RENZI FRANCESCHINI E LE STATUE COPERTE AI MUSEI CAPITOLINI
1 - CHI È LA RESPONSABILE DEL CERIMONIALE (CHE NON SA L’INGLESE)
M. Gal. per il “Corriere della Sera”
Ieri pomeriggio, nonostante non ci fosse molta luce, Ilva Sapora attraversava piazza Colonna ed entrava a Palazzo Chigi indossando un vistoso paio di occhiali da sole. Additata in sostanza dall’entourage di Renzi come possibile «colpevole» dell’oscuramento delle statue capitoline, la dirigente dell’ufficio del Cerimoniale della presidenza del Consiglio appare come un vaso di coccio in una vicenda che è certamente diventata più grande dei casi che di solito si trova a gestire.
Una relazione professionale molto salda con Gianni Letta. Da più di 15 anni a Palazzo Chigi. Promossa alla guida dell’ufficio sotto il governo di Enrico Letta. Una grande sintonia politica e umana con il nuovo presidente del Consiglio, Matteo Renzi, scoccata sin dai primi giorni del governo dell’ex sindaco di Firenze, Ilva Sapora ha di recente unificato un ufficio prima diviso in due tronconi, nazionale e internazionale, assumendo personalmente tutte le deleghe.
Classe ‘51, a un passo dalla pensione, la dirigente guida il Cerimoniale di Palazzo Chigi da circa tre anni. Prima ne è stata vicario, prima ancora ha diretto il dipartimento Onorificenze e Araldica. Esperienze professionali al Consiglio nazionale delle Ricerche. È una donna raffinata, elegante, che indubbiamente spicca, nella delegazione del governo e all’interno del suo ufficio, non solo per meriti estetici.
STATUE COPERTE AI MUSEI CAPITOLINI PER LA VISITA DI ROHANI
Per ragioni di ufficio la si trova al fianco del premier in quasi tutti gli incontri istituzionali, sia in Italia che all’estero. E per ragioni che non dipendono da lei, visto il metodo di lavoro del presidente del Consiglio, e il grado estremo di accentramento che la gestione Renzi ha impresso alla macchina di Palazzo Chigi, è difficile che possa avere preso la decisione di coprire i nudi del Campidoglio in totale autonomia.
«Ma ti pare possibile?», rispondono in modo retorico, e imbarazzato, i funzionari che da anni lavorano per gli uffici del premier di turno. Oggi, con cortesia, ha rifiutato una telefonata del Corriere. Ma con garbo, attraverso un segretario, ha fatto sapere che per «ragioni di etica professionale» era preferibile non rilasciare dichiarazioni alla stampa. Resta un dubbio sulla formula scelta: un metodo di comportamento generale o una scelta, anche per carità di patria, legata al caso specifico?
Colpisce, nel curriculum del dirigente, l’ammissione di una scarsa conoscenza delle lingue straniere: in inglese dichiara un livello elementare, in francese un livello intermedio. Prima di lei, a dirigere la sezione internazionale del cerimoniale di Palazzo Chigi, c’era Cristiano Gallo, diplomatico di carriera. Le sue deleghe sono state assorbite dalla Sapora. Viene da chiedersi se il capo dell’ufficio del Cerimoniale di un Paese come l’Italia possa permettersi di avere un alto dirigente che dichiara di non saper parlare l’inglese, almeno a un livello decente. Ma questa è un’altra storia. Forse .
2 - TRA RETICENZE E SCARICABARILE L’AFFANNO DELLE ISTITUZIONI. POSSIBILE CHE DAVVERO NON SI SAPPIA A CHI IMPUTARE LA SCELTA?
Da il “Corriere della Sera”
Avviare un’indagine interna, affidata al segretario generale di Palazzo Chigi, Paolo Aquilanti, significa ammettere che a tre giorni dal fatto non si sa chi ha preso la decisione. E che non è chiaro di chi siano le responsabilità della scelta di oscurare i nudi della nostra storia dell’arte, per non imbarazzare, o contrariare, il presidente iraniano in vista a Roma. Possibile?
A giudicare dal coro unanime di giudizi che si raccolgono fra i funzionari della presidenza del Consiglio, ovviamente in forma anonima, no, non è possibile. In quella che appare trasformarsi, con il passare delle ore, in una grottesca corsa allo scaricabarile, manca un elemento, al di là del merito, di razionalità.
Dicono all’ufficio diplomatico, diretto da Armando Varricchio, che in queste ore si trova a Tokyo per una riunione degli sherpa del G7: «Noi non c’entriamo nulla». Dice l’ufficio stampa: «Anche noi non c’entriamo nulla». Dice anche l’ufficio del cerimoniale, almeno quello velatamente incriminato: «Non fateci parlare». Dice ancora il ministro dei Beni Cultuali, Dario Franceschini: «Io non sapevo nulla e nemmeno Renzi». Aggiungono alla Farnesina: «Per carità, noi con le guide rosse e le statue non c’entriamo nulla».
STATUE COPERTE AI MUSEI CAPITOLINI PER LA VISITA DI ROHANI
Eppure, a rigore di logica, visto che Renzi ha rivoluzionato il modo di lavorare della presidenza del Consiglio, visto che non si muove mosca senza il consenso degli uffici alla diretta dipendenza del premier, è realmente possibile che qualcuno abbia preso una decisione di questo rilievo, abbia ordinato dei pannelli di legno, li abbia fatti trasportare nei corridoi dei Musei Capitolini, li abbia installati, senza che a tre giorni dall’evento si conoscano con certezza dinamica e responsabilità della decisione?
