LA ROTTURA DELLE TRATTATIVE SUL DEBITO GRECO È IN BUONA PARTE COLPA DELLE PARACULATE DEL DUO TSIPRAS-VAROUFAKIS, CON LA MOSSA DEL REFERENDUM CHE SEMBRA TANTO UNO SCARICO DI RESPONSABILITÀ SUL “POPOLO”. MA È SOLO UNA PARTE DELLA VERITÀ – IL RESTO DELLA STORIA CI DICE CHE ANGELA MERKEL NON È STATA CAPACE DI FAR PREVALERE UNA VISIONE POLITICA DELLA CRISI GRECA, MA SI È FATTA IMBRIGLIARE DAI CONTABILI DI BRUXELLES
1.GRECIA
Jena per “La Stampa”
Ma quand’è che finisce il creditore e comincia l’usuraio?
2. GLI ERRORI (E LE COLPE)
Danilo Taino per “Il Corriere della Sera”
Dunque, alla fine lo hanno fatto: Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis hanno spostato sulle spalle dei cittadini greci l’alternativa tra l’accettare il programma dei creditori, e dunque restare nell’Unione monetaria, oppure rifiutarlo, e quindi avviarsi verso l’uscita. In nome di un’idea oscillante di democrazia: io, governo,ho fallito nelle trattative; ora vedi tu, popolo.
Una scelta pasticciata, che fa precipitare la situazione ma che Syriza ha tenuto come una carta da giocare nel finale di partita sin dal momento in cui ha vinto le elezioni, lo scorso 25 gennaio.
Qualsiasi sia il risultato del referendum indetto per domenica prossima, la crisi che si è aperta è probabilmente la più grave nella storia dell’Unione europea, non solo dell’Eurozona. Le responsabilità sono in gran parte del governo di sinistra di Atene. Durante l’intera trattativa con i creditori (Ue, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale), il premier Tsipras e il ministro delle Finanze Varoufakis non hanno mai dato l’idea di agire in buona fede, con l’obiettivo di raggiungere un accordo.
Non hanno mai preso in considerazione seriamente l’idea di introdurre riforme capaci di fare della Grecia un Paese che riesce a competere sui mercati internazionali; hanno respinto proposte sempre più a loro favorevoli; hanno fatto passi indietro su decisioni prese dai governi precedenti.
Soprattutto, hanno convinto i partner di puntare solo al denaro degli europei, senza dare in cambio garanzie. La decisione di indire il referendum — un abbandono di responsabilità, anche se si trattasse di una folle tattica negoziale per piegare i creditori — ha chiuso il cerchio.
Ciò non significa che gli altri 18 membri dell’Eurozona si siano mossi in modo brillante. È mancata una leadership capace di dare il senso politico di quanto stava succedendo. I negoziati tecnici, inevitabili, sono rimasti il solo terreno di trattativa. Anche Angela Merkel non è riuscita a sviluppare un minimo di leadership che spostasse la discussione da un mero confronto contabile tra creditori e debitore a una prospettiva politica che rendesse difficile a Syriza di rifiutare un accordo.
In cinque mesi di negoziato — di applicazione della Teoria dei Giochi, direbbe Varoufakis — l’unica istituzione a svolgere un ruolo è stata la Bce di Mario Draghi. Non solo perché, nonostante la precarietà della situazione, ha continuato a fornire alle banche greche iniezioni periodiche di liquidità di emergenza che hanno consentito loro di non farle fallire, di fronte ai massicci prelievi dei cittadini preoccupati dalla possibilità di ritrovarsi i conti correnti denominati in dracme. Soprattutto perché, con il programma di acquisto mensile di 60 miliardi di titoli sui mercati, Draghi ha creato le condizioni per attutire il possibile effetto di contagio della crisi ellenica.
Alexis Tsipras , Angela Merkel e Francois Hollande (
A questo punto, la Bce dovrà muoversi all’interno delle regole, che le impediscono di fornire liquidità alle banche se non c’è in essere un programma di aiuti per la Grecia (scade martedì).
Sarà però necessario fare un salto di qualità, dare l’idea non solo che la Grecia è un caso irripetibile ma anche che l’Eurozona impara dalle crisi e sa ridisegnare l’architettura che sostiene la moneta. In passato, Draghi e Merkel hanno saputo sviluppare una leadership congiunta su questo terreno: sono di nuovo alla prova, quella più dura. E più importante: anche per i greci.