SERVO FEDELE - GIÀ PRIMA CHE SI SCATENASSE LA BUFERA, IL “FACILITATORE” DACCÒ FIUTÒ PUZZA DI BRUCIATO E TENTÒ DISPERATAMENTE DI SALVARE FORMIGONI - DICEVA A TUTTI DI AVERE I TELEFONI INTERCETTATI, E CHE TRAMITE LUI I PM VOLEVANO ARRIVARE AL CELESTE - LE ULTIME PAROLE DI MARIO CAL ALLA SUA SEGRETARIA PRIMA DI SUICIDARSI: “IO SONO L’ESECUTORE DI DON VERZÈ, COME DACCÒ LO È DI FORMIGONI”…

Davide Carlucci e Piero Colaprico per "la Repubblica"

Ha cercato a lungo di nascondere se stesso, e di far sparire dalla lussuosa tolda degli yacht i fantasmi di Roberto Formigoni e Alberto Perego. Nonostante i tentativi di depistaggio, non ce l'ha fatta: i due sono sotto inchiesta per corruzione e i detective, con vari interrogatori e un bel po' di documenti, hanno compreso quanto il faccendiere fosse informato. Da chi, e come, è un altro problema.

La lettura di un interrogatorio inedito di Paolo Mascheroni, uno dei comandanti della flottiglia di yacht di Daccò, mostra uno scenario quasi da 007: «Daccò mi chiamò in disparte dicendomi che qualcuno, volendo colpire un suo caro ed importante amico, avrebbe colpito lui. Concluse che i telefoni erano sotto controllo (...) il giorno stesso o nei giorni immediatamente successivi ci fu una cena a bordo della nave a Porto Rotondo. A questa erano presenti Daccò, con i familiari, e Formigoni e Perego».

Daccò, che allora sembra un uomo d'affari, verrà a arrestato soltanto a metà novembre 2011. Ma il fatto è che sue preoccupazioni scattano in largo anticipo, quando l'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco non l'aveva nemmeno sfiorato: «Sono sicuro - conferma Mascheroni - che erano i primi di luglio 2011, in quanto non era avvenuto ancora il suicidio di Mario Cal», il braccio destro di don Luigi Verzè.

LA LETTERA DI DON VERZÈ
Di quei giorni di morte e di sorpresa, con il crac del San Raffaele quantificato in 1,5 miliardi di euro, è finalmente emerso il contenuto della lettera che Cal aveva consegnato prima di uccidersi alla segretaria, Stefania G., dicendole: «È meglio se ne tieni una copia». Gliel'aveva mandata don Verzé: «Qualcuno - scriveva il sacerdote - pettegola su tue ipotetiche responsabilità: niente di più falso. Le responsabilità sono soltanto mie perché tu hai, per amore fraterno, eseguito quello che da me ti era stato chiesto. Questo lo dirò davanti a chiunque: magistrato, Vaticano...».

LE ULTIME PAROLE DI CAL
A metà mattina del 18 luglio, Cal in ambasce per i conti truccati e per gli investimenti di don Verzè in Brasile, si sparerà lo stesso. La commossa segretaria ripete ai magistrati le parole che le confidò il suo superiore dandole quella lettera a futura memoria: «Io sono l'esecutore di Verzé, come Daccò lo è di Formigoni».

IL CUOCO DI BORDO
L'aumento delle contromisure di Daccò aumenta di giorno in giorno, lo ricorda ai magistrati pure il cuoco di bordo. Siamo sempre nell'estate 2011 e Silvio Passalacqua dice: «Daccò mi chiese il mio telefono cellulare e, dopo aver tolto la mia scheda Sim, mise la sua per effettuare delle telefonate, e tenne il telefono un'oretta». A tutti i collaboratori venne inoltre ordinato «il più stretto riserbo nel caso in cui qualcuno - aggiunge Passalacqua - avesse fatto domande sull'effettivo armatore delle imbarcazioni e sulle persone che negli anni avevano utilizzato le stesse». Difficile cancellare le tracce di Formigoni in costume da bagno, ma Daccò ci prova.

A Pierluigi Cipelli, di base a Milano, il capo dà gli ordini più pregnanti: «A metà del mese di luglio, Daccò mi disse di essere molto preoccupato per le indagini (...). Quando parlavamo al telefono non avremmo più dovuto fare il suo nome (..), non dovevamo più fare riferimenti (...) ai luoghi dove ci recavamo». E se occorreva discutere? «Uscivamo o in strada o nel cortile interno al palazzo ». E comunque, Daccò «ci disse di non parlare né di lui né di fatti a lui riferibili all'interno di luoghi chiusi ed in particolare delle autovetture (...) e dovevamo essere particolarmente attenti alle facce delle persone (...) quando lo accompagnavamo nei suoi incontri a Milano in Regione Lombardia». Perché i magistrati si muovono, ma lui non sta certo fermo.

L'AGENDA CERNIGLIARO
Daccò - legato tramite Antonio Simone al presidente della Regione Lombardia - aveva dunque pensato a quasi tutto: quasi. La sua agenda, come si sa, aveva i fogli strappati «per ragioni di riservatezza» (parole di Daccò), erano però integre le agende del suo uomo di fiducia e autista, Franco Cernigliaro. Nessuno ci aveva pensato, ma gliele sequestrano. Leggerle è istruttivo: dal gennaio 2010 al luglio 2011 ci sono 101 annotazioni «Lucchina» (Carlo, direttore generale della sanità in Lombardia), 34 annotazioni «presidente», di cui tre cancellate; 38 Willy, e cioè Walter Villa, segretario di Formigoni; e più di 70 volte si cita il «capo casa» dei memores Alberto Perego.

Vere o false, queste agende? Sono state sequestrate altre agende, per esempio quelle di Costantino Passerino, della fondazione Maugeri: le ore e le date degli incontri coincidono con quelle scritte da Cernigliaro. Specie quando entrambi citano «Lucchina », uomo-macchina della Sanità lombarda, scelto da Formigoni perché tutto andasse per il meglio.

 

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