Si tira fuori, in modo anche piuttosto critico, ovvero puntando l’indice contro Palazzo Chigi, il Soprintendente dei Musei Capitolini, Claudio Parisi Presicce. Che però ha ricevuto dal commissario di Roma, Francesco Paolo Tronca, la richiesta urgente e perentoria di una relazione scritta su quanto accaduto. Possibile che chi ha la supervisione sui musei non sapesse nulla, almeno di ciò che accade in casa propria?
STATUE COPERTE AI MUSEI CAPITOLINI PER LA VISITA DI ROHANI
Un governo che apre un’indagine interna su decisioni che ha preso, un Soprintendente che non sa nulla, un commissario prefettizio che ha funzioni di sindaco della Capitale che ha bisogno di chiedere cosa accade nel palazzo adiacente al suo, con una relazione scritta. Possibile, anche in questo caso, che non lo sappia già?
Nel gioco delle reticenze, e nella dinamica di un’indagine interna, sembra comunque riflettersi l’affanno istituzionale per una vicenda sottovalutata e sfuggita di mano. Così come emerge, in modo vistoso, un meccanismo decisionale che ha certamente bisogno di correzioni, dentro il palazzo del governo. Almeno se c’è bisogno di affidare un’indagine formale al segretario generale per risalire alla responsabilità di coprire con dei pannelli delle statue.
E’ possibile che alla fine a pagare sia Ilva Sapora, la direttrice dell’ufficio del Cerimoniale di Palazzo Chigi. Mentre alla Farnesina fanno notare che un loro diplomatico, Cristiano Gallo, fino a due anni fa supervisionava gli aspetti internazionali dell’ufficio della Sapora, «ma poi è stato fatto fuori, quindi non rivolgetevi a noi». L’idea che un apparato istituzionale complesso possa lavorare in modo trasparente e armonico ne esce ammaccata.
3 - «MOSTRIAMO I NUDI PERSIANI» MINIATURE, MOSAICI (E IRONIA) LA RIVOLTA IRANIANA SUI SOCIAL CONTRO LA «CENSURA» ITALIANA
Viviana Mazza per il “Corriere della Sera”
STATUE COPERTE AI MUSEI CAPITOLINI PER LA VISITA DI ROHANI
«Sono sicuro che anche Rouhani è arrabbiato. Dopo tanto tempo, era finalmente arrivato a Roma, pronto a vederne le bellezze, e questi italiani gliel’hanno impedito», commenta divertito da Teheran Said Sadegh su Twitter. «Con gli affari che ci sono in ballo non mi sarei stupito se gli italiani avessero addirittura distrutto le statue», scrive in farsi un altro utente che si identifica solo come H.
Anche i social media iraniani sono esplosi tra battute, parole critiche per la «censura» delle statue nei Musei Capitolini, vignette (una delle quali mostra la Monna Lisa con il velo di suora). Ma soprattutto, come ci spiega uno studente, da un paio di giorni «il Facebook persiano è nudo». Molti cioé stanno pubblicando le foto di statue, mosaici, miniature presenti in città e musei del Paese (ma anche esportati all’estero) che ritraggono donne e uomini senza veli.
rohani con zangeneh e un nuovo impianto di estrazione petrolifera
C’è la statua di Ercole scolpita nella montagna di Behistun, a Kermanshah, ai tempi dell’impero seleucide: non indossa alcuna veste e tiene una coppa in mano (ma va detto che dopo la rivoluzione islamica del 1979 qualcuno gli ha tagliato il pene). C’è il dettaglio di una donna nuda e pensosa avvicinata da un cavaliere vestito di tutto punto, dipinta sopra la porta di Casa Borujerdi a Kashan. Ci sono gli affreschi della cattedrale armena di Vank a Isfahan (qui i nudi comunque sono anime in pena all’inferno).
«Se gli ayatollah davvero non volessero vedere nudi è chiaro che opere come queste non sarebbero esposte», scrive su Facebook una studentessa di nome Setareh. Sulla sua pagina: una statuetta di terracotta maschile con generosi attributi tenuta nel Palazzo Saadabad a Teheran e un mosaico di stile greco-romano di una donna che suona l’arpa a seno scoperto emerso da scavi a Bishapur. Setareh se la prende con il governo italiano, accusandolo di trattare gli iraniani come «barbari incivili».
Altri sono furiosi sia con Roma che con Teheran: in una lettera agli italiani, le attiviste di «Stealthy Freedom» movimento dissidente che promulga la libertà delle donne di scoprirsi i capelli, scrive che la censura dei capolavori per compiacere la delegazione di Rouhani «offende milioni di iraniane che rischiano la vita per cambiare le leggi discriminatorie della Repubblica Islamica».
Sul fronte opposto, anche gli ultraconservatori comunque sono arrabbiati: la ragione è diversa, loro considerano un’offesa che l’incontro con Renzi si sia tenuto ai piedi della statua di Marco Aurelio, «imperatore che sconfisse gli iraniani», scrive l’agenzia Fars. I più pragmatici, infine, si chiedono: «Ma perché fare la conferenza stampa proprio lì?».
VIGNETTA DI VINCINO - RENZI E ROHANI