SORCI VERDINI – RENZI HA UN PROBLEMA: LA MINORANZA DEL PD È PRONTA ALLE ARMI CONTRO LA STAMPELLA VERDINI – BERSANI: “SPERO CHE SIAMO SU SCHERZI A PARTE” – E IL COMPAGNO DENIS AI SUOI FA CAPIRE CHE NEL 2018 CI SARÀ UN LISTONE DEL PARTITO DELLA NAZIONE
Tommaso Ciriaco per “La Repubblica”
Ora la minoranza fa sul serio. Troppo fragoroso lo strappo di Denis Verdini, in marcia verso il renzismo, per non reagire. «Spero che siamo su Scherzi a parte - scandisce Pierluigi Bersani, scegliendo con cura le parole - Lo spero per il Pd e per l’Italia». Battaglia parlamentare senza quartiere sulle riforme, allora. Patto delle minoranze entro ottobre, con il varo dell’unica corrente d’opposizione. E struttura parallela sul territorio, inaugurata ieri con una mega riunione riservata a Montecitorio. L’obiettivo? Millimetro dopo millimetro, riprendersi il partito. E guerra sia.
Siccome è venerdì mattina, nessuno fa caso all’insolito flusso di dirigenti dem verso la sala Salvadori della Camera. È lì che i bersaniani si ritrovano per pianificare la battaglia d’autunno. Sono almeno una settantina. Vogliono inchiodare Renzi all’abbraccio con i verdiniani. Contendere il partito al segretario. C’è Roberto Speranza. Partecipa Vasco Errani. Il regista, l’uomo dei numeri è come al solito Nico Stumpo.
Tanti deputati (Alfedo D’Attorre, Davide Zoggia, Andrea Giorgis) qualche senatore e decine di consiglieri regionali, segretari di federazioni, dirigenti scelti regione per regione, in vista della “fusione” con l’area di Gianni Cuperlo. Avverrà ai primi di ottobre, con numeri importanti: un’ottantina di parlamentari in tutto.
Il summit si trasforma presto in un duro atto d’accusa collettivo al segretario. Parlano soprattutto le sentinelle sul territorio, l’ossatura della nuova maxi corrente di opposizione interna. «La gente va via, così il partito muore. I renziani non sanno neanche cosa sia un circolo del Pd». L’idea, proprio per questo, è ripartire dalle sezioni. Calamitare il consenso, conquistare uomini e scalare posizioni.
Al Centro-nord come al Sud, dove comandano governatori - Emiliano e De Luca che è impossibile considerare renziani ortodossi. Nella riunione si passano in rassegna le truppe. A livello locale gli organismi dirigenti sono stati eletti dagli iscritti, cosa diversa dal plebiscito delle primarie del dicembre 2013. I segretari provinciali, per dire, sono una trentina. Nessuno nasconde la prospettiva: costruire numericamente e politicamente l’alternativa al segretario.
La scissione di Verdini, insomma, piomba come un tornado sul Pd renziano. «L’impressione - sibila Federico Fornaro, uno dei venticinque senatori dissidenti - è che Renzi voglia tirarla fino a settembre per sostituirci con i verdiniani. In vista del partito della nazione? Tradirebbe il mandato del 2013». Ecco, la prima tappa della guerriglia al Senato è già fissata: ddl Boschi, subito dopo la pausa estiva. E Palazzo Chigi non tenti di silenziare la fronda, attacca Miguel Gotor: «Le riforme, che vanno fatte, non si possono realizzare cercando precarie stampelle tra Verdini, Bondi e gli amici di Cosentino ».
Verdini, appunto. Il senatore è ormai pronto al varo ufficiale del nuovo gruppo. Si chiamerà Alpa ( Alleanza liberal popolare). Ha anche registrato il nome di una fondazione e tratta per raggiungere la quota di sicurezza di undici componenti. A tutti lascia intendere che la prospettiva di un listone del partito della nazione è concreta, come ha spiegato giovedì sera riunendo gli scissionisti nella sua abitazione.
Lì, circondato solo da amici, ha riassunto il contenuto dell’ultima lettera- appello spedita al leader per convincerlo a cambiare rotta. Un “caro Silvio” senza sconti: «Così finirai nel burrone. Dovresti sostenere le riforme. E poi questa non doveva essere una legislatura costituente? Devi fare il padre nobile, non puoi inseguire la Lega, né imitare Salvini: c’è già lui, ed è anche più giovane».