Marco Antonellis per Dagospia
L'elezione di Nicola Zingaretti a segretario del Partito democratico frantuma il filo che ha tenute legato per anni il Vaticano al Nazareno. Al principio fu Dario Franceschini il cattodem più amato, aiutato ad arrivare fino alla segreteria ma poi troppo debole per resistere a Bersani. Poi nella stagione renziana erano molti i prelati ad avere un filo diretto con Palazzo Chigi. Da Monsignor Vincenzo Paglia fino al segretario della Cei, Nunzio Galantino, da cui Renzi ottenne il via libera per far approvare addirittura la legge sui diritti civili, invisa a vasta parte del mondo cattolico che si radunò in piazza per protestate fino a riempire il Circo Massimo.
Nel libro che presenta in giro per l'Italia e anche nell'ultima intervista a Fabio Fazio, Renzi ha più volte citato il prezzo pagato in termini di elettorato cattolico disperso per via di quella forzatura, facendo capire però di aver operato avendo sponde. Ecco, quelle sponde lì con la segreteria Zingaretti rischiano di spezzarsi definitivamente. Non per niente è già stato allertato il conte Gentiloni: sarà lui l'ambasciatore Pd oltretevere.
C'è un rapporto forte e storico tra la comunità di Sant'Egidio e il governatore del Lazio, ma potrebbe non bastare. Non a caso il primo incontro "politico" del neosegretario dem è stato con Emma Bonino e in Vaticano ancora ricordano il concorso pubblico bandito dal "Zinga" per assumere medici al San Camillo con l'esclusione però dei medici cattolici obiettori di coscienza sull'aborto.
ZINGARETTI TRA DUE RAGAZZI DI COLORE
Così, con il Segretario di Stato Pietro Parolin sempre più impegnato sul fronte cinese per lo storico scongelamento dell'ultimo muro diplomatico che ancora rimane in piedi (i comunisti di Pechino diffidano e non poco di Papa Francesco, temuto per il suo carisma), sul dossier italiano è stata data una missione esplorativa al nuovo uomo forte, l'arcivescovo venezuelano Edgar Pena Parra. Il giovane prelato sudamericano, chiamato a 58 anni come nuovo sostituto della Segreteria di Stato, si è formato a Roma alla Pontificia accademia ecclesiastica nei primi Anni Novanta ed ha già curato dossier delicatissimi.
Ora gli tocca l'Italia. La mission? Come gestire il probabile trionfo salviniano di fine maggio cercando di prevedere lo scenario futuro, comprese le possibili elezioni politiche anticipate (che anche oltretevere danno per altamente probabili tra la fine di quest'anno e l'inizio del prossimo se Salvini non avesse voglia di accollarsi da solo la finanziaria lacrime e sangue che ci aspetta preferendo invece un governo tecnico di pochi mesi per mettere le mani in tasca agli italiani senza "sporcare" la Lega).
Il conflitto tra Salvini e questo Papa non è riducibile. Ma le diplomazie sono comunque al lavoro. L'obiettivo è comunque quello di evocare un impegno politico organizzato dei cattolici, che possano tornare ad essere in qualche modo rilevanti con un proprio soggetto autonomo, inevitabilmente sganciato dal centrosinistra a trazione zingarettiana, troppo spostato su posizioni radicali e pronto a imbarcare nuovamente persino i D'Alema. I soggetti in grado di muoversi vengono sondati con discrezione, dai vari spezzoni di Comunione e Liberazione a ciò che resta dell'Udc, ma nessuno sembra volersi caricare l'ingrata fatica. Maurizio Lupi e Gaetano Quagliariello vogliono restare fedeli a Forza Italia e sognano di costruire lì la nuova "gamba" del centrodestra fedele a Salvini.
Ma in Vaticano i leghisti hanno fatto arrivare un solo messaggio chiaro: con Berlusconi mai più. E questo ingarbuglia non poco la situazione. Alla fine sulla scheda elettorale il 26 maggio, con Lorenzo Cesa leader Udc che ha già barattato la fine delle scudo crociato con un posto nelle liste berlusconiane nella circoscrizione insulare, a far da polo attrattivo per i cattolici ci sarà solo il Popolo della Famiglia di Mario Adinolfi, a cui in Vaticano stanno tentando di affiancare altri spezzoni di naufraghi della vecchia Balena Bianca, per avere il 26 maggio almeno un soggetto in campo da cui ripartire.
I calcoli sono stati fatti su carta intestata della Santa Sede: il 4 marzo i vari spezzoni di cattolicesimo politico organizzato (Noi con l'Italia, Popolo della Famiglia, Italia agli italiani, Civica Popolare, Insieme) hanno ottenuto sommati il 3.7% dei voti. Non è un patrimonio da buttare via, è una base di elettorato identitario da cui certamente si può partire.
Ad aver mantenuto però in piedi le strutture organizzative e la presenza sul territorio, battuto palmo a palmo per la raccolta firme per il reddito di maternità, è solo il Popolo della Famiglia. E così Adinolfi viene accompagnato città per città dai vescovi. Sabato sarà proprio nella Città dei Papi, a Viterbo, per presentare il reddito di maternità al fianco del vescovo della città.
Gualtiero Bassetti, presidente Cei
I tempi per la soluzione del rebus si fanno piuttosto serrati, visto che tra trenta giorni esatti al Viminale dovranno essere depositati i simboli dei partiti che concorreranno alle europee. La Cei vuole mantenersi neutrale e in questo Bassetti e Russo (presidente e segretario generale) sono più prudenti della Santa Sede che invece intende affrontare il dossier Italia presto e con piglio.
La Chiesa italiana sogna qualche forma di appeasement con la Lega che in Segreteria di Stato vaticana oggi appare difficilmente immaginabile. Ma le diplomazie comunque sono al lavoro e Salvini ha deciso di mettere nell'armadio il vestito da carnevale di enfant terrible, per mettere su i panni dell'uomo di governo affidabile, buono per i colli romani, dal Quirinale al Vaticano. Chissà però se il travestimento sarà credibile.