1. DA “REPUBBLICA” A “LIBERO” VOLANO SOLO SGANASSONI PER L’ALIENO ''IGNARO'' MARINO 2. CON I SUPER-POTERI CONCESSI AL PREFETTO GABRIELLI PER IL GIUBILEO, IL SINDACO È STATO MESSO SOTTO TUTELA: PERCHE' PRECIPITARSI A ROMA PER FARSI UMILIARE DAVANTI A TUTTI?
1. IL POLIZIOTTO-BALIA E IL MEZZO SINDACO LA STRANA COPPIA PER SALVARE ROMA
Francesco Merlo per “la Repubblica”
Ignazio Marino è stato messo a balia. Gli mancano solo il ciucciotto e il bavaglino con su scritto Spqr. È infatti contento come un bambino, batte le mani a Renzi ed a Alfano che lo hanno avvolto in fasce e lo hanno affidato a Franco Gabrielli che sarà la sua matrigna, la sua badante, il suo tutore, il suo insegnante di sostegno.
Prefetto di ferro, poliziotto, ex capo dei servizi segreti e della protezione civile Franco Gabrielli è già più sindaco del sindaco. E in questa coppia formata dalla balia e dal bambino somiglia più a Mangiafuoco che alla fata turchina. È l' orco burbero e severo che lo aiuterà davvero a non farsi male e a non fare dell' altro male a Roma. Al punto che il partner potenzialmente in conflitto con questo superprefetto non è il fragile Marino, ma l' assessore Alfonso Sabella, l' ex magistrato che gira con la pistola alla cintola, un altro duro, un altro supereroe per la povera Roma.
IGNAZIO MARINO SUB ALLE BAHAMAS
E infatti Gabrielli e Sabella già si disputano gli amabili resti di Marino. Dietro le quinte, ieri sera hanno subito chiesto una chiarificazione sui poteri, entrambi difendendo il sindaco sino a identificarsi con lui. Gabrielli è «felice di lavorare con Ignazio». E Sabella, che da Marino fu nominato: «Il governo ha riconosciuto il nostro lavoro».
Davvero questo è il caso di commissariamento più clamoroso e più strano della storia d' Italia con un' ombra di tristezza per un uomo per bene ma pittorescamente inadeguato, un onesto tontolone in mezzo ai lupi più furbi, più affamati e più feroci. E bisogna anche riconoscere che Marino è il primo cittadino di una capitale che somiglia alla Napoli '44 raccontata da Lewis, una città da dopoguerra e da Satyricon, una Roma degradata che lo ha capito ma che Marino non capisce.
Ed è un continuo passaggio dal dramma alla commedia, con il ministro Alfano che ieri sembrava persino uno statista, ma era solo la maschera che accompagnava gli spettatori in platea. Alfano infatti è il servo di scena. Anche lui ombra di un' ombra si è solo intestato le decisioni di Renzi. Dunque un ministro sotto tutela ha messo sotto tutela il sindaco esibendo un' impudenza politica che Marino non ha. Alfano, come si sa, è titolare di un potere di interdizione che in Italia significa deputati, senatori e luogotenenti sparsi nel territorio. Marino è solo.
Gli rimane una piccola corte di impiegati comunali, una guardia imperiale che ricorda i centurioni da Colosseo, pagati per assecondarlo. E nell' ora del tramonto sembrano inventate dai cattivi tutte quelle sue famose gaffes che da due anni sfidano la proverbiale ironia dei romani. Persino la sua innocenza risulta purtroppo irritante perché è inutile, non gli basta per governare ma basta per non cacciarlo, lo protegge da chi vuole mandarlo via, ma non lo assolve dall' incompetenza.
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Perciò verrebbe voglia di difendere Marino dai soliti bulletti scatenati di Twitter che lo motteggiano in tutte le maniere, anche le più volgari. E su Facebook ora girano le immagini di Marino alle Bahamas con fotomontaggi di ogni genere, compreso il confronto tra la trasparenza delle acque dei Caraibi «dove nuota er cazzaro vero» e la languida sporcizia di Ostia lido dove nuota «er cozzaro nero». E tutti capiscono che Ostia è stata commissariata per mafia perché non si chiama Roma ma è Roma fuori Roma.
Dev' essere dura sentirsi commissariati da Alfano. E invece Ignazio Marino sembra ancora non capire: «Sono soddisfatto» ha dichiarato dal suo esilio americano, «con il prefetto Gabrielli lavoreremo insieme» . Perciò su Twitter lo paragonano al famoso pugile suonato impersonato da Vittorio Gassman che più le prende e più dice «so' contento» E ancora lo immaginano come quello che, nella barzelletta, cade dal trentesimo piano e, arrivato al ventesimo, alla signora che, affacciata alla finestra, gli chiede «come va?» risponde: «benissimo grazie».
Marino neppure si accorge del linguaggio untuoso che traveste la retrocessione: «adozione comune di atti di indirizzo» , «cabina di regia» , «raccordo operativo tra istituzioni ». Come si vede, Alfano ha usato il tipico lessico della finzione politica, con una durezza impietosa che non ha neppure la dignità dell' onore delle armi.
Il commissariamento all' italiana, lo svuotamento dall' interno non è infatti una cerimonia di passaggio, non ci sono consegne, campanellini, non c' è la grandezza delle dimissioni, non si intonano requiem, non si sente lo sbatter di tacchi, perché Marino perde il posto senza perderlo, viene reso superfluo e sempre più caraibico, non gli si permette di entrare nell' aristocrazia dei perdenti che non ci hanno saputo fare con il potere. Accompagnato da due superpoliziotti che non somigliano ai carabinieri di Pinocchio ma a Boldi e De Sica, il mezzo sindaco sarà libero soltanto di scrivere il suo attesissimo libro di memorie alle Bahamas: «C' è una luce accesa / dall' altra parte del mare blu» canta Sergio Caputo: Italiani, Mambo.
2. LA CAPITALE ABBANDONATA DA TUTTI
Mario Giordano per “Libero Quotidiano”
Il presidente del Consiglio non c'è, ha altro da fare. Il prefetto-sceriffo, quello con i superpoteri neppure. Il sindaco Marino, figuriamoci: come è noto, quando c' è da discutere dei problemi di Roma lui preferisce stare ai Caraibi, perché lì per fortuna l' hanno visto amministrare solo pinne e bombole d' ossigeno. E così nella conferenza stampa sul destino della Capitale d' Italia, nell' appuntamento clou, iper atteso, in cui si cercava di salvare la storia di una città offesa, fra Mafia Capitale, Casamonica e futuro Giubileo, bene: in quel momento a mettere la faccia a Palazzo Chigi c' era solo Angelino Alfano.
Il quale, per una volta, faceva persino un po' tenerezza, abbandonato com' era, quasi malinconico, ad arrabattarsi con la patata bollente romana di cui nessuno si vuol occupare davvero. Accanto a lui a spiegare le nuove strategie, niente meno che il sottosegretario De Vincenti. Che è un po' come se ad annunciare la svolta militare dell' Italia dopo Caporetto si fosse presentato il sergente Garcia, quello di Zorro.
IL PREMIER ASSENTE
Vincere e vinceremo, si capisce. Ma non ci credono nemmeno loro. Altrimenti ci avrebbero messo la firma. E la faccia. Non vi pare? Stiamo parlando di tre personaggi che fanno della capacità di comunicare una ragione di vita. Renzi sta alle conferenze stampa come il pitone a Cicciolina. Franco Gabrielli è solito imperversare nelle Tv, dal Giglio ai terremoti, appare nelle situazioni più mediatiche, sfida le telecamere senza timore, ed è così poco schivo da aver concesso un' intervista persino per un libro di Tessa Gelisio. E Marino, beh, se gli togli pure la capacità di apparire che cosa resta? Uno che fa le immersioni. Cioè, in altre parole: uno che va a fondo.
Eppure nessuno dei tre ieri ha voluto esporsi davanti all' Italia per la questione di Roma. E così Roma, ancora di più, come non mai, è parsa abbandonata a sé stessa. Che cosa hanno deciso? C' è un piano del governo, un po' pasticciato, con otto punti su cui il prefetto deve intervenire (di concerto con il sindaco, ovviamente, magari telefonandogli ai Caraibi). C' è la possibilità di rimuovere i dirigenti su indicazione del prefetto (di concerto con il sindaco, ovviamente, magari mandandogli una mail ai Caraibi). C' è l' idea di un piano di risanamento del prefetto (di concerto con il sindaco, ovviamente, magari mandandogli un piccione viaggiatore ai Caraibi).
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Ma in fondo c' è soprattutto l' impressione che la Capitale d' Italia, assenza dopo assenza, latitanza dopo latitanza, resti in balia del solito nulla, disorganizzazione, caos, corruzione, buche nelle strade, bilanci sballati, trasporti da schifo, torme di barboni, vandali incontrollati, sicurezza inesistente. Paradossalmente, in tutto ciò, l' unica certezza di Roma sembrano essere i Casamonica. Almeno loro ci sono. Non mancano nessun appuntamento. Se la cose non è troppo regolare, non importa. Non a caso Alfano ha parlato, a proposito di Roma, di «situazione amministrativa caratterizzata da gravi vizi procedurali».
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E ha deciso che Gabrielli di fatto sostituirà il sindaco nella gestione del Giubileo e dovrà controllarlo per tutto il resto. Un altro commissario prenderà in mano il debito, cioè i cordoni della borsa. Come fa il sub-Marino a non dimettersi dopo tutto ciò? Ah già: lui sta sott' acqua. Là non si sente nulla. Tutti muti come pesci. Come non averci pensato? Già che ci siamo potrebbero anche assoldarlo nell' acquario caraibico: per la parte del tonno sarebbe perfetto.
IL VACANZIERO SERENO
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Infatti dal suo buen retiro vacanziero fa sapere di essere soddisfatto perché ha evitato il commissariamento. Perbacco, come dargli torto? Formalmente hanno commissariato Ostia e non Roma, che è un po' come se un obeso rinunciasse allo zucchero nel caffè continuando a far indigestione di torte di panna (qualcosa bisogna fare e se non serve a nulla, pazienza, potrò dire di averci provato). Ma di fatto anche per Roma si tratta di un commissariamento, seppure in versione soft: è una trombatura mascherata, una messa sotto tutela con supercazzola incorporata.
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Si dichiara Marino incapace, ma lo si lasci lì. Lo si delegittima, ma non lo si rimuove. Si crea confusione, come se quella che c' è non bastasse già. E poi ci si nasconde dietro a Alfano. Che spettacolo. Che show. Che tristezza. A Roma molti pensavano fosse l' ora di andare al voto. Invece, come al solito, si va soltanto al vuoto.