LA SUA AFRICA – OBAMA NEL KENYA DELLE SUE ORIGINI DIFENDE I DIRITTI DEI GAY: “NON È GIUSTO CHE UN CITTADINO SUBISCA ABUSI PER CHI AMA” – MA IL PRESIDENTE KENYATTA NON CI SENTE: “LA NOSTRA SOCIETÀ NON ACCETTA CERTE COSE”
Paolo Mastrolilli per “La Stampa”
E poi, quando tutto sembra avviato per il verso giusto, arriva lo screzio. Obama dice che i diritti degli omosessuali vanno rispettati; Kenyatta gli risponde che questo tema nel suo Paese non esiste, e nella platea dei giornalisti locali scatta l’applauso fragoroso. Un disaccordo netto e palese, che non rovina il ritorno a casa del figlio di questa terra, ma dimostra quanta strada ci sia ancora da fare per colmare le differenze culturali fra l’Africa e l’Occidente.?
Il presidente americano, oltre che per andare a cena con i suoi circa trecento parenti keniani, era venuto a Nairobi con almeno tre obiettivi: rilanciare la collaborazione economica col Paese dei suoi avi, arginare la penetrazione cinese nel continente e rafforzare l’impegno comune contro il terrorismo. Sui primi due obiettivi ha cominciato a lavorare subito, quando ieri mattina è andato al Global Entrepreneurship Summit per proclamare che «l’Africa sta correndo». La ripresa economica, la modernità e l’imprenditorialità stanno finalmente cambiando il continente, che deve «diventare un motore della crescita globale».
E «il Kenya sta guidando e aprendo la strada». Un atto di fede nel Paese dove suo padre aveva fatto l’economista, e anche uno sfoggio di orgoglio personale per ammiccare alla sua gente. Resta il grave problema della corruzione, «che è il vero elemento in grado di frenare la crescita del Kenya, se chi avvia qualunque impresa sa in anticipo di dover destinare ad altro almeno il 10% del suo investimento».
Il presidente Kenyatta però ha promesso di lanciare una campagna per mettere fine al malcostume delle tangenti, e «per avere successo avrà bisogno dell’aiuto di tutti i keniani». Il collega di Nairobi lo ha perfino difeso dall’accusa dei giornalisti americani di non aver varato programmi di lungo termine per il continente, come i suoi predecessori, a parte Power Africa per dare l’elettricità a tutti, che però non ha prodotto ancora nulla: «Ha aiutato i giovani - ha detto Kenyatta - come nessuno».?
Anche sul terrorismo c’è stata intesa, perché al Shabaab rappresenta una minaccia comune. Quindi Obama ha firmato un’intesa con cui ha promesso soldi, addestramento, intelligence e aiuti, compresi i droni che partono già dalle basi della Cia a Mogadiscio per sorvolare le aree controllate dai terroristi. Su questa lotta, però, il capo della Casa Bianca ha fatto un avvertimento: «Non deve portare all’abuso dei diritti umani delle comunità colpite, perché questo aiuterebbe il reclutamento dei jihadisti».?
Qui è arrivato il primo segnale delle differenze. Il rispetto dei diritti umani, infatti, è il vero motivo per cui Obama ha ritardato così a lungo la visita a Nairobi: Kenyatta era sotto inchiesta della Corte penale internazionale per le violenze avvenute dopo le elezioni del 2008.?Una domanda diretta sui gay, però, ha aperto il solco. «Se un cittadino che obbedisce a tutte le leggi - ha detto Obama - viene trattato in maniera diversa o subisce abusi a causa di chi ama, ciò è sbagliato. Punto».
Ma Kenyatta ha risposto con altrettanta franchezza: «Ci sono alcune cose che non condividiamo, la nostra società non le accetta. È molto difficile per noi imporre alle persone quello che non vogliono. Questo non è un tema, in Kenya, la nostra gente non lo sente. Dobbiamo occuparci dello sviluppo e della sicurezza. Poi, in caso, penseremo al resto».
Troppa strada divide ancora l’Obama nato alle Hawaii dagli Obama di Kogelo, gli Usa dal Kenya, l’Occidente dall’Africa. Non basteranno un viaggio e una cena a colmarla.