Gian Antonio Stella per "Corriere della Sera"
Un «Guazzaloca in saòr». Così presentato dalla rivista Ytali.com , il nuovo sindaco di Venezia Luigi Brugnaro ci ha messo un mesetto a mostrare d' esser un' altra roba. E se il mitico «Copaoche» (Sergio Saviane l' omaggiava come un «macellaio umanista») fece di tutto dopo le elezioni in cui aveva espugnato Bologna per tranquillizzare la Bice e il Nino e i compagni delle Case del Popolo e dei circoli di ballo, «Gigio» proprio no.
Anzi, se Giorgio Guazzaloca raccomandava pacioso ai suoi di tenere i toni bassi perché la sua rivoluzione voleva essere netta ma rassicurante fino a diventare un modello (Storace invocava «un Guazzaloca alla Rai», Leoluca Orlando si definiva «un Guazzaloca del sud» e via così…) il poco serenissimo Brugnaro non perde occasione per far saltare la mosca al naso a coloro che non la pensano come lui.
L' orrendo raddoppio dell' Hotel Santa Chiara che stupra il Canal Grande solleva cori di ribrezzo e indignazione? Lui dice che no, anzi: «A me piace. Mi sembra che sposi Calatrava e la parte del piazzale». Cioè il retro, con gli orrori dei parcheggi multipiano e delle pensiline dei bus. Cosa sarà mai se sulle acque più preziose del mondo si specchia oggi un parallelepipedo di cemento! «Questa è la bellezza di Venezia, stiamo ballando sul Titanic e la gente si preoccupa di questo. Lo prendo come un bel segnale, significa che la città è viva».
Il grande fotografo Gianni Berengo Gardin è invitato a portare a Palazzo Ducale la sua esposizione «Mostri a Venezia, le Grandi Navi a San Marco» che illustra con foto traumatiche il suo sguardo atterrito sugli spropositati transatlantici che sfiorano San Giorgio?
Lui blocca la mostra spiegando al Corriere del Veneto: «Se Berengo Gardin vuole essere amico di Venezia, come dice di essere, attenda: affiancheremo alla mostra anche altri punti di vista sull' argomento. Voglio mostrare anche la Venezia di chi lavora mentre quella di Gardin ha distorsioni. Ci sono vedute che io, che vivo qui da 53 anni, non ho mai visto, chissà che obiettivo ha usato».
Come se una mostra sulle odalische nude di Ingres, Matisse o Hayez dovesse essere riequilibrata da un' esposizione di donne islamiche col niqab.
«Ehi Sindaco di Venezia», gli ha chiesto Celentano sul suo blog, «perché l' hai fatto? La gente può pensare che tu abbia qualcosa da nascondere e questo non va bene…». Risposta via Twitter, con ammiccamento complice: «Carissimo @AdrianoCelentano ciao. Ma certo che ho letto i giornali. Ma tu credi ancora a quello che scrivono? Chiamami che ti spiego bene».
Non piacciono molto, a Gigio, giornali e giornalisti. In particolare quelli che raccontano episodi o aneddoti che lo infastidiscono. Come la cronaca su La Nuova di uno sfogo del proprietario d' un hotel in piazza Ferretto, il cuore di Mestre, che ha raccontato come tre turisti, entrati a tarda sera nella piazza (pedonale) grazie un permesso di carico e scarico per i clienti, siano stati abbordati dal sindaco-vigile «che con tono sarcastico li ha invitati a scendere, dicendo in inglese "Do you see car here? You have a big problem...
grandi navi a venezia foto di berengo gardin 4
" ("Vedete macchine qui? Avete un grosso problema"). Non contento, quando si è fatto avanti l' addetto alla reception, sempre con tono canzonatorio, ha rincarato la dose, il tutto condito con una vigorosa pacca sulla spalla: "E adesso cosa facciamo? Sequestriamo la macchina?"». Per non dire della stizza con cui si dimise da presidente della Reyer basket: «Un conflitto di interessi che non esiste, lo faccio solo perché ci sono degli imbecilli a piede libero che cercano la polemica…». O del battibecco col cronista Rai che, nel pieno di una contestazione di dipendenti comunali, gli aveva fatto una domanda fastidiosa.
«La faccia lei l' intervista allora, dica lei cosa si fa… Se i soldi non ci sono più, lei che sa… Vedo che è abbastanza comunista…». Parole censurate, ovvio, dall' Ordine dei giornalisti, già irritato per la decisione del sindaco di piazzare tre commessi, nel ruolo di Cerberi, a sbarrare ai cronisti l' accesso ai sacri luoghi: i suoi uffici.
grandi navi a venezia foto di berengo gardin 3
Scelta accompagnata da un rimbrotto: «Non ci sto a fare la macchietta, non mi faccio intimidire da certa stampa che vede solo le cose negative, li denuncio per abuso della professione». E motivata, quella scelta, dalle ironie e dalle polemiche sulla sua prima delibera: la rimozione da tutte le scuole di quelli che considera «libri gender», trentasei libri dedicati al rispetto delle differenze di genere e firmati da grandi autori come Altan: «Sono i genitori che devono occuparsi di queste cose, non le scuole. Nelle case si possono far chiamare papà uno e papà due, ma io devo pensare alla maggioranza che si chiamano mamma e papà».
Non meno irritazione, venendo dal mondo dell' impresa estraneo ai veleni politici e giornalistici (indimenticabile uno spot: «Sono un imprenditore che viene da lontano. Molto lontano». Occhiolino dei nemici: «Mirano: sette chilometri da Mestre!») gli avevano dato le critiche dopo l' insediamento.
Come quelle di Alberto Vitucci sull' eccesso di deleghe: Cultura, Traffico acqueo, Città metropolitana, Sport… «Ne ho tenute troppe? Ma non ho solo quelle, ho in mano tutta la giunta. Perché i cittadini hanno votato me, io ci ho messo la faccia in campagna elettorale». Sintesi: «La giunta sono io».
CLAUDIO SICILIOTTI CESARE DE MICHELIS LUIGI BRUGNARO
Va da sé che quando Guido Moltedo, il direttore di Ytali.com e autore del marchio «Guazzaloca in saòr», ha fantasticato sarcastico sulla possibilità che Venezia ospitasse grandi matrimoni gay internazionali per diventare la capitale «gay friendly», fantasie subito corrette (in lettere maiuscole) con le parole «quanto abbiamo finora scritto è solo un pio desiderio» Gigio si è precipitato a smentire quanto già era smentito: «Smentisco categoricamente e pubblicamente»… Prova provata che aveva ragione Peppino Meazza: «Non c' è niente di più umiliante che vedersi parare il rigore da un portiere che non ha capito la finta».