato per mesi a sei documentari dedicati al rapporto tra programmazione Rai e storia italiana», ha annunciato al Corriere.
Casualmente, ha trovato anche il modo di dire che la Rai del direttore generale Antonio Campo dall' Orto «sta cercando di cambiare passo» e certi nuovi programmi non sono niente male, anzi.
Anche «su richiesta di Rai Storia» è una di quelle for mule che ti fanno capire che la Rai sta cercando di cambiare passo. Basta con i raccomandati! Adesso la sedicente «prima azienda culturale del paese» sceglie per i sudditi televisivi solo le teste migliori, in totale autonomia dalla politica.
Certo, Veltroni ormai è uno storico, ma è pur sempre un ex politico. E che cosa penserà del referendum del 4 dicembre? La scorsa settimana è andato a Otto e mezzo su La7 a fare il suo bravo spottino di regime: «Voterò sì, contro l' instabilità».
Ora, non è ancora chiaro, neppure allo storico e documentarista Veltroni, se i filmati dei telegiornali di 10 anni fa siano già «Storia» con la «s» maiuscola, ma su Youtube si gode da giorni con il video di un certo «Vincenzo», che dimostra come perfino un concetto vuoto come quello di servizio pubblico possa improvvisamente prendere vita se si adopera la prima delle virtù civili: la memoria.
Nel filmato si vedono tre personaggi della sinistra, che oggi sono per il «sì», arringare le folle contro la riforma costituzionale di Berlusconi, bocciata dal referendum del 2006. Si contempla Anna Finocchiaro, che per diventare il primo presidente della Repubblica donna avrebbe adottato anche la costituzione della Corea del Nord, travestirsi da Nilde Iotti del nuovo millennio: «Siamo qui per difendere la costituzione, quel patto che è nato dalla Resistenza e che io credo che ancora oggi sia uno degli esempi più straordinari e moderni di costituzione del mondo intero».
Si ammira Dario Franceschini, oggi ministro della cultura con Renzi, stracciarsi le grisaglie: «Abbiamo un Berlusconi che disprezza i principi della nostra democrazia e che offende la costituzione». Ma soprattutto c' è un UMlter già pronto per le teche Rai: «Diremo no al tentativo di Berlusconi di mettere in discussione la Costituzione e di revocarne le radici, trasferendo tutto il potere nelle mani di una sola persona». Perché essere Veltroni, alla fine, è soprattutto un' esperienza paracula.
DIECI COSE BUFFON INSINNA veltroni con i bambini alla presentazione del suo documentario i bambini sanno documentario di walter veltroni DIECI COSE INSINNA RUSSO