UN RETTORE PROPRIO MAGNIFICO - IL FRATI CHE URLA “POLIZIA DI MERDA” E’ IL PADRONE ASSOLUTO DELLA “SAPIENZA” DI ROMA - FIGLIO DI UN MINATORE, HA MESSO IN CATTEDRA LA MOGLIE, LA FIGLIA E IL FIGLIO
1. “DAGLI AFFARI DI FAMIGLIA ALLA LITE CON LA POLIZIA L’ULTIMA STAGIONE DEL RAS DELLA SAPIENZA”
Sebastiano Messina per “La Repubblica”
GIACOMO FRATI FIGLIO DEL RETTORE DELLA SAPIENZA LUIGI FRATI
Non sappiamo ancora se sarà ricordato come il difensore della libertà di volantinaggio — per aver tentato di sottrarre ai poliziotti quel rumeno che per dieci euro distribuiva volantini anonimi contro un professore che ha osato candidarsi a prendere il suo posto — o come il primo rettore che ha gridato «polizia di merda!» in un commissariato. Quel che è certo è che Luigi Frati, «fino al 31 ottobre rettore della Sapienza», come lui si è firmato scrivendo al questore per sottolineare chi stavano denunciando, dovrà difendersi dalle accuse di abuso d’ufficio, resistenza a pubblico ufficiale e calunnia.
luigi frati CONTESTATO ALLA SAPIENZA
Non se l’era immaginata così la sua ultima stagione, il figlio di un minatore che è diventato il più potente cattedratico d’Italia, per vent’anni preside e dominus assoluto della facoltà di Medicina e per altri dieci — prima come pro-rettore vicario e poi come rettore — al comando della Sapienza, restando inchiodato alla sua poltrona persino dopo il pensionamento. Finora aveva sempre pensato a salire sempre più in alto, dal giorno in cui suo padre lo portò con sé in miniera, come apprendista: «Avevo 14 anni e mi occupavo di dare l’acqua ai minatori » raccontò una volta al Messaggero . «Un paio di mesi mi sono bastati. Ho scoperto l’esistenza dell’ascensore sociale: o vai giù o vai su».
E lui l’ascensore l’ha preso al piano giusto, quello della politica. A 36 anni, grazie al sindacato cislino Federscuola, si fa nominare — lui che è solo un docente incaricato — nel Consiglio universitario nazionale. Ci rimarrà per 21 anni («Ho messo in cattedra più di 200 professori », ama vantarsi) mentre il suo ascensore comincia a salire. Primo piano, la cattedra di Patologia generale alla Sapienza. Secondo piano, la vicepresidenza della Commissione unica del farmaco. Terzo piano, la presidenza del Consiglio superiore di Sanità. Quarto piano, il posto di primario di Oncologia.
Arrivato al quinto piano — preside della facoltà di Medicina — Frati mette radici e ci rimane per vent’anni esatti. Risulta abilissimo nella moltiplicazione delle cattedre: con lui il Policlinico arriva ad avere un primario ogni sei pazienti e un consiglio di facoltà più affollato della Camera dei deputati: 700 membri.
Già che c’è, Frati fa prendere l’ascensore anche alla moglie, Luciana Rita Angeletti, insegnante di lettere in un liceo: per lei c’è una cattedra di Storia della Medicina. Poi fa salire anche la figlia maggiore, Paola. Lei, discoletta, aveva voluto laurearsi in Giurisprudenza, ma il comprensivo papà non si è arreso: oggi è ordinaria di Medicina legale. Restava Giacomo, il secondogenito. Poteva il padre lasciarlo fuori dall’ascensore? Certo che no. Anzi, proprio per lui Frati — che intanto nel 2008 è salito di un altro piano, il sesto, quello di rettore dell’Università — realizza il suo capolavoro: accompagnarlo fino alla poltrona di primario prima che compia 37 anni.
IL RETTORE DELLA SAPIENZA LUIGI FRATI
L’impresa merita di essere raccontata. Il giovane Giacomo vuol fare il cardiochirurgo. E naturalmente ci riesce. Ricercatore a 28 anni, diventa professore associato a 31. Vince il concorso con una prova (orale) sui trapianti cardiaci, davanti a una commissione composta da due igienisti e da tre odontoiatri. A quel punto il premuroso padre riesca a ottenere l’apertura di un centro di cardiochirurgia a Latina (costo: 32 milioni) dove il giovanotto diventa aiuto primario.
L’esperimento non riesce e il centro verrà chiuso, dopo la scoperta che la mortalità era pari a due volte e mezza la media nazionale. Ma intanto Giacomo ha vinto anche il concorso a ordinario, e il padre lo chiama nella sua facoltà. Con un tempismo straordinario: solo quattro giorni prima che scattino le norme antinepotismo, con il divieto tassativo di assegnare cattedre ai parenti fino al quarto grado.
Ora si tratta di trovargli il posto di primario. Antonio Capparelli, nominato un mese prima da Frati direttore generale del Policlinico, crea dal nulla un reparto ad personam: «Unità Programmatica Tecnologie cellulari-molecolari applicare alle malattie cardio-vascolari». E chi nomina come primario? Giacomo Frati. L’operazione è così clamorosa che la procura apre un’inchiesta, su quel reparto «di fatto voluto dal rettore Luigi Frati per favorire il figlio Giacomo», scrivono i pm Pioletti e Caporale.
Quella però era solo la penultima tappa, perché il rettore vuole per il suo erede il primariato di Cardiochirurgia. Ce ne sarebbero due, ma sono occupati. Come si fa a liberare quei posti? Ci pensa ancora una volta papà. Prima sospende il primario del Policlinico, Michele Toscano, trascinandolo per quindici volte davanti al Tar, poi denuncia — facendolo persino arrestare — quello del Sant’Andrea, Riccardo Sinatra, accusandolo nientemeno che di aver fatto fare turni di 24 ore agli specializzandi. Il Tar gli dà torto, e i due primari sono ancora al loro posto. Ma Frati non si arrende: l’ascensore del figlio deve fare un altro piano. E lui, come ha scritto al questore, è «fino al 31 ottobre rettore della Sapienza
2. “ATTACCHI STRUMENTALI IO HO SOLTANTO DIFESO IL DIRITTO D’ESPRESSIONE”
Corrado Zunino per “La Repubblica”
Al secondo giorno (tre telefonate, due messaggi, quattro tra telefonate e messaggi al suo largo ufficio stampa-comunicazione- immagine) il Magnifico rettore dell’Università La Sapienza in Roma sfiora il tasto verde del suo smartphone: «Sono il rettore Frati, e non ho alcuna intenzione di rilasciare interviste a Repubblica ».
Buongiorno rettore, perché?
«Perché avete un solo obiettivo: attaccarmi, e io non intendo farmi attaccare ».
Rettore Frati, volevamo chiederle spiegazioni sul suo blitz al commissariato della Sapienza, l’8 luglio. Lo scontro con gli agenti, la denuncia, la sua lettera al questore: “Siete deboli con i forti e forti con un poveraccio che distribuisce volantini”.
«La vicenda è talmente ridicola che non merita commenti. Posso solo dire che mi sono limitato a tutelare la libertà di espressione all’interno della Sapienza. Come ho
fatto e faccio sempre. È la mia cultura. Tanto più se questo accade in un’università, il luogo della parola e della libertà. Fino al 31 ottobre 2014, fino a prova contraria, sono il rettore di questo antico ateneo».
gheddafi all'università la sapienza
È il rettore dell’università, non il padrone delle ferriere: non può andare a prendere il testimone di un’indagine, in quel momento interrogato, e portarselo via.
«So quello che ho fatto, se qualcuno dice cose diverse ne risponderà».
È stato denunciato da un commissariato di polizia su indicazioni del questore di Roma.
«Non voglio parlare... ».
Parliamo, allora, del fatto che tra due mesi si chiude un ciclo per l’università più importante d’Italia: l’addio del rettore Luigi Frati.
«Perché non scrivete che nel 2008 ho preso un ateneo con cinquanta milioni di debiti e lo lascerà con diciotto di attivo? ».
Un ateneo che, però, ha perso prestigio e riconoscimento internazionale.
«Siamo la prima università d’Italia i tutti i ranking che contano».
Questo non è vero, nel Thomson Reuters prima è Trento e in tutti gli altri arretrate.
«Tutti gli atenei italiani arretrano, come si fa a crescere quando lo Stato dà alla ricerca lo 0,6 per cento del suo Pil? Mi spieghi».
È vero che sta intervenendo in queste elezioni alla sua successione: candidati appoggiati, candidati osteggiati.
«Vede, avete obiettivi precisi... La saluto